Alessandro Berteotti

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sabato 27 febbraio 2010

Berlusconi e Formigoni: potere e ipocrisia

Sono stanco. Come molti, moltissimi cittadini, mi sento stanco di essere tradito dalle istituzioni, preso in giro da chi dovrebbe garantirmi i diritti essenziali come cittadino e come contribuente.
Proprio in questi giorni durante i quali non sono potuto intervenire attraverso il blog, sono successe alcune cose che lasciano davvero l'amaro in bocca per quello che rappresentano: in particolare parlo della diffusione della sentenza Mills, smerciata come assoluzione dalla stampa e in particolare dal TGUno (sempre più servo del Governo Berlusconi), mentre si tratta di conferma piena della sentenza con il solo elemento caratteristico di tutti i procedimenti che riguardano il nostro Premier: quello della prescrizione.
Chi ha soldi ed avvocati in gamba può permettersi di aggirare la legge semplicemente facendo scadere i termini di sentenza a fronte di reati commessi; per il resto dei cittadini questo è impossibile.
Le riforme sono necessarie, ma se verranno portate avanti in questo senso, saranno più deleterie di quanto non lo sia oggi un sistema vecchio e consunto.
Purtroppo questo vizio della falsa notizia o della manipolazione della stessa accomuna un po' tutti. Anche qui da noi, nel nostro piccolo, escono notizie roboanti, ma le realtà sono poi molto diverse da quello che dichiarano i politici o scrivono i giornali.
In particolare parlo dell'inaugurazione del tunnel di Castellanza, opera tanto inutile quanto costosa, che giusto quattro settimane fa il nostro Assessore Regionale ai Trasporti Cattaneo ha inaugurato insieme alla sua personale campagna elettorale.
Quando in tempi non sospetti avevo personalmente criticato quella scelta, l'avevo fatto sapendo di criticare un amico, l'allora sindaco di Castellanza Frigoli, ma nell'interesse esclusivo dei pendolari e dei contribuenti ho ritenuto quella scelta inadatta alle nostre reali necessità.
Oggi si conferma tutto. A cominciare dalla farsa dell'inaugurazione del nulla, non del doppio binario, nè della stazione: il primo perchè è rimasto e rimarrà uno solo per parecchio tempo, la seconda perchè la stazione, come ormai ben sanno i cittadini di Castellanza, è un merciapiede e questo resterà per più di un anno almeno.
Ma in tempo elettorale va bene inaugurare anche il laccio delle proprie scarpe con banda e banchetti, meglio se alle spalle dei cittadini e della verità.
I pendolari poi, oltre al danno devono pure subire la beffa: ai ritardi che comunque sono rimasti identici rispetto a quando la linea era a raso, si è unita la beffa della perdita di 18 fermete giornaliere del Malpensa Express a Busto Arsizio e, ultimo in ordine di ingresso, il nuovo trasformatore della linea elettrica che questa settimana per due volte ha lasciato pesanti ritardi sulle spelle dei pendolari.
A chi potremo gridare tutto il nostro sdegno per queste cose? Come cittadini e contribuenti, abbiamo pagato l'opera di interramento ferroviario almeno cinque volte di più di quello che sarebbe costato portare la linea fuori terra, sopraelevandola, ovvero oltre 150 milioni di euro sprecati.
A chi li abbiamo dati? Agli amici della politica che intascano soldi proprio da opere come questa, opere che dovrebbero sviluppare il territorio, l'economia e il turismo, ma che in relatà creano condizioni di sfavore proprio a coloro che dovrebbero essere i primi beneficiari.
Dov'è quella linea Milano-Malpensa non express che proprio Cattaneo aveva promesso due anni or sono, in occasione della sua visita alle opere in costruzione? Cosa fa il Governatore della Regione Formigoni, che si ricorda di pendolari e problemi ferroviari solo quindici giorni prima delle elezioni regionali? Ce lo troveremo sul Milano-Novara uno di questi giorni, così almeno per un giorno arriveremo in orario?
Grazie, no. In mezzo ai tanti problemi che abbiamo l'ultima cosa che vorremmo vedere è la faccia di qualche politico che ci viene a dire quanto ci sia vicino e quanto abbia a cuore i nostri problemi. Sarebbe solo il volto della menzogna.

giovedì 18 febbraio 2010

TARSU ed effetti collaterali

Riprendo l'articolo che un amico ha scritto lo scorso 12 febbraio sull'Informazione perchè credo che sia di una chiarezza esemplare, esempio di come un cittadino attento dovrebbe sempre ragionare in virtù della propria intelligenza e non di ciò che altri gli vorrebbero far credere...

In questi giorni ho avuto la necessità di seguire la pratica di accertamento della TARSU, pervenuta a mia suocera, per un appartamento di proprietà, più soffitta, in una palazzina che ha quasi 50 anni di età.
Nell'avviso di accertamento, una voce indica Categoria C/2 - Superficie 16 (mq) e si riferisce ad un locale chiaramente indicato nella pianta catastale come "piano sottotetto".
Dato che per tali locali, se adibiti a deposito/ripostiglio, la superficie tassabile è solo quella di altezza superiore a 1,50 m, abbiamo richiesto un sopralluogo; ne è risultata una superficie calpestabile reale di 12 mq, ma trattandosi di un locale d'angolo del sottotetto con due spioventi, solo 3 mq sono risultati tassabili!
Si tratta di 13 metri quadrati di differenza, per i quali, in assenza di una contestazione, era stato richiesto il pagamento dei sei anni passati, con relativa mora, e per i quali sarebbe stato richiesto il pagamento anche negli anni futuri.
Alla mia richiesta di chiarimenti in proposito mi è stato spiegato che "le piante catastali utilizzate non riportavano l'altezza di tali locali".
Immagino che tale assenza sia giustificata dal fatto che tale dato, semplicemente, non fosse necessario in sede di presentazione al catasto.
In sostanza è risultato evidente che, in assenza di dati sufficienti, la superficie tassabile era stata conteggiata nella sua totalità.
In questa palazzina le soffitte sono undici, possiamo pensare che la Andreani Tributi rettifichi autonomamente tali errori? La risposta è senz'altro no.
Un'altra soffitta della stessa palazzina era stata controllata due settimane prima, constatando la pendenza del tetto, e ne era stata misurata l'inferiore superficie realmente tassabile.
Ciononostante è stato necessario, anche per mia suocera, richiedere la verifica della superficie e, solo a seguito del controllo effettuato, la superficie realmente tassabile è stata misurata, inferiore di 13 mq a quanto inizialmente accertato!.
Io non so quanto questo fatto sia contestabile al punto da invalidare gli accertamenti emessi; immagino che alla proclamata esperienza della Andreani Tributi corrisponda una consolidata garanzia di legalità.
Su Internet si leggono cose come: "Tuttavia la possibilità per l'ente impositore di effettuare per tale tipologia di superfici la presunzione di rifiuti non preclude all'utente di dimostrare nel caso concreto, ai sensi del citato art. 62, comma 2, l'inidoneità del locale a produrre apprezzabili rifiuti (inversione dell'onere della prova)".
Di sicuro l'Andreani Tributi, pur essendone a conoscenza, non ha fatto nulla per rettificare un evidente, ripetuto, errore, ma probabilmente non ne aveva il dovere.
Inoltre, se veramente l'Andreani Tributi riceverà, da contratto, una percentuale sulle imposte recuperate, finirà col trarre ingiusto profitto da queste situazioni.
Lascio ad altri, più esperti di me in materia, la valutazione di eventuali aspetti legali.
Alzando lo sguardo ed osservando quante abitazioni della città, specie di non recente costruzione, dispongono di sottotetti a due o quattro spioventi, ragionevolmente utilizzati come "soffitte" (e non trasformati in mansarde attrezzate), bisogna concludere che, se regolarmente accatastati, saranno anche questi stati "ingiustamente" conteggiati come piene superfici utili ai fini del calcolo della Tassa sui Rifiuti, senza poter tenere conto della loro reale altezza, visto che tale dato non era disponibile.
Certo che chi abita case magari più vecchie, ed è probabilmente più anziano, e non dispone delle sufficienti conoscenze, amicizie o capacità, finirà facilmente col pagare, senza contestare l'accertamento ricevuto, sia per il passato che per il futuro, molto più di quanto realmente dovuto.
L'importante è che l'Amministrazione Comunale, che ha scelto tale strada per combattere la lotta all'evasione, sia consapevole del fatto che, se la guerra sarà così facilmente vinta, vi saranno dei "danni collaterali", che sono storicamente sempre stati considerati "accettabili" da chi la guerra l'aveva dichiarata, ma mai da chi li aveva subiti.
Nell'articolo del 18/12/2009 dal titolo "Al via la campagna di accertamento sulla TARSU", pubblicato sul sito del Comune di Busto Arsizio, si legge: "Non c'è nessun intento "di fare cassa", ma solo il desiderio di evitare che pochi disonesti possano gravare ingiustamente sui molti contribuenti onesti" osserva l'assessore al Bilancio Giovanni Paolo Crespi"...... chissà cosa sarebbe successo, in caso contrario!

mercoledì 17 febbraio 2010

Privato o pubblico

Nei precedenti post ho trattato di come sia cambiato il lavoro negli ultimi 40 anni, e prendo a riferimento proprio lo statuto dei lavoratori del 1971, della difficoltà nel giudicare il lavoro svolto ed attribuire il giusto riconoscimento.
A questo proposito, vorrei aggiungere una nota alle ormai famose dichiarazioni del Ministro Brunetta in merito al lavoro pubblico: credo che chi oggi lavora nel settore pubblico sia perfettamente comparabile a chi opera nel settore privato. La produttività è misurabile e spesso è superiore alle aspettative. Ad essere inadeguati invece sono certi burocrati, passacarte e tirapiedi che sono più vicini all'area dirigenziale o di conduzione politica della pubblica amministrazione, che non i singoli operatori di più basso livello.
Il Ministro Brunetta ha già dato ampia testimonianza della frase: "Fate quel che dico, non fate quel che faccio"; è il miglior testimonial che le sue parole andrebbero rivolte a chi dirige, piuttosto che a chi opera. E vorrei fare qualche esempio, che tutti ben conoscono: nomi come Cimoli o Catania, che hanno fatto letteralmente dei disastri in Alitalia e in FS/Trenitalia, sono stati coperti di denaro al momento di lasciare il loro incarico, invece di essere chiamati a riparare economicamente i danni che con la loro azione avevano causato alle aziende.
Questa disparità di trattamento, non solo economico, ma anche nel merito delle responsabilità, lascia davvero esterrefatti e rafforzano la percezione che Brunetta abbia voluto, in linea con il suo Governo, fare una facile propaganda populista, legata più ad uno vecchio modo di percepire il lavoro pubblico che ad affrontare i reali problemi di chi opera in questo settore.
In realtà, oggi si resta sconcertati di fronte al diverso modo di operare anche tra realtà vicine, se non prossime. Per fare un esempio sulla nostra pelle locale, una pratica edilizia che a Busto Arsizio richiede tre-sei mesi di tempo per essere istruita, a Legnano o Gallarate viene evasa in tempi molto più veloci, e questo è in buona parte dovuto al fatto che il personale di queste città sa quello che deve fare, mentre quello di Busto Arsizio ha un notevole arretrato di formazione. Tale arretrato diventa profondo ai livelli di maggiore responsabilità, frutto sia dell'assenza di formazione specifica, sia del sistema clientelare che ha regolato per anni gli avanzamenti all'interno dell'amministrazione di Busto Arsizio.
Ciò è reso pubblico dall'esperienza vissuta e documentata dall'ispezione della Corte dei Conti, che è più devastante per i giudizi espressi nel merito del lavoro svolto che non per le sanzioni comminate, pure rese note dai giornali con grande clamore. Questo era ed è il vero problema innescato da quella vicenda che, ancora oggi, mette a nudo in questa città, in molti settori, l'aver attribuito incarichi di responsabilità a persone che ora non sanno più che pesci pigliare per non ricadere nelle ire della Corte.
Quella vicenda tanto terribile per la nostra realtà è, in verità, emblematica di una realtà più vasta e diffusa, a cui il Ministro Brunetta farebbe bene a prestare maggiore attenzione prima di formulare i suoi irosi commenti!

venerdì 12 febbraio 2010

La fragilità del giudizio

Cercando di continuare il discorso sul lavoro, arriviamo al punto in cui solitamente una volta l'anno, un lavoratore dipendente arriva ed è quello della verifica col capo.
Il problema si pone per tutte quelle figure che hanno un lavoro difficile da valutare, qualitativamente e quantitativamente. Ad esempio, se fossimo di fronte ad un cottimista, potremmo facilmente contare quanti pezzi ha fatto e come li ha fatti, da cui determinare l'affidabilità del soggetto.
Ma quando questo accade in un'azienda dove esiste un sistema piramidale a più livelli, parliamo di almeno un'azienda con 200 dipendenti e più, il sistema di valutazione diventa difficile e talvolta complicato, soprattutto quando si cerca di renderlo trasparente.
Uno dei sistemi più in voga si rifà ad una sigla inglese, MBO (management by objectives, gestire attraverso obiettivi): sembrerebbe semplice e trasparente, ma non è così. In sostanza, si tratta di assegnare obiettivi raggiungibili, misurabili e definiti per valutare la produttività di un dipendente. Peccato che ogni tanto il valutatore non sia in grado di fare questo lavoro ed il suo metro si discosti terribilmente dal percepito del lavoratore, oppure viceversa.
E' quanto mai difficile creare delle situazioni neutre di giudizio che permettano di poter confrontare serenamente la questione, per cui alla fine almeno una delle parti (non necessariamente il dipendente) avrà la sensazione che la valutazione non sia stata corretta.
Dal sistema di valutazione dipende la carriera del lavoratore dipendente; trovare ostilità da parte di un capo potrebbe voler dire non riuscire più ad avanzare in carriera, creando frustrazione e situazioni di involuzione psicologica. D'altra parte, ci possono essere persone disposte a tutti i compromessi del mondo pur di mantenere o migliorare la propria posizione.
Pubblico o privato, non fa molta differenza. La giustizia è un'arte difficile da amministrare, figurarsi quando a giudicare sono persone assolutamente prive di ogni equilibrio o troppo esposte emotivamente nei confronti del giudicato. Una volta era il "padrone" a decidere chi prendeva l'aumento e chi veniva licenziato, chi veniva promosso e chi non avrebbe presso un ghello.
Un sistema profondamente ingiusto, ma incontestabile.

lunedì 1 febbraio 2010

Primo passaggio sotto il tunnel dell'Olona

Questa mattina, prima esperienza col passaggio ferroviario nel tunnel di Castellanza delle Nord.
Risultato: 15 minuti di ritardo. Cominciamo bene!
Lasciatemi fare una considerazione, dopo aver letto cose riguardo l'inaugurazione che non so s facciano più ridere o piangere: Malpensa2000 fu inaugurato il 26 ottobre 1998, da allora sono passati 11 anni e mezzo. La grande regione Lombardia (e non la Calabria o lo Stato Italiano in generale) ha impiegato tutto questo tempo per offrire un servizio ferroviario appena decente al proprio scalo aereo più moderno ed efficiente.
Con politiche disastrose, lo ha quasi costretto a ritornare alla dimensione che aveva prima della inaugurazione della nuova aerostazione, non ha supportato i vettori, ha permesso a SEA di cantarsela e suonarsela, ha ceduto alla politica la gestione manageriale di queste infrastrutture rendendole inefficaci e inefficienti.
Eppure si riesce a celebrare un evento come questo quasi fosse un fatto straordinario: di certo lo è, ma in negativo.

Un lavoro che soffoca

Mi spiace riprendere questo interessantissimo discorso dopo una settimana: i temi che ho in mente vorrei riuscirli a sviluppare in molto meno tempo, ma purtroppo per mangiare occorre proprio lavorare e questo spesso non lascia tempo per altre cose, seppur interessanti e propositive.
Proprio in questi giorni ho potuto riflettere su di un aspetto del lavoro, che è la sua trasformazione durante questi ultimi 20 anni. Come dicevamo la volta scorsa, il lavoro si è trasformato, c'è meno mano d'opera grezza e più aspetti tecnici anche nelle attività manuali. Non è infatti strano trovare che nelle fabbriche produttive siano presenti in reparto giovani e meno giovani diplomati, spesso periti e qualche volta anche giovani laureati che stanno facendo tirocinio.
Qualche volta mi è capitato di trovare anche laureati che erano in fabbrica come operai oramai da diverso tempo, oltre quello previsto contrattualmente per il passaggio ad altre mansioni: talora era una scelta personale per l'attaccamento che provano al loro reparto e alle persone che vi lavorano.
Ma anche tra gli impiegati cosiddetti "di concetto" le cose sono cambiate. L'entrata in gioco di computer portatili, di linee di collegamento veloci, e soprattutto l'utilizzo diffuso dei cellulari ha reso più stretto e continuo il legame tra certe figure professionali interne all'azienda.
Alcune funzioni che temporalmente richiedono una copertura continua, anche remota, vengono ora svolte con queste apparecchiature; oppure, se anche un dipendente esce dall'ufficio alla solita ora, può essere contattato facilmente via cellulare e se questo ha un computer, può collegarsi anche da casa per prestare la sua opera.
Tutto questo spesso non è retribuito, ed aumenta notevolmente il monte ore di chi opera o offre supporto in questi termini. Ma in queste condizioni diventa difficile anche una trattativa: si accetta perchè non ci si può rifiutare o perchè si vede la possibilità di utilizzare parzialmente questi beni anche a proprio vantaggio, ma non è mai così.
Il cellulare diventa una sorta di giunzaglio che arriva fino al vostro orecchio e il computer è la vostra scrivania che vi segue talvolta anche in vacanza. La vostra vita è sconvolta, diventa difficile riuscire a gestire questi rapporti senza entrare in una sorta di esaurimento nervoso, dovuto alla necessità di conciliare in modo completamente nuovo e non sempre sereno le proprie esigenze familiari.
In questi casi, il lavoro può soffocare i rapporti familiari e perfino causare seri danni al proprio equilibrio psicofisico, se non uccidere.
Ma noi ci accorgiamo di queste cose? Ovviamente stiamo parlando di lavoratori dipendenti, che però vedono il loro lavoro trasformato sempre più in un approccio di tipo "professional", cioè di alto profilo per quanto riguarda le conoscenze specifiche, fino a diventare quasi consulenziale.
Ricordiamoci di questo aspetto più avanti, quando parlerò di fiscalità, perchè credo che potrà essere un anello di congiunzione tra la mia visione delle cose e quello che accade ora.
Non scordiamo però che il libero professionista sceglie liberamente di porre al servizio degli altri le proprie conoscenze e abilità, ricavandone un compenso adeguato, mentre il lavoratore dipendente non lavora per se ma per l'azienda, che spesso non gli riconosce nemmeno i meriti e le qualità che gli dovrebbero spettare. E di questo parlerò la prossima volta.

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