Alessandro Berteotti

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Non ho verità da regalare, solo un pensiero libero, che liberamente lascio al vostro commento

giovedì 31 dicembre 2009

Buon 2010 a tutti

Siamo arrivati all'ultimo giorno del 2009 e mi sembra doveroso fare gli auguri a tutti coloro che visitano il mio blog e riescono a trovarlo, in qualche modo, interessante.
Allargo nell'occasione gli auguri per il nuovo anno 2010 a tutti gli italiani che, malgrado le nefandezze che vengono compiute dai nostri ultimi governi, hanno sempre la voglia e la capacità di proseguire il loro cammino con spirito di onestà e di altruismo.
Cosa che, concedetemi questo sfogo di fine anno, non riesce al ministro Tremonti. Quasi ad infierire contro gli onesti, il signor Ministro si è presentato ieri davanti alle telecamere e, ben supportato dalla stampa di potere, è riuscito a far arrivare agli italiani che attraverso lo scudo fiscale sono stati reintrodotti nel nostro paese 95 miliardi di euro. Mi permetto di dire che non è così.
Primo, perchè lo scudo fiscale opera validamente anche lasciando i denari nelle banche all'estero dove ora si trovano; secondo, perchè non sono soldi che ritornano utilmente alla collettività e nemmeno nelle casse dello Stato, che impone a costoro il balzello del 5%! In altre parole, lo Stato godrà di un'entrata pari a 4 miliardi e 750 milioni di euro.
Una cifra considerevole, se la si considera a livello di patrimonio di una singola famiglia, ma non in grado di far fronte alle necessità reali del Paese: si consideri che solo per il terremoto in Abruzzo se ne andrà il doppio di quella cifra.
Ma la vergogna più profonda è che questi soldi sono stati portati all'estero per sfuggire alle tasse, ammesso che siano stati, come richiedeva la legge, costituiti in modo lecito (cosa tutta da dimostrare caso per caso).
Chi lavora a stipendio fisso ben difficilmente potrà mai avere una simile opportunità. Tali lavoratori e pensionati costituiscono l'unica certezza dell'erario, lo si sa da decenni, eppure negli ultimi anni sono state progressivamente erose tutte le misure di perequazione che il Fisco aveva messo a punto a favore dei lavoratori dipendenti.
Infine trovo semplicemente allucinante che nel corso del TGUno si affermi che i 95 miliardi "recuperati" (ma ho appena spiegato perchè non è così) equivalgano a 4 anni e mezzo di attività antievasione portati avanti dalla Guardia di Finanza. Allora faccio un altro ragionamento: nell'anno 2007 con Visco (personaggio peraltro criticabile per altre cose) la GdF aveva riscontrato evasioni per 36 miliardi. Se la matematica non è un'opinione, moltiplicando questa cifra per 4,5 avremmo dovuto riscontrare oltre 160 miliardi e non solo 95.
Questo è il vero motivo per cui cadde il Governo Prodi due anni fa: i grossi possidenti mobiliari capirono che questa condizione che avrebbe portato inevitabilmente alla scoperta di sacche di evasione anche più estese di quelle fino ad allora identificate, e per qualcuno questo non era accettabile.
Avremmo avuto tanti altri casi Tanzi-Parmalat da gestire.
Meglio allora crogiolarci nella nostra spensierata leggerezza dell'essere e spendere in fuochi e mortaretti quello che resta delle nostre tredicesime. La crisi può attendere...
Buon Anno!

domenica 20 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Ottava

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009TESTO LETTO DAL CARDINALE

Guardiamo a Cristo

È richiesto un grande investimento educativo da parte di tutti. All’Angelus del 1° gennaio di quest’anno il Papa conclude con un’annotazione di particolare importanza: «Gesù Cristo non ha organizzato campagne contro la povertà, ma ha annunciato ai poveri il Vangelo, per un riscatto integrale dalla miseria morale e materiale. Lo stesso fa la Chiesa, con la sua opera incessante di evangelizzazione e promozione umana…».

È dunque a Cristo che dobbiamo guardare, come singole persone, come città di Milano, a lui che è il “buon samaritano” e che vuole continuare a essere presente e operante nella storia dell’umanità ferita e bisognosa di “cura” tramite la nostra mediazione.

Quella di Cristo è una presenza che ha i segni del Crocifisso, che sa attraversare le situazioni umane di fatica e di sofferenza assumendole, facendosene carico. Conserviamo la presenza del crocifisso, simbolo cristiano ma anche simbolo profondamente umano. Di fronte ad esso siamo tutti richiamati a interrogarci sul significato che hanno il soffrire e il morire, così come possiamo ritrovare la speranza per superare le situazioni di dolore e di morte. Ma il Crocifisso è risorto! Non limitiamoci a considerare il crocifisso come segno di un’identità. Dobbiamo passare dal simbolo alla realtà, alla realtà di Gesù Cristo morto e risorto e veniente, persona viva, concreta, incontrabile, sperimentabile. Conserviamolo questo simbolo, ma soprattutto viviamolo con umile, forte e gioiosa coerenza.

Concludiamo con una riflessione che sant’Ambrogio pone al termine del suo commento alla parabola del buon samaritano.

«Siccome nessuno è maggiormente prossimo di Colui che guarì le nostre ferite, amiamolo come Signore, ma amiamolo anche come prossimo; nulla è tanto prossimo quanto il Capo alle membra. Amiamo anche chi è imitatore di Cristo, amiamo chi ha compassione dell’altrui indigenza secondo l’unità che vige nel corpo. Non è la parentela che fa il prossimo, ma la misericordia» (Esposizione del Vangelo secondo Luca, VII,84).

+ Dionigi card. Tettamanzi

Arcivescovo di Milano
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Eccoci arrivati alla conclusione di questo percorso, di questa lunga, ma credo bella lettura che possa appassionare anche chi non sia cristiano o non sia credente, perchè le parole dell'Arcivescovo vanno oltre ogni limite religioso ed entrano con grande partecipazione nel quotidiano.
Alla fine del suo discorso il Cardinale Tettamanzi parla del Crocifisso, ne parla come simbolo e del suo significato (dobbiamo passare dal simbolo alla realtà), ancora una volta per farci comprendere che il vero significato di questo segno della cristianità è il suo messaggio universale: Amiamo anche chi è imitatore di Cristo, amiamo chi ha compassione dell’altrui indigenza.
Il 10 dicembre 2009 il Consiglio comunale di Busto Arsizio ha discusso per un'ora e mezza, dalla mezzanotte alle 1.30, circa la sentenza del Tribunale della Corte d'Europa per la rimozione del Crocifisso dai luoghi pubblici. Siamo in un clima di tale confusione, che si arriva a dire cose e compiere atti (per quello che ci ha portato la cronaca sulle decisioni prese da alcuni amministratori locali) che sfiorano la cialtroneria. Che tristezza.
Per guadagnarsi il consenso si arriverebbe a dire che la propria madre sia vergine.
Il Cardinale ci mette in guardia proprio da questo atteggiamento di superficialità, ci invita a vivere, testimoniare le parole di Cristo, invece di difendere unicamente i suoi simboli, cosa molto comoda che non comporta alcun impegno personale.
Chi ha avuto la pazienza di leggere il testo del Cardinale, più ancora che i miei commenti, risponda ora alla domanda: ma perchè Calderoli ha attaccato queste parole in modo così meschino e gratuito?
Penso che la migliore risposta sia che a distanza di un paio di settimane da questa polemica, la gente a malapena la ricorda, mettendola fra una delle tante sceneggiate della politica italiana di questi tempi.

sabato 19 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Settima

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE

Una conversione è possibile?

In questo senso ripropongo la chiamata alla conversione, esattamente nella linea proposta da Benedetto XVI il 1° gennaio 2009 e – in termini ampi e dal valore profetico – nell’enciclica Caritas in veritate. Il Papa invita a vedere la crisi “come un banco di prova”, ponendo questi interrogativi:

«Siamo pronti a leggerla, nella sua complessità, quale sfida per il futuro e non solo come un’emergenza a cui dare risposte di corto respiro? Siamo disposti a fare insieme una revisione profonda del modello di sviluppo dominante, per correggerlo in modo concertato e lungimirante?».

Si esige un cambiamento radicale, lungimirante e teso al bene comune globale. Si esige una progettazione di ampio respiro, capace di andare oltre le risposte immediate ed effimere, capace di dare un volto nuovo alla nostra Città. Una progettazione che riguardi tutti i grandi capitoli della vita sociale.

La direzione tracciata è precisa: si tratta di favorire, diffondere e condividere modelli e stili di vita insieme profetici e praticabili, capaci di far crescere le virtù e le opere della sobrietà e della solidarietà: nell’ambito personale e interpersonale, in quello comunitario e istituzionale.

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Si sta preparando la conclusione. Il Cardinale, dopo questa approfondita analisi, prepara la logica conversione nell'ottica che gli è più congeniale, quella del Pastore del Popolo di Dio: la converesione delle coscienze, l'attuazione di modelli di vita praticabili, una visione profetica ed innovativa della vita della comunità che deve affrontare prove sempre più difficili.

Se l'unica risposta sarà il perpetuare modelli che risultano già perdenti alla luce della Storia, non vi sarà possibilità di futuro. Essere pionieri significa fare qualcosa che nessuno ha ancora sperimentato, ovvero fare cose note in modi diversi e più stringenti alla realtà di un mondo in movimento.

Avviciniamo questa visione del Cardinale a quella di Darwin: nella linea dell'evoluzione non vince la specie più forte, ma quella che meglio impara ad adattarsi alle mutate condizioni. Essere cristiani non dà alcuna garanzia di sopravvivenza, nemmeno chiudendosi dentro la nostra Masada, come vorrebbe qualcuno. Dobbiamo invece imparare da ciò che la Natura ci ha insegnato, che forse è la massima e più vera impersonificazione dell'Altissimo.

venerdì 18 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Sesta

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE
Il futuro della Città: Expo 2015 e vita quotidiana
In questa prospettiva Milano deve considerare le opportunità legate a Expo 2015. Lo stesso tema prescelto “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” offre un ambito dove la sobrietà, rettamente intesa, può essere un fattore determinante. La sfida di “nutrire il pianeta” – meglio dire, tutte le persone che vivono e vivranno sulla Terra – esige infatti un profondo ripensamento dell’uso delle risorse. Richiede intelligenza per escogitare forme nuove di uso e valorizzazione dei beni; pretende un salto di qualità nell’intendere in modo nuovo e solidale i legami tra le nazioni e l’interconnessione tra i diversi attori pubblici e privati della produzione e del mercato; spinge a impiegare energie per la ricerca agro-alimentare; comporta impegno per cercare modalità di dialogo e di scambio, di conoscenza e di risorse, per una crescita equilibrata e solidale del pianeta.
Ovviamente la realtà di Milano non può esaurirsi nell’avventura dell’Expo. La speranza è che questo evento possa far da traino per un ripensamento globale di Milano in termini innovativi, economicamente solidi e promettenti, aperti a una visione profondamente etica e responsabile.
Diventa inevitabile a questo punto interrogarci sulle concrete applicazioni quotidiane della sobrietà come via alla solidarietà nell’ambito della nostra Città, in riferimento, ad esempio, alle risorse pubbliche e al loro impiego.
Milano è spesso etichettata come città “del fare”. La sobrietà può rinverdire questo nobile appellativo: un “fare” che non deve riguardare solo la dimensione produttiva ma che vuole mirare ai risultati concreti a beneficio di tutti gli abitanti; un risultato che si raggiungerà eliminando tutto ciò che è superficiale, vuota apparenza, perdita di tempo e spreco di risorse. Non abbiamo forse la sensazione che si punti alla costruzione di campagne di comunicazione e di immagine, nascondendo la consistenza reale dei problemi, più che alla soluzione dei problemi stessi e all’offerta di servizi efficienti e per tutti? Sono convinto che chi per vocazione, per lavoro, per servizio, per mandato pubblico, per elezione è chiamato a operare per gli altri debba essere sobrio per incontrare realmente le donne e gli uomini nelle loro esigenze, per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone e delle famiglie e, quindi, per risolverli.
La festa di sant’Ambrogio può suonare come appello a un sussulto di moralità e spiritualità nei nostri stili di vita. La nostra Città è interessata – e lo sarà sempre più – da progetti di realizzazione di grandi opere che esigono ingenti quantità di denaro e per le quali sono possibili interferenze e infiltrazioni di criminalità organizzata. Divengono quindi ancora più urgenti da parte di tutti – e specialmente di chi ha maggiori responsabilità – il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci, il confronto con la coscienza morale, la rettitudine nell’agire, la gestione corretta del denaro pubblico.
In ambito ancor più personale, vivere secondo sobrietà aiuta a verificarsi su quale sia la vera sorgente della felicità. Con uno stile di vita sobrio è facile smascherare l’illusione che la felicità provenga dal possesso delle cose, da un’esistenza condotta sempre “oltre il limite”. Troppe persone – e non solo i giovani – sembrano alla ricerca di uno “stato di ebbrezza permanente” da perseguire con eccessi (di sostanze stupefacenti, di alcool, di sensazioni ed emozioni forti) quasi per dimenticare quanto sia seria e impegnativa la vita, quasi per sfuggire alle proprie responsabilità, quasi per volersi sottrarre al compito di ricercare quella felicità duratura e profonda che deriva dalla piena e autentica realizzazione di sé. Questi stili di vita esaltano l’individualismo, corrono il rischio di distruggere i soggetti, allentano i legami sociali, indeboliscono la Città.Persone autenticamente felici, invece, portano un grande contributo alla costruzione di una Città migliore: la vera gioia, infatti, non presenta mai i tratti dell’egoismo bensì del dono di sé, scaturisce dalla ricerca del bene dell’altro. Se anzitutto i fedeli di questa Città – ed è il pastore, il Vescovo ad esprimersi così – vivranno con sempre maggiore coerenza il loro essere cristiani, la ricerca del bene dell’altro genererà un intreccio virtuoso che renderà Milano coesa, capace di curare e guarire le ferite dei suoi abitanti. Stili di vita personali virtuosi sprigionano la forza per rinnovare la Città.
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Torno a leggere e commentare insieme a voi la lettera del Cardinale, dopo un breve intervallo di carattere personale. E partirei da quella che, al di là della provocazione circa il senso dell'Expo 2015 e la sobrietà che dovrebbe trascinare con se, secondo me, è l'istanza chiave di questo capitolo, la domanda che L'Arcivescovo di pone in modo diretto e inequivocabile: "Non abbiamo forse la sensazione che si punti alla costruzione di campagne di comunicazione e di immagine, nascondendo la consistenza reale dei problemi, più che alla soluzione dei problemi stessi e all’offerta di servizi efficienti e per tutti?"
Una domanda che personalmente mi sono fatto e vi ho fatto più volte, una sensazione di disgusto che si affaccia ogni volta che si va in comunicazione, ogni volta che si accende la radio o la televisione e si guarda un telegionale, si legge una pagina di quotidiano. La sensazione ed in alcuni casi la certezza che in certi momenti essi sembrano essere più megafoni del potere usciti dalla fantasia di Orwell che reale cronaca della vita quotidiana.
Si fa fatica a capire il peso della vita da questi balconi affacciati non si sa bene verso quale realtà.
Una realtà comoda, che vogliamo sempre più specchio delle nostra aspirazioni, delle nostre voglie e dei nostri vizi più che della vera realtà, della crudeltà della vita, della durezza della verità.
"...Quanto sia seria e impegnativa la vita, quasi per sfuggire alle proprie responsabilità...", ci si dovrebbe sentire stimolati da queste parole, si dovrebbe sentire dentro la voglia di lottare contro chi ci fa immaginare un tipo di vita che poi non riscontriamo nella realtà.
Mi permetto un riferimento alla cronaca odierna: chi accusa Facebook o i blog di diffondere odio e falsità dimentica quanto siano falsi e odiosi i servizi giornalistici del servizio pubblico radiotelevisivo, che pure i cittadini pagano per avere una informazione seria ed equilibrata, ma che da sempre sono solo teatrini del potere, della partitocrazia, come direbbe Pannella.
Di questo ci si dovrebbe semplicemente vergognare. Poi non può mancare la condanna ferma e decisa verso chi deliberatamente ed in modo spesso solo goliardico, ma comunque scorretto, usa di questi strumenti per fomentare sentimenti di violenza gratuita, fornendo il pretesto a chi verrebbe far tacere la voce di chi ha in questi strumenti la sola possibilità di dissentire in modo civile e democratico.
La critica dura di questo stile di comunicazione arriva fino alla condanna di chi usa delle risorse pubbliche per scopi personali o criminali. Expo2015 è una ingente fonte di denaro, e già abbiamo avuto l'evidenza che la criminalità organizzata si sta facendo viva per prendersi buona parte della torta. Saper riconoscere l'onesto dal disonesto non è facile; oggi troppi criminali girano in giacca e cravatta, effettuano buona parte degli investimenti derivanti dal crimine di base attraverso canali tradizionali e leciti. Occorre vigilare, non sottovalutare segnali che possono far capire come la società si stia imbarbarendo diventando sempre più elegante, ricerca e raffinata.
Non diamo spazio all'apparenza per determinare le qualità morali di chiunque.

giovedì 17 dicembre 2009

Dodici anni in consiglio

Oggi è il mio compleanno da consigliere: il 17 dicembre 1997 facevo il mio esordio in Consiglio Comunale. Non so quale contributo sia riuscito a portare alla città, quanto abbia personalmente inciso in questo percorso difficile che hanno rappresentato questi anni.
Io so solo che ho fatto del mio meglio, ho combattuto battaglie per il bene della città e nell'interesse di tutti, non solo di coloro che sono della mia parte politica o di qualche cittadino in particolare.
Non mi sono voluto soffermare sul singolo tombino, sul ramo dell'albero o sulla buca nella tal via: per queste cose ho scelto altre strade, più dirette, senza coinvolgere per ore l'intero consiglio, che avrebbe cose ben più importanti da discutere.
Ma non nego che questa strada paga di più, offre maggiore visibilità e se lo avessi fatto oggi sarei più famoso e la gente avrebbe un'altra percezione del mio agire. Ma io non sono così, non penso che questo sia il ruolo del politico e della politica in una città come Busto Arsizio.
Ogni tentativo di volare alto, mi rendo conto, ti rende invisibile, ma lo preferisco di gran lunga allo starnazzare inutile e stucchevole di tanti consiglie e consiglieri.
Non sono il consigliere anziano, anzi... e non lo diventerò. Non sarò come Pellegatta che vanta 40 e più anni ininterrotti di consiglio, io il prossimo mandato non ci sarò, l'ho già detto, per una scelta precisa di alternanza e di crescita: se non si lascia posto ad altri, non potremo mai far crescere la politica.
Il cui livello, per il vero, è quanto mai basso, soprattutto nella nostra città. Ed in questa giornata il mio pensiero è proprio alla mia cara Busto Arsizio: ti ho dedicato questi anni rubandoli alla mia famiglia, agli affetti, alla mia crescita professionale. In cambio non ho ricevuto gloria e favori, ma l'affetto vero di tante persone, soprattutto nei momenti di dolore, ed un calore che mi permette di essere ancora al mio posto, con soddisfazione. Mi ha fatto crescere umanamente, come uomo e come persona, mi ha fatto capire quale sia il senso della responsabilità ed il peso che ne deriva, ma anche che senza queste cose non si vive veramente.
Per questo mi sento di dire grazie a tutti, ma soprattutto a mia moglie e ai miei figli, a cui dedico questa ricorrenza.

mercoledì 16 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Quinta

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE

La sobrietà favorisce lo sviluppo
La sobrietà non è solo un valore personale e individuale, è anche un valore sociale, comunitario: coinvolge la Città come tale.
Una delle più frequenti obiezioni alla sobrietà va al cuore della questione: l’industria e il terziario tengono solo se ci sono consumi, il cui calo comporta il calo della produzione. Ora la sobrietà pare esigere una riduzione dei consumi e, se attuata, andrebbe contro lo sviluppo, divenendo fonte di gravi problemi a cominciare dalla disoccupazione. Dunque la sobrietà potrebbe apparire un valore estraneo per Milano! Sobrietà, però, non significa non consumare e non produrre. È piuttosto “utilizzare” non in un’ottica di spreco, bensì di saggio impiego, finalizzando così la produzione e i servizi ai veri bisogni dei singoli, per crescere nel benessere condiviso.
La sobrietà muove dalla consapevolezza che le risorse sono limitate e che vanno quindi ben utilizzate. Essa stimola l’intelligenza e la capacità di ciascuno perché sappia usare al meglio le opportunità che vengono offerte per il singolo e per gli altri, per l’intera umanità. La sobrietà non danneggia l’economia ma è a favore di una sua realizzazione sapiente perché mette al centro la persona e le sue esigenze più vere. È questo l’insegnamento della Chiesa riproposto nell’enciclica sociale Caritas in veritate.
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Quello che ci propone il Cardinale in questo passaggio pare essere un paradosso: come può la sobrietà essere fattore di sviluppo? Spero di interpretare bene le sue parole se leggo in questo una rielaborazione efficiente ed efficace di ciò che oggi è il risultato peggiore del consumismo, lo spreco, l'abbondanza, il superfluo, trasformati in positività a favore della collettività.
Questo può avvenire senz'altro attraverso una diversa e consapevole scelta dei prodotti fin dal loro apparire, lasciandoci guidare meno dalla pubblicità e dal marketing per arrivare ad una razionalità di consumi, che alla fine spingerebbe gli stessi produttori ad una più attenta selezione dell'offerta.
Dall'altro, incidere proprio sulla filiera del prodotto, rivalutando produzioni che ormai tendono a scomparire o sono addirittura scomparse, accorciare i tempi e i luoghi di produzione-consumo, ottimizzare e valorizzare le risorse locali.
Infine, utilizzare fino in fondo i prodotti alimentari per proporre, sulla linea del Banco o della Colletta Alimentare, un maggiore e migliore sfruttamento del prodotto affinchè possa essere consumato nel suo periodo immediatamente antecedente la scadenza, invece di essere destinato a distruzione.
Tutto ciò, inoltre, andrebbe a pesare sul ciclo dei rifiuti, riducendone il volume e migliorandone la qualità, ai fini di un migliore impatto ambientale ed una maggiore qualità della vita. E questo si traduce in un'altra parola efficace: occupazione. Realizzare queste filiere presuppone ricerca e sviluppo tecnico, migliori strumenti a disposizione delle varie aree interessate, innovazione e profittabilità. Se vi par poco...

martedì 15 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Quarta

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE
Non c’è solidarietà senza sobrietà
Ed ora, proprio nel contesto di Milano chiamata a un supplemento di solidarietà, giungo a un’affermazione forse inattesa: quella riguardante la sobrietà. Sì, la nostra Milano, come tutte le città e forse ancor più delle altre, ha bisogno di sobrietà. Vorrei ricordare quanto dissi nell’omelia della S. Messa della notte dell’ultimo Natale in Duomo quando rivolsi un invito alla conversione: «C’è uno stile di vita costruito sul consumismo che tutti siamo invitati a cambiare per tornare a una santa sobrietà, segno di giustizia prima ancora che di virtù».
A distanza di quasi un anno, sento di dover ripetere queste parole, invitando a recuperare la fatica e la gioia della sobrietà. La sobrietà è possibile, in essa c’è il segreto della vita buona e bella, anche se il cammino per arrivarvi è difficile e chiede che si cambi lo stile di vita. Con la sobrietà è in questione un “ritornare”, come se si fosse smarrita la strada. Ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione.
Soprattutto la sobrietà è questione di “giustizia”. Siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco, e anche nella nostra Città c’è chi sta molto bene, mentre sempre più aumenta il numero di chi fa più fatica. La sobrietà ci aiuta a costruire la giustizia, perché decide, sceglie e agisce secondo la giusta misura, e dunque sempre con l’attenzione vigilante ai diritti e doveri che si hanno nei riguardi sia di se stessi che degli altri, superando sempre eccessi e sprechi. In particolare la “giusta misura” nell’uso dei beni rende la sobrietà, da un lato nemica dell’avarizia, dall’altro amica della liberalità, ossia di una pronta disponibilità alla condivisione dei beni. Questa stretta connessione tra la sobrietà e la giustizia ci aiuta a comprendere come la sobrietà sia una via privilegiata che ci conduce alla solidarietà. Solo chi è sobrio può essere veramente solidale. Infatti la sobrietà crea gli spazi: nella mente, nel cuore, nella vita, nella nostra casa… La sobrietà apre agli altri e ridimensiona l’importanza eccessiva che diamo a noi stessi; ci apre agli altri e in ogni cosa ci interpella a partire dal bisogno altrui.
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Questa e la successiva sono, secondo il mio giudizio, le parti più innovative del discorso del Cardinale, quelle che guardano finalmente con occhio disincantato alla realtà attuale e ne affrontano i passaggi più duri, perfino più "fastidiosi" per coloro che hanno conquistato il benessere e ora lottano per mantenerlo.
Credo che questa dinamica sia nelle cose stesse della vita, se ci fermassimo un momento a riflettere: la sobrietà non è solo economica, ma anche intellettuale, culturale e sociale.
La nostra società invece, ha assunto i ritmi consumistici come nuova religione, come nuovo idolo a cui sacrificare tutto, persino la propria coscienza. Conta l'apparire, non l'essere. Conta l'apparire anche di più che l'avere.
La sobrietà cui fa riferimento l'Arcivescovo dovrebbe essere il modo con cui affrontare le nuove sfide di questo inizio millennio: la crisi è mondiale perchè è andato in crisi un modello globale, fatto di debiti contratti per avere questo modello di apparenza, che è contrario alla sobrietà. Un modello artefatto, truffaldino e arrogante, capace solo di rendere più poveri i poveri e più ricchi i ricchi attraverso un intricato sistema di generazione della ricchezza dal proprio debito.
Mi rendo conto di non essere in grado di rendere con parole semplici quello che il Cardinal Tettamanzi ha voluto esprimere, eppure sento in cuor mio che questo discorso è puramente rivoluzionario, innovativo e pacifico al tempo stesso, il modello che potrebbe aprire la strada all'Uomo Nuovo che ancora stiamo cercando.

lunedì 14 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte terza

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE

Milano è una città solidale?

La nostra Città oggi è una città solidale, all’altezza della sua tradizione? È difficile rispondere con poche parole.

Come ogni città, anche la nostra Milano è una città composita, dai tanti volti, dalle mille storie, che in alcune sue parti rischia di essere costituita da isole, da “città nella città”. Non ha un aspetto unico ed è inevitabile che sia così per una metropoli moderna.

E se la solidarietà non è solo il dare episodico ma una tensione interiore che si esprime in comportamenti abituali e permanenti, si fa inevitabile la domanda se la nostra città sia veramente solidale con tutti i suoi abitanti.

Milano è solidale con i bambini e il loro futuro se, ad esempio, sono sufficienti gli asili nido, le scuole materne, i parchi gioco. La città è solidale con i ragazzi se sa dare loro, insieme a un’offerta scolastica qualificata, anche opportunità educative, culturali, ricreative, quali momenti significativi per prevenire il disagio.

La città è solidale con i giovani se sa farsi carico delle loro domande e delle loro tensioni, se sa ascoltarli e guardarli con stima, fiducia, amore sincero. Ma è solidarietà offrire ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro forme di impiego quasi sempre precarie, quasi a voler approfittare della loro condizione, sfruttando le loro necessità?

La solitudine poi di tante persone manifesta il bisogno di solidarietà. Sono sole tante famiglie, alle prese con il peso di conflitti e violenze nascoste, con il dramma della separazione, con i problemi economici, con la malattia di un congiunto; sono soli tanti anziani, senza relazioni significative e prospettive per il futuro; rischiano di essere soli gli immigrati, spesso confinati – per chiusura o per rifiuto sociale – dentro i propri gruppi etnici…

Ma Milano offre anche molti esempi di autentica solidarietà. Penso a tutti i lavoratori che compiono bene il proprio dovere, con dedizione e generosità. Non sono poche le persone che hanno come tratto distintivo della propria vita il volontariato e nelle associazioni caritative. Voglio qui menzionare in particolare – insieme ai benefattori – le centinaia di volontari impegnati nel “Fondo Famiglia-Lavoro”, non solo per distribuire contributi economici, ma soprattutto per ascoltare chi ha perso l’occupazione, studiare con loro soluzioni per tornare a essere produttivi.

Non mancano gli imprenditori che sfidano la crisi economica affrontando sacrifici pur di salvaguardare il posto di lavoro dei propri dipendenti e di non far mancare il sostentamento alle famiglie; i ricercatori che sono attivi per migliorare le cure con cui combattere la malattia. Non manca chi progetta con intelligenza gli spazi della città per innalzare la qualità della vita delle persone. Come non citare poi chi opera per migliorare le condizioni di vita degli immigrati, chi si impegna per offrire percorsi di autentica integrazione, per coniugare solidarietà e legalità? Mi ha colpito nei giorni scorsi, a seguito dello sgombero di un gruppo di famiglie rom accampate a Milano, la silenziosa mobilitazione e l’aiuto concreto portato loro da alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere preoccupate, in particolare, di salvaguardare la continuità dell’inserimento a scuola – già da tempo avviato – dei bambini. La risposta della Città e delle Istituzioni alla presenza dei rom non può essere l’azione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalità costruttive. La Chiesa di Milano, il volontariato e altre forze positive della Città hanno dimostrato, e rinnovano, la propria disponibilità per costruire un percorso di integrazione. Non possiamo, per il bene di tutta la Città, assumerci la responsabilità di distruggere ogni volta la tela del dialogo e dell’accoglienza nella legalità che pazientemente alcuni vogliono tessere.

Sono innumerevoli coloro che nella vita quotidiana tengono gli occhi aperti alle necessità degli altri: attenzioni che si concretizzano in piccoli gesti e segni di prossimità, ma che – considerati tutti insieme – portano uno straordinario beneficio a tantissime persone per il loro equilibrio, per il loro benessere, assorbendo tanta fatica che, altrimenti, appesantirebbe la vita di molte persone e della Città nel suo insieme. Senza questi “angeli” della quotidianità la vita a Milano sarebbe per tanti sicuramente più difficile.

In questa prospettiva va promossa con decisione una “nuova solidarietà” che assuma la forma di una vera e propria “alleanza” intesa come incontro, dialogo, scambio d’informazioni, condivisione di interventi, collaborazione corresponsabile tra le istituzioni pubbliche e le forze vive della società civile, ovviamente nel rispetto delle diverse competenze e nel segno di una reciproca fiducia: si pensi, in particolare, all’urgenza di una simile alleanza nei fondamentali ambiti della scuola, del lavoro, della salute, della lotta alle varie forme di povertà e di emarginazione sociale.

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Il riferimento alle famiglie Rom di via Rubattino è evidente. Un fatto che ci ha resi antipatici a tutta l'Europa e che dovrebbe far vergognare coloro che lo hanno autorizzato. Ma questo non è il solo caso in cui l'Arcivescovo ha preso le difese dei più deboli, come fece due anni fa sempre per un campo nomadi smobilitato lungo la Milano-Laghi.
Lo stesso fondo di solidarietà Famiglia-Lavoro ne è una testimonianza e proprio oggi lo stesso Cardinale lo ha voluto incrementare con i soldi da lui ricevuti per un premio.

domenica 13 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte seconda

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE

La solidarietà rende grande la Città

È la pratica straordinaria della solidarietà che ha reso grande nei secoli Milano. Ed è sulla solidarietà che dobbiamo misurare ancora oggi l’autenticità della grandezza della nostra Città. Spesso la solidarietà riceve un’interpretazione semplicistica: emotivo-sentimentale nell’ambito personale, benefico-assistenziale in quello sociale. Ma, come sottolinea la recente enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, la solidarietà esige di essere riscattata da queste visioni parziali, affermandone il ruolo tipicamente sociale e politico. Essa, infatti, persegue il bene non solo individuale ma anche e specificamente comune, è del tutto inscindibile dalla giustizia e include, pertanto, la presenza attiva e responsabile delle stesse Istituzioni ben oltre il pur indispensabile servizio del volontariato.

La solidarietà è inseparabile dalla giustizia e per questo ha una destinazione propriamente sociale. Alla sua radice ci sono sempre gli altri. Sì, gli altri, perché ciascuno di noi, lungi dall’essersi costituito da sé, è in se stesso un dono, un essere che ha ricevuto molto dagli altri. E non c’è solo un debito individuale, ma anche un debito comunitario, che ci lega alle generazioni che ci hanno preceduto. Scriveva Paolo VI nella sua famosa Enciclica sullo sviluppo dei popoli e dell’intera umanità:

«Ogni uomo è membro della società: appartiene all’umanità intera… Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti, e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi a ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà universale, che è un fatto, per noi è non solo un beneficio, ma altresì un dovere» (Populorum progressio, 17).

La solidarietà riveste i tratti del dovere. È un aspetto che viene sottolineato con forza anche dalla nostra Costituzione. Tra i “principi fondamentali” viene affermato il profondo legame tra i “diritti inviolabili dell’uomo” e “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2). È questo il grande patto sociale che mantiene coesa una città. Qui è in gioco una virtù cardinale, è in gioco la giustizia!

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E' davvero importante questo passaggio del discorso del Cardinale, non solo perchè richiama al dovere della carità in quanto virtù teologale, ma anche perchè crea un legame naturale tra la carità e la solidarietà, quasi a legare il dovere morale con il dovere etico e civile.
La solidarietà assume un valore ancora più elevato con il richiamo alla Costituzione Italiana, e sicuramente questo è uno dei passaggi che maggiormente ha infastidito il leghista Calderoli e, in generale, il mondo della Lega.
Finchè un Vescovo parla da vescovo, cioè nell'ambito della comunità che presiede, le sue parole possono anche essere tollerate da chi fa politica, ma se queste riferiscono all'ambito e alla dimensione del vivere civile, del comportamento del cittadino verso le istituzioni, esse possono cambiare il quadro di riferimento e quindi diventano elementi "di disturbo" alla gestione della cosa pubblica.

sabato 12 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte prima

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE


Carissimi,

ancora una volta il Signore mi dà la grazia e la gioia di rivolgermi alla Città per la festa di sant’Ambrogio, patrono di Milano e della Diocesi.

L’amore per la nostra Città

Inizio confessando il particolare amore che mi lega a questa Città, alla mia Città. Sono sicuro che tutti voi condividete con me questo amore, un amore segnato da gratitudine e insieme da responsabilità.

La gratitudine, anzi tutto. Riconosciamo il patrimonio di fede, di storia, di cultura, di tradizioni, di opere che nei secoli ha arricchito la nostra Città: una preziosa eredità che ogni giorno viene posta nelle nostre mani, un dono grande che è offerto anche alle giovani generazioni e ai milanesi di domani, a coloro che in questa Città vengono ad abitare da altre città, da terre lontane.

A questa nostra gratitudine s’accompagna poi un senso di responsabilità. È un amore che si pone una domanda: sapremo anche noi arricchire l’eredità morale e spirituale da trasmettere a quanti verranno dopo di noi?

Ma quale potrà essere il nostro modo, per conservare, anzi per arricchire la storia di questa Città? Nessuno di noi pensa che per perpetuare nel futuro la grandezza di Milano sia sufficiente edificare qualche monumento, questa o quell’altra infrastruttura, abbellirla con qualche opera d’arte. Si tratta di interventi utili ma – sappiamo - da sempre sono gli abitanti la ricchezza più grande di una città. Mi chiedo ancora: noi stiamo portando il nostro contributo per rendere grande Milano? “Milano con il cuore in mano”, “solidarismo ambrosiano”: queste ed altre espressioni proverbiali, da sole, lasciano intendere quale sia l’eredità migliore che ci è stata consegnata: la solidarietà. Tante istituzioni caritative ne sono una splendida testimonianza. Eroi della solidarietà dicono di questa grandezza. Come non ricordare il beato don Carlo Gnocchi e la Fondazione che ne porta il nome?

Comprendere il proprio tempo

Sono rimasto particolarmente colpito da alcuni accadimenti di questi giorni. Avrei voluto commentarli a caldo, esprimendo i miei sentimenti di quel momento, ma credo di aver fatto bene ad aspettare e a meditare su queste affermazioni.
Il rischio che si corre è quello di inseguire il commento, la critica fine a se stessa, la dialettica narcisistica che si soddisfa dentro la propria eloquenza, ma non approfondisce, non aiuta a capire, fa restare le cose a livello superficiale e non entra nel merito.
Ecco perchè ho pensato di riprendere il discorso di Sant'Ambrogio alla città di Milano dell'Arcivescovo Cardinale Tettamanzi, duramente criticato dalla Lega e da Calderoli in particolare, che ha accusato Tettamanzi di essere un imam, un traditore.
La replica avrebbe potuto essere fin troppo semplice e schietta, circa la capacità di Calderoli di capire le cose che l'Arcivescovo voleva dire in realtà, ed il suo tentativo di contenere l'amplissima mole di riflessioni che il suo discorso riprendeva.
Ho quindi pensato, a beneficio dei miei lettori, di farvi digerire questo bellissimo discorso "a fette", distribuendolo nei giorni da qui a Natale e commentandolo insieme a voi, attendendo anche da voi un contributo che consenta di espandere il confronto e la comprensione.
Come diceva Paolo Giovanni II: "Non abbiate paura"...

Un attentato alla democrazia

Ancora una volta il TGUNO è riuscito a convincermi che non vale più la pena di pagare il canone. Il direttore si è presentato styasera in video per commentare la notizia che il mafioso Graviano smentisce il pentito Spatuzza per le accuse di mafia rivolte a Dell'Utri e Berlusconi.
Ora, come ci si può scandalizzare per le accuse di un pentito, come credere che un altro mafioso, imputato per crimini efferati, possa essere più credibile dell'altro? Chi dei due mente meglio? Chi dei due può avere un interesse a dire la verità o a mentire?
Perchè di certo almeno uno dei due mente. Quindi, una persona qualsiasi che ascolti queste notizie, può ragionevolmente ritenere che, in assenza di prove circostanziate, nessuno dei due possa essere ritenuto attendibile.
Bisogna allora riflettere sul fatto che un direttore di testata giornalistica prenda le affermazioni non provate e non provabili di un pentito (che può essere facilmente manovrato, indirizzato e gestito) per sincera smentita di quelle altrettanto poco provabili di un altro. Le cui affermazioni, se non altro, vengono attribuite ad un reale pentimento da un prete e da un vescovo.
Come fa questo direttore di testata giornalistica pubblica a prendere in questo modo le difese del Capo del Governo, senza lasciare il lecito dubbio nelle persone che sia lui stesso manipolato, indirizzato e gestito da chi lo ha messo a fare il vile servo del potere? E sottolineo l'aggettivo VILE perchè questa comunicazione avviene attraverso un mezzo giornalistico pubblico, ma senza rispettare le regole di base del giornalismo.
Non ho mai voluto prendere posizioni estreme, ma se continuiamo a sostenere che si debba difendere la presenza del crocifisso negli edifici pubblici strattonando la gente e bestemmiando contro chi si rifiuta di prendere un volantino (fatto accaduto qualche giorno fa a Legnano, Piazza San Magno ad opera di un attivista della Lega), allora siamo oltre la volontà di comprendere la realtà.
Viviamo in una realtà virtuale, dove l'informazione è di plastica, la politica è di plastica, il marketing conta più dello stesso prodotto, ed in questo specifico caso si traduce nel fatto che la verità si manifesti come tale solo perchè a garantirla così è la televisione pubblica di un paese libero e democratico.
Ma se siamo a questo punto, la fine della democrazia è fin troppo vicina, ed io ho la presunzione di ritenere che anche molti elettori di destra non possano ritenere la cosa tollerabile, vista la posizione dello stesso Presidente della Camera, Gianfranco Fini.

sabato 5 dicembre 2009

In che città vivo parte seconda

50.000 euro dati per fornire la casarma Ugo Mara di un servizio di collegamento per la città di Busto Arsizio.
Un parcheggio nuovo di zecca dato ai pendolari delle Ferrovie ex-Stato che ha generato polemiche, primo perchè offerto a costo zero, mentre alle Nord si paga o si parcheggia sullo sterrato a rischio foratura gomme, secondo perchè alla prima prova del fuoco parecchi persone sono rimaste bloccate per i venti centimetri di ghiaia posati.
Parliamo di collegamenti per una comunità di persone che si trova a Solbiate, appena al di là della linea di confine della città, ma niente per quelli che si trovano al di quà di quella linea. Perchè?
Perchè i pendolari di Busto non hanno dignità nei confronti dei militari?
Perchè ai pendolari non viene dato nemmeno un posteggio per le biciclette decente?
Perchè ai pendolari non viene dato un servizio di bus, la mattina e la sera, che possa essere almeno fruibile in altenrativa al trasporto privato?
Eppure di proposte ne ho fatte, i pendolari di proposte negli anni ne hanno fatte molte.
Ma poi, quando non è il Comune, ci pensano le ferrovie a prenderci per i fondelli, dicendo che si ha diritto allo sconto (per il cattivo servizio offerto) se si viaggia su di una direttrice e non sull'altra, ovvero se io devo andare da Milano a Varese lo sconto me lo danno, da Varese a Milano no.
Si è mai vista una cosa di questo tipo nel passato?
E allora ribadisco la mia domanda: in che razza di città viviamo, e più in generale, in che territorio viviamo? E sono l'unico che prova queste sensazioni di approssimazione? Non è che si stava meglio quando si stava peggio? Cosa hanno fatto di bello e di buono per la città e per tutto il territorio i padroni del consenso popolare? Gli eletti hanno sempre ragione, o sono solo degli approssimativi come la situazione in cui viviamo?

venerdì 4 dicembre 2009

In che città Vivo?

Il Comune spende 50.000 euro per garantire il servizio bus ai militari della Caserma Ugo Mara (nel territorio di Solbiate Olona) verso il centro della città. Per fare questo non ha chiesto nulla all'Amministrazione di Solbiate Olona.
Il Comune ha investito (vantandosene) 200.000 euro per garantire le misure di prima necessità ai concittadini per affrontare la crisi economica. Centomila sono stati dati per integrare fidejussioni alle aziende in difficoltà, col risultato che difficilmente verranno utilizzati.
I militari della Caserma Ugo Mara non sono cittadini della città di Busto Arsizio. In città al massimo vengono per mangiare, divertirsi e fare qualche acquisto.
La Lega ha chiesto nella Commissione Servizi Sociali e Famiglia che gli aiuti alle famiglie in difficoltà venissero erogati solo per quelle che sono residenti in città da più di cinque anni. Quindi una coppia di sposi italiana proveniente da Gallarate, magari in momentanea difficoltà economica perchè è stato perso il lavoro da uno o entrambi i coniugi e la moglie incinta, non verrebbe presa in considerazione da questa richiesta.
Il Comune ha fatto l'ultima variazione di Bilancio andando ad attingere agli Avanzi di Bilancio, perchè ormai non ha più risorse proprie disponibili.
L'ALER caccia di casa i cittadini morosi, che non pagano l'affitto ad un ente che ormai è diventato Azienda e come tale deve fare cassa.
Il Comune non interviene economicamente per sostenere le famiglie povere ed in difficoltà, ma interviene per sostenere un servizio a dei lavoratori professionisti che hanno uno stipendio e potrebbero tranquillamente pagarsi il biglietto del bus.
Mi chiedo: ma in che città vivo? Dov'è la coerenza, dov'é il senso civico di chi la amministra?

martedì 1 dicembre 2009

Libero ragionamento sul servizio regionale di trasporto ferroviario

Ho iniziato a viaggiare in treno dal 1977, anno della mia maturità e conseguente iscrizione all'università. Da allora, per periodi più o meno continuativi, ho continuato a viaggiare tra Busto e Milano utilizzando soprattutto i mezzi pubblici (la STIE in alternativa al treno nei lunghi anni dell'interramento delle Nord tra Busto e Castellanza).
In questi trent'anni mi sono convinto che se avessi viaggiato in auto per questo lungo periodo avrei avuto maggiori costi e maggiori rischi, dovuti all'altissima possibilità di subire incidenti lungo l'autostrada o sulle strade di Milano.
E se dal lato del servizio pubblico dobbiamo lamentare la scarsa qualità delle linee, i ritardi, la frequentazione su alcune linee al di là dell'umana sopportazione (proprio stamattina sul bus di città a Milano c'era un folto gruppo di persone che si lamentavano del fatto che il treno fosse talmente pieno di gente che nemmeno il capotreno riusciva, tra una stazione e l'altra, a scendere per effettuare il normale servizio a terra per dare il via al convoglio), resta questo il mezzo che garantisce la miglior mobilità possibile nel bilancio costi/benefici.
Detto ciò, nascono i dubbi pensando alla nuova Azienda ferroviaria regionale nata dalla fusione delle Ferrovie Regionali con Le Nord (durata sperimentale di 11 mesi, poi si vedrà) che dovrebbe riuscire a dare un impulso al miglioramento complessivo di questo servizio. Questa è, a mio parere, una pura speranza.
Finchè il Governo sarà concentrato nella realizzazione del progetto dell'Alta Velocità come punto focale della propria politica dei trasporti pubblici ferroviari, si terrà in minor conto il discorso della mobilità regionale e l'area di Milano è il principale nodo esistente in Italia su questo versante.
Oltre 600.000 pendolarei arrivano in città ogni giorno: il 45% della popolazione residente.
Il sindaco Moratti è anche sindaco di queste persone che lavorano, producono e vivono per buona parte della loro vita attiva in questa città, mentre magari nella propria ci passano solo poche ore per dormire? Non dovrebbe e non potrebbe la Moratti far sentire con maggior peso e maggior enfasi la propria voce (per quanto non bellissima), per farsi capire dai propri colleghi di partito e di governo? Non ricorda di essere stata anche ministro del precedente turno legislativo guidato da Berlusconi? Non ritiene Milano la capitale economica d'Italia? Se sì, cosa fa per dare dignità a chi viene trattato alla moda di un pacco postale, senza alcuna cura della qualità del viaggio offerto?
Certe volte mi viene voglia di pagare il viaggio con banconote stropicciate e polverose, così come il servizio che viene offerto ai pendolari. Talvolta sento parlare di "prodotto ferroviario": se fossimo davvero davanti ad un prodotto, ci dovrebbe essere almeno concorrenza e possibilità di scegliere l'offerta, ma qui dopo decenni siamo ancora al monopolio, per cui si fa quel che si vuole ed i pendolari devono solo subire.
E cosa fanno i sindaci delle decine e decine di città che si trovano lungo le linee ferroviarie della Lombardia? Manifestano il loro sdegno per come vengono trattati i loro concittadini? Per lo più si disinteressano completamente del problema, fino a quando i binari dei treni non arrivano a minacciare le case dei concittadini, vedi ad esempio la questione del terzo/quarto binario sulla Rho/Gallarate.
Non lo affronto ora, ma mi riprongo un più serio ed articolato ragionamento sul rapporto tra costo del servizio, qualità del servizio e tipo del servizio pubblico offerto ai cittadini nell'ambito della mobilità, perchè trovo scandaloso che in questi trent'anni i tempi di percorrenza e la qualità del servizio sia rimasta quasi invariata mentre il mondo intorno a noi è cambiato quasi del tutto.
Sulle rotaie corre la muffa.

METEO