Alessandro Berteotti

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venerdì 6 giugno 2008

Ex municipalizzate, dove siete andate a finire?

Oggi è San Norberto e colgo l’occasione per fare gli auguri di buon onomastico a don Norberto Brigatti, parroco uscente di Santa Maria Regina in Busto Arsizio. Un ottimo prete e un grande uomo, che ricorderemo e apprezzeremo anche nel suo futuro e non facile impegno pastorale a Casciago.
E da oggi ricorderò, a piede di articolo, il santo del giorno, così se qualcuno si è dimenticato di fare gli auguri a qualche persona cara, potrà velocemente recuperare.
Ma il tema (ostico) che volevo toccare oggi è quello del “servizio pubblico locale”.
La definizione di "servizi pubblici locali" è contenuta nell’art. 112 del D. Lgs 267/2000 “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti Locali”: sono tali, infatti, “i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
Ci sarebbe un grosso discorso da fare, parlando di ente pubblico, del concetto di mercato, di concorrenza, di affidamento in gara che oggi sono richiamati dalla normativa vigente; una volta il servizio pubblico cercava di dare servizi essenziali ai cittadini a prezzi minori di quelli di mercato, o comunque vantaggiosi per i cittadini o ancora, impraticabili per qualsiasi azienda privata.
Da questo punto di vista, è chiaro che molte “ex municipalizzate” lavoravano in perdita; essendo diventate società per azioni, quindi private, devono avere per statuto l’obbligo minimo del pareggio di bilancio.
Di conseguenza non fanno più l’interesse del cittadino, ma quello dell’azionista, che è, in tutto o in parte, l’Ente pubblico stesso.
La “tutela della concorrenza” ha fatto esprimere la Corte Costituzionale (sentenza 272/2004) per l’incostituzionalità della lettera b) del comma 5 dell’art. 113 d. lgs 267/00 sulle società miste nelle quali il socio privato deve necessariamente essere scelto attraverso la procedura dell’evidenza pubblica. E’ il caso, ad esempio, di AGESP Trasporti.
Ben diversa, invece, quella prevista dalla lettera c) del comma 5 dell’art. 113 TUEL: si tratta, infatti, del modello “in house providing” nel senso che la Pubblica Amministrazione per produrre beni e servizi non si rivolge all’esterno ma si avvale di società costituite per lo scopo fissato.
In tal caso, in deroga alla procedura dell’evidenza pubblica, l’affidamento del servizio pubblico locale è gestito direttamente dalla società che risponde integralmente all’ente stesso: è il caso della “Global Service” del comune di Busto Arsizio.
La Corte di Giustizia (atto 6/4/2006 C-410/04) è stata chiara nel ritenere che l’affidamento diretto costituisce una eccezione alle regole generali della concorrenza, per cui, i requisiti indicati nel comma 5 dell’art 113 TUEL devono essere interpretati restrittivamente e la loro effettiva sussistenza deve essere dimostrata in concreto da chi intende avvalersene.
Questi sono i fatti. Immagino che non sia stato semplice per voi essere arrivati fino a qui nella lettura, ma se lo avete fatto, ora cosa ne pensate della care, antiche Municipalizzate e dei rapporti col Mercato della Pubblica Amministrazione?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io credo che la privatizzazione vera delle società partecipate e un vero bando di gara attraverso il quale un comune possa dare appalti ad aziende private competitive sia l'unica strada trasparente e che creerebbe le condizioni per un mercato libero regolato e concorrenziale. Dare in appalto lavori ad una s.p.a la quale è controllata da una holding la quale è controllata direttamente ed integralmente dal comune stesso, non fa altro che falsare il valore stesso di libero mercato ed un aggiramento legalizzato delle regole di mercato. Non concordo quindi con il concetto di controllo diretto del comune sulle aziende partecipate e sull'interpretazione restrittiva ed interpretabile della UE in merito a queste vicende.

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