Alessandro Berteotti

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Non ho verità da regalare, solo un pensiero libero, che liberamente lascio al vostro commento

sabato 29 agosto 2009

Via Vesuvio, Busto Arsizio, Padania

Immagini di normale degrado urbano, ne hanno parlato le cronache di tutto il territorio, ma questo accade da anni in una via della periferia a Nord-Ovest della città, dietro i boschi della celebrata Madonna in Veroncora, ma anche a poche centinaia di metri da un plesso scolastico come le scuole Pertini di via Rossini, dalla Comunità Marco Riva e a meno di un chilometro dal Cimitero Centrale.
Solo che qui ci si apparta con più tranquillità, senza occhi indiscreti se non quelli dei cittadini che vi abitano e che si trovano con l'immondizia all'uscio. Sicuramente gioca l'ignoranza e la prepotenza di pochi stupidi, ma queste persone si sono sentite rimbalzare dal Comune all'AGESP e viceversa fino allo sfinimento, tanto che da tempo hanno abbandonato la speranza di un intervento da parte dell'Amministrazione.
Triste storia, vista la vicenda aperta tra AGESP e Comune, dove pare che quest'ultimo stia rovesciando sulla ex municipalizzata tutta l'operatività che questa pubblica amministrazione non è più in grado nè di gestire, nè di garantire.
I cittadini trovano quotidianamente immondizia, rifiuti di ogni genere abbandonati anche davanti alla propria recinzione, quasi fossero loro stessi ad abbandonare questi rifiuti. Ovviamente d'estate questo significa, oltre che una desolante immagine davanti ai propri occhi, anche mosche e tafani che invadono la brughiera quando vi sono rifiuti organici; odori di ogni genere in funzione degli altri rifiuti. Perfino tossici e pericolosi, come si vede dalle latte di vernice o altro abbandonate tra gli alberi.
Alberi che a loro volta, dopo bufere o tempeste di vento, una volta abbattuti dagli eventi atmosferici, restano al suolo, schiantati. In attesa che la natura faccia il suo corso?
Direi che gli assessori alla partita dovrebbero interessarsi e, una volta per tutte, porre rimedio a questa situazione. O no?























martedì 25 agosto 2009

Dimenticata la qualità della vita

Prendo spunto per la riflessione odierna da una lettera apparsa oggi sul quotidiano "La Prealpina", a firma del signor Claudio Monoli, che ringrazio. La risposta dell'articolista mi lascia insoddisfatto perchè, come molto spesso accade, le civili proteste, l'indignazione del cittadino vengono stemperate in una specie di pacioso "volemose bbene", una dichiarazione di amore nei confronti della nostra città che non sempre possiamo riscontrare.
Oltretutto, mi sembra si perda il senso del richiamo del signor Monoli.
Se l'amministrazione comunale non fa il proprio dovere, non deve essere assolta da un giornalista. Semmai, compito del giornalista, sarà quello di approfondire, indagare ed eventualmente a sua volta indignarsi, dati alla mano. E di dati ce ne sono, eccome.
Partiamo da un'altra notizia di oggi: in centro sfrecciano bolidi su due ruote che nottetempo disturbano la quiete pubblica. Non solo in centro, potrei aggiungere, vista la mia esperienza di qualche giorno fa, quando ho chiamato la forza pubblica perchè all'una di notte non si poteva dormire causa una allegra compagnia di persone che ballava latino-americano per strada con musica "a palla". Chiamati i vigili, un messaggio registrato informava che ci si doveva rivolgere a Carabinieri o Polizia, cosa che ho fatto, ma perchè? Perchè i Vigili Urbani non intervengono in questi casi? Perchè hanno abdicato, dopo che qualche tempo fa si era istituita anche una pattuglia notturna che doveva sorvegliare le vie cittadine, anche in periferia?
Già. Però poi, sempre oggi, si parla di problemi di sicurezza che potranno essere risolti con le ronde, e si invita Maroni alla festa locale della Lega. Mi sia permesso questo ragionamento: se la Polizia Locale, che dipende dal Comune, è sotto organico e non riesce a presidiare le aree urbane, delegando ad altre forze dell'ordine il pattugliamento ed azioni di controllo del territorio, crea di fatto le occasioni per stimolare nella gente la necessità di sentirsi tutelata da queste "ronde".
Le quali, comunque, avrebbero poi qualche problema nell'intervenire, non potendo svolgere attività di controllo sulle persone o, meno ancora, di fermo. Maliziosamente mi viene poi da pensare che forse certe situazioni possano anche essere indotte: creare la necessità per suggerire la soluzione è uno dei modi di operare del marketing.
Il richiamo del signor Monoli, però, è anche e soprattutto culturale: probabilmente lui ha viaggiato ed ha avuto modo di confrontarsi con altre culture, cosa che spesso noi facciamo solo a scopo turistico e non sempre rileviamo l'enorme diversità che esiste con gli altri popoli.
Molti che riteniamo meno civili rispetto a noi, hanno tradizioni millenarie e per tutti il rispetto della persona viene al primo posto, insieme al rispetto dell'ambiente dove la persona vive.
Noi questo non lo sentiamo più come uno stimolo, ma come un limite. Quando una persona chiede che venga rispettato il verde e la natura in genere, viene ritenuto uno dei soliti esaltati naturalisti.
Guardate come sono ridotti i nostri viali che una volta erano rinomati per il verde, prendiamo via Marco Polo: che tristezza! O l'imperscrutabile mistero di viale Borri: piante malate, ma solo a Busto, a Castellanza no.
E le zanzare? Quest'anno, anche per il clima un po' anomalo, sono un delirio, e le loro punture sono anche più dolorose del passato, forse per la maggiore presenza di zanzare tigre. Dell'ambrosia difficile parlare in termini di sola città di Busto Arsizio, ma aggirandoci verso Malpensa la si vede crescere ai bordi della superstrada alta più di un metro ed abbondante nella campagna, senza che nessuno dica nulla. Anche questa è qualità della vita.
Signor Monoli, le chiedo scusa personalmente. Non posso farlo a nome dell'Amministrazione, non ne ho titolo, ma se fossi Sindaco o Assessore glielo chiederei anche in quella veste e provvederei a migliorare il rapporto con i cittadini, anche ascoltando maggiormente le loro parole.

lunedì 24 agosto 2009

L'Aquila: non può crollare una città che sa volare


Dal giorno del terremoto, il 6 aprile 2009, la chiesa delle Anime Sante è un po' l'immagine della città ferita. Una ferita che è nella terra, che è nell'anima perchè sopra quella terra si vive. O si sopravvive.

A portare solidarietà ed aiuto concreto sono stati anche una decina di ragazzi della nostra città, che hanno sacrificato le ferie della settimana di ferragosto per alleviare un po' la sofferenza di questa gente. Dire sacrificato non mi pare corretto per l'entusiasmo con cui sono tornati, cosa che mi ha profondamente colpito: per loro è stato molto di più che un semplice sacrificio.

Nel dono del loro tempo e della loro manualità hanno trovato molto di più, quasi una parafrasi delle parole bibliche che affermano che donando si riceve 100 volte di più. Forse, avessero fatto una settimana al sole in una delle tanto rinomate loclaità balneari nostrane o esotiche, non avrebbero avuto uguale soddisfazione.

Perchè ragazzi di 18/20 anni, ma anche di 25, 30 e più, dovrebbero essere così felici nel fare un'esperienza che molti dei loro coetanei declina tranquillamente, senza troppe esitazioni? Per via dell'educazione ricevuta, più rivolta al servizio e dove la parola sacrificio non è stata cancellata dal vocabolario? Forse.

Forse perchè nel servizio ci si sente più solidali, più uniti, si allentano tutte le resistenze e le paure e rimane solo l'esperienza più vera, quella che ci pone di fronte all'uomo nella sua fragilità, ma anche nella sua vera essenza? Forse perchè qui anche i soldi ed il potere assumono una dimensione diversa? Forse perchè la Natura, che nel terremoto ha scatenato le sue forze distruttive, ci ha una volta ancora ricordato quanto noi siamo piccini e singolarmente deboli, ma quanto possiamo diventare grandi quando ci uniamo?

Tanti forse, a cui è difficile rispondere. Ma la carica e l'entusiasmo presenti ora in questi ragazzi sono un segno tangibilissimo di una forza enorme, condivisa con tanti altri provenienti da tutta Italia, dall'estremo Nord al profondo Sud. Persone che ora sono amiche grazie a questa esperienza, che hanno vinto la paura e la diffidenza iniziale anche di chi doveva ricevere il loro aiuto. Anche l'orgoglio è un nemico da combattere, in certe occasioni.

Eppure, quanto dolore, quante ferite che questi ragazzi ci raccontano: da quelle più intime e ormai personali dei parenti ed amici morti, a quelle ancora aperte dei feriti, ai piccoli soprusi della burocrazia che da una parte promette e dall'altra toglie, come il caso di una anziana signorina che, sebbene sfollata dal giorno del terremoto, si è vista recapitare regolarmente la bolletta del telefono. Storie di normale diversità. Storie che si accomoderanno, ma che dicono come le maglie delle promesse siano sempre più grandi della realtà.

La città dell'Aquila, e con lei i centri vicini, si appresta a vivere un inverno difficile. Vivere nelle tende è difficile, molto difficile. Non è come andarci in ferie, è soffrire il caldo torrido, il frreddo sferzante e considerare quella la propria casa. Non si può fare per molto tempo. Le promesse del Governo sono elastiche, si modificano nei toni e nei contenuti ogni volta, ma chi sta in tenda non può aspettare molto. Si parla di consegnare le prime case, ma non si dice quando verranno consegnate le ultime perchè, badate bene, è di questo che si deve parlare.

Alla prima consegna ci saranno autorità, ministri e Presidente del Consiglio (che ogni volta che ci va provoca problemi, lo sa, ma continua perchè anche questo fa immagine), ma all'ultima consegna, all'ultima famiglia tolta dalle tende, chi sarà presente? Eppure loro saranno quelli che avranno sofferto più di ogni altro...

La logica delle assegnazioni parla di criterio basato sulle famiglie numerose: le più numerose sono quelle degli extracomunitari. Come la prenderanno Bossi e soci? Non credo bene. E chi ha la casa solo lesionata, in categoria "B" o "C", eppure all'interno di una zona ancora non accessibile: costono non avranno l'assegnazione, ma non possono nemmeno mettere a posto la propria casa. Una situazione assurda. Poi si cercherà di capire la distribuzione dei fondi, quanti sono e a chi sono stati in realtà assegnati; e se sono stati spesi tutti e bene. Ma qui si rischia solo di fare i maghi da baraccone.

Quindi ricordiamoci che non può crollare una città che sa volare...

venerdì 21 agosto 2009

C'è Meno Busto in TV

Anche ieri sera, gurdando la puntata di SuperQuark, mi sono detto che il Comune di Busto Arsizio ha perso l'ennesima occasione di essere in una vetrina nazionale. Veniva presentata l'esperienza del comune di Torraca, in provincia di Salerno (non Treviso o Bergamo) e a parlare era il sindaco della città, Daniele Filizola. Avrei preferito cento volte che a parlare fosse il mio sindaco, di cui non condivido le scelte politiche, ma che come rappresentante della città mi avrebbe ugualmente riempito il cuore di gioia.
Perchè Farioli ha perso questa occasione? Perchè nell'autunno del 2006 io avevo proposto a lui di diventare la prima "città a led" d'Italia (e forse del mondo), nel quadro dell'iniziativa legata alla riqualificazione di MalpensaFiere e del Centro di Ricerca sulle energie rinnovabili.
Ora i numeri dell'iniziativa ce li dà questa amministrazione campana: un risparmio energetico del 65%, una riduzione dei costi di manutenzione del 50% e dell’inquinamento luminoso del 90%.
Alla fine di luglio è stato annunciato dall'Assessore Armiraglio che la città ora passerà a questo tipo di illuminazione: ci sono voluti tre anni di tempo e non è bastato un ex sindaco leghista, membro del consiglio di amministrazione di ENEL per capire l'importanza di questa iniziativa.
Che, sia ben chiaro, nasce sempre da una nostra idea: lo scorso anno, a seguito di una mia interrogazione, ho fatto notare all'Assessore Armiraglio come la nsotra spesa annuale di quasi un milione di euro per l'illuminazione pubblica poteva essere drasticamente ridotta di almeno la metà. Per fortuna Alberto è persona ragionevole, tanto che non ho problemi ad affermare che è anche un amico sincero, ed ha raccolto la mia raccomandazione è l'ha portata avanti.
Qui non si tratta di primogeniture di idee o iniziative, si tratta solo di fare l'interesse della città, che non è solo economico (altrimenti arriva la Corte dei Conti), ma soprattutto di immagine e di autorevolezza: hai voglia a fare tutti i "Più Busto" del mondo, sarebbe bastata questa iniziativa per darci la vetrina di una trasmissione da oltre 5 milioni di spettatori per 10 minuti.
Invece andiamo su trasmissioni di ben altro tenore per 10 minuti al sabato mattina facendo la figura degli imbecilli. Complimenti!

giovedì 20 agosto 2009

L'anziano e la solitudine

Oggi vorrei affrontare con voi un tema che solo apparentemente è legato al periodo estivo: gli anziani e la solitudine. Un tema che ha due soggetti distinti, e non necessariamente legati indissolubilmente: non sempre essere anziani significa essere soli e non sempre la solitudine è un problema ristretto agli anziani.
Di certo però, in estate, per gli anziani questo problema diventa più evidente: figli e nipoti vanno in vacanza, non ci sono vicini che vogliano passare parte del loro tempo a parlare con anziani soli, anche i servizi sociali vanno in ferie e le risorse latitano. Non restano che i volontari, anche loro in numero ridotto, e non sempre (anzi, ben difficilmente) a conoscenza di tutti coloro che vorrebbero ricevere una visita, trovare il conforto di un colloquio, poter raccontare le proprie storie di gioventù, che almeno nel ricordo trovano una dimensione più vicina. Spesso figli e nipoti hanno sentito queste storie decine, centinaia di volte e, in funzione di come sono stati educati, ascoltano con sorridente pazienza, con distratto interesse o arrivano a dare dell'arterosclerotico al congiunto.
Gli anziani costituiscono una fascia di popolazione sempre maggiore, per il miglioramento della qualità della vita e delle cure farmacologiche, e nel giro di pochi anni le persone con più di 65 anni diverranno la maggior parte della popolazione, e credo sia tempo di pensare seriamente alle conseguenze sociali di questo evento, non solo in termini di spesa sanitaria ed assistenziale, ma anche come miglior utilizzo della "risorsa anziano", magari attraverso attività para-lavorative, andando a progettare e creare una serie di attività che possano coinvolgerlo e motivarlo ad una vita più attiva anche dopo il termine dell'attività lavorativa. Alcuni esempi già esisitono. Di conseguenza, però, una domanda: quando si diventa anziani? Quando si va in pensione? Per età o per motivazioni psicologiche? Possono esistere "anziani" in giovane età? Credo di sì.
L'anziano percepisce il decadimento della propria salute, che talvolta viene vissuta in maniera serena, in molti altri casi diventa vera e propria ansia: non si esce di casa per mille paure di ciò che può accadere, soprattutto se vi sono problemi di mobilità.
Anche così si finisce schiavi della televisione e dei suoi messaggi, paure del presente che proiettano lunghe e tetre ombre sul futuro.
La solitudine, dicevo, non colpisce solo gli anziani, ma gli anziani si sentono maggiormente esposti ai rischi della solitudine, non fosse altro che se a loro dovesse succedere qualche cosa, un malore o un incidente domestico, ben difficilmente potrebbero trovare soccorso da chi ignora o non fa molto caso a loro.
Le cronache raccontano di anziani trovati morti in casa dopo giorni e giorni che nessuno li vedeva, o per caso, perchè qualcuno sentiva "cattivo odore". E forse questo non è nemmeno il peggio. Perchè vi sono persone (dovremmo definirli criminali) che di situazioni di solitudine approfittano per truffare, rubare, umiliare i poveri anziani, portare via loro le poche o tante risorse arraffando o, in modo anche più perfido, entrare nella loro vita per diventare autentiche sanguisughe che poco a poco succhiano loro non solo i soldi, ma anche la vita.
E sono più vicini di quanto si possa credere...

mercoledì 19 agosto 2009

Berlusconi sotto accusa

Vorrei partire da un video. Per vederlo cliccate qui.
Se siete riusciti a vederlo (mi auguro di sì), a prescindere dalle vostre idee politiche, mi auguro che almeno vi siate chiesti se non esiste un problema di libertà costituzionale violato. Io credo che anche chi sta in maggioranza abbia il dovere di indignarsi, a prescindere dai contenuti, perchè la libertà di manifestare le proprie idee ed opinioni, nel rispetto delle leggi, è sancito dalla carta costituzionale: "Art. 19 : Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere" .
Mi accorgo che ultimamente sono costretto a richiamare con una certa frequenza la nostra Costituzione, ad appellarmi all'unica carta istituzionale alla quale tutti dobbiamo rispetto e che ancora ci garantisce i diritti fondamentali della convivenza civile.
Nello specifico, da L'Aquila attendo notizie più certe e di prima mano da parte dei ragazzi che la scorsa settimana hanno dedicato una settimana delle proprie ferie per andare ad assistere questi concittadini terremotati, per sapere da loro quale sia la reale situazione e quale sia la loro percezione delle cose. Meglio da loro che da certe fonti così inquinate.
D'altra parte, Berlusconi ha ben ragione di essere preoccupato. L'intervento di ieri contro Avvenire manifesta apertamente la sua paura di essere abbandonato dall'area di voto cattolica. Ho già avuto modo di chiarire (vedi) che almeno il 75% dei cattolici vota centrodestra; personalmente appartengo al 25% che la pensa diversamente. E l'opinione di Avvenire non è così balzana come la descrive il Premier: abbiamo visto con quanta cautela il quotidiano dei Vescovi sia arrivato a definire la propria posizione, c0n quale prudenza si siano pesate le parole.
Per questo Berlusconi più che intervenire contro Avvenire, ha voluto mandare un messaggio al proprio elettorato: non rinuncio alla battaglia. Nei modi e con le armi che gli sono solite, l'offesa e la menzogna. Ma di questo è giusto che ormai se ne occupi la Gliustizia ordinaria, ci sono degli atti che gli inquirenti stanno vagliando e se abbiano rilevanza penale o meno lo decideranno loro (sempre che ancora una volta non li si voglia accusare a priori come toghe rosse).
Ma andiamo avanti. Tutti sappiamo che Berlusconi è anche il presidente del Milan, ed in quella veste ha manifestato le proprie ansie riguardo giocatori che pretendono ingaggi milionari che sono un insulto per i cittadini anche in rapporto al grave momento di crisi che stiamo vivendo. Per questo chiede un tetto alle retribuzioni e dice di averne parlato anche con Platini.
Ma allora la crisi esiste! Ma allora anche per il calcio, il dio supremo dei divertimenti, questo è un momento sul quale riflettere! Mentre quando egli parla in veste di Presidente del Consiglio la crisi non esiste, è superata, siamo meglio degli altri paesi... Beh, non vi presento qui tutti i filmati e gli audio che documentano le sue affermazioni, le potete facilmente ritrovare negli archivi di RAI e altre fonti giornalistiche.
Purtroppo credo che tutto questo ancora non basti a convincere in modo concreto gli italiani che Berlusconi sia persona inaffidabile e pericolosa per la democrazia. La sua capacità mediatica di superare la realtà con la propria ieratica presenza riesce ad ipnotizzare ogni e qualsiasi persona che abbia, di base, un'avversione ad un'idea di Sinistra, anche labile. Queste persone hanno solo bisogno di una presenza in grado di "proteggerli" da questa minaccia, dal comunismo (quasi solo un'icona, ormai), da un socialismo reale che non esiste più nemmeno in Cina, tanto che i maggiori paesi del globo, Italia in prima fila, fanno a gara per avere relazioni commerciali con lei.
No, amici. Così non può andare avanti, non ci sono ragioni che possano giustificare questo modo di interpretare la realtà, di manipolare l'informazione, di gestire il potere, di passare messaggi falsi al Paese, di ingannare la gente. Questo credo che sia il messaggio di Avvenire quando dice, attraverso il suo direttore: "la gente è riuscita a individuare le riserve della Chiesa? Ebbene, la risposta che a me sembra di poter dare – ma il mio è comunque un ambito di osservazione limitato – è che la gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato". Questo è un atto di accusa chiarissimo.
Queste sono le parole che turbano Berlusconi, queste sono parole che non possono lasciare in pace l'animo di alcuno che abbia a cuore la verità ed il rispetto della democrazia.

lunedì 17 agosto 2009

Basta insultare i simboli del Paese

Ho già parlato la scorsa settimana di lingua e dialetto, di bandiera e bandiere. Ma pare che a qualche nostro Ministro della Repubblica, nella fattispecie Umberto Bossi, a nome del partito che rappresenta e che governa l'Italia, in questo momento piaccia parlare di lingua, bandiera e Unità d'Italia come se stesse ritornando su posizioni secessioniste.
Io non credo che stia solo alzando il prezzo della sua fedeltà al Governo Berlusconi, cosa fin troppo semplice e ovvia, sebbene resterebbe grave il tipo di atteggiamento. Penso che Bossi ormai si senta abbastanza forte da pretendere non solo il Federalismo in termini costituzionali, ma voglia andare oltre, arrivare alla Repubblica del Nord e minare l'unità d'Italia.
Se un Ministro della Repubblica Italiana che ha giurato fedeltà alla Costituzione dire in pubblico, durante un incontro politico, una cosa del genere, senza che succeda nulla o semmai si senta qualche rimbrotto da parte della sua stessa maggioranza, ciò sostanzia il grado di deterioramento delle istituzioni che questi governi di destra, ed in particolare quest'ultimo, hanno causato alla nostra nazione.
La bandiera italiana viene descritta nell'articolo 12 della Costituzione: simbolo della Patria e dell’ Unità nazionale nonché dei sacrifici del Popolo Italiano per riconquistare libertà, dignità e indipendenza. L'inno di Mameli o Canto degli Italiani non è sancito dalla Carta Costituzionale, ma ugualmente è parte della nostra storia, della nostra identità nazionale.
Chi non ricorda nell'estate del 2006 il milione e passa di persone che a Roma festeggiavano la Coppa del Mondo di Calcio appena vinta cantando l'inno a squarciagola?
Forse non lo cantava Bossi, non lo cantava qualche leghista duro e puro, ma tanti italiani, molti di più che non quattro sparuti leghisti, lo cantavano e lo cantano.
Con gioia e senza chiedersi di che colore partitico, ma solo perchè con quell'inno e quella bandiera ci si sente italiani. Io non vorrei mai che il percorso che ha portato il nostro paese da nazione libera ed indipendente, che lottò contro il Fascismo per la propria libertà, che ha attraversato la storia per migliaia di anni, con un contributo di cultura e di lingua fondamentali anche per la stessa unità europea, venga ora messa in dubbio da questi rigurgiti di nordistica autarchia. Guai a voi!
Se chi sta nel Governo oggi non ama questi simboli, non onora la Costituzione e non rispetta l'Unità del Paese, se ne vada! Io posso e devo accettare per le leggi della democrazia un Governo eletto dal popolo che manifesta ed applica idee diverse dalla mia fede politica, ma non diverso nella concezione di Nazione e dei simboli che la identificano così come definita nella Costituzione Italiana. Se questo accade, o il Governo caccia chi non rispetta queste leggi, o ne diventa complice.
Abbiamo già dovuto subire in passato affronti dallo stesso soggetto come quelli che "con la bandiera italiana mi ci pulisco il culo", o il dito medio di un anno fa all'inno italiano. Adesso basta!
In questo momento si svela che l'antimeridionalismo della Lega è sempre stato lì, pronto a colpire, come il ben noto Salvini ci ha ricordato con il suo canto goliardico sui napoletani qualche settimana fa.
Forse si pensa di scherzare, ma qui è ora di smetterla: italiani, se ci siete, fatevi sentire contro questo imbarbarimento delle tradizioni e della cultura nazionale. Abbiate finalmente il coraggio di affermare la libertà di un popolo, distinguendovi dagli egoismi e dalle vessazioni di pochi.
Ed ufficialmente, come cittadino italiano, per quello che conta, chiedo le dimissioni del Ministro leghista Umberto Bossi. E Berlusconi si prenda le sue piene responsabilità in merito a questa faccenda.

venerdì 14 agosto 2009

Il valzer dei direttori dell'informazione privata

Un mio amico mi suggerisce che agosto è il mese giusto se devi fare qualche cosa che sfugga all'opinione pubblica, troppo distratta dalle ferie di agosto. Lo scorso anno il Governo fece la porcata della privatizzazione dell'acqua, oggi è la volta del cambio dei direttori delle testate fedeli al Governo. Con un gioco di trottola mica da ridere.
Vediamo: cominciamo con il piatto forte, il rientro di Vittorio Feltri come direttore al Giornale, quotidiano di famiglia di Berlusconi e del partito; al suo posto, a Libero (chissà perchè questi nomi mi suonano falsi) prende la direzione ad interim Gianluigi Paragone, già vice di Feltri e prima direttore de La Padania, quotidiano leghista, e di Rete55, la televisione locale più vicina ai fatti di Busto Arsizio.
Paragone però è in attesa di un riscontro definitivo per un posto in RAI, come vicedirettore di TGUno. Risolto in qualche modo il caso Paragone, a Libero entrerà Maurizio Belpietro, altro nome famoso della cerchia del Premier, proveniente da Panorama. A lasciare il Giornale è Mario Giordano, che assumerà la guida del telegiornale di Canale5, il TG5. Pare proprio che parte della responsabilità di questo frullato di direttori sia stato innescato dalla reticenza con la quale Giordano abbia sostenuto il Premier nelle recenti vicende che lo hanno visto protagonista dello scandalo rosa dell'estate.
D'altra parte Giordano è tutt'altro che stupido e incoerente. Cattolico e padre di famiglia (ha quattro figli), non può aver digerito bene la questione dei festini di Berlusconi, ormai supportati da una abbondante documentazione anche giudiziaria. La sua reticenza è stata punita.
A chiudere il giro dei direttori rimane Giorgio Mulè, che assume la direzione di Panorama proveniendo da Studio Aperto, il telegiornale di Italia1.
Il tutto, ma qui siamo nel pettegolezzo, condito da stipendi milionari, smentiti dai diretti interessati (si parla di 3 milioni a Feltri, 5 a Belpietro, oltre a svariati premi milionari) senza però precisare quanto effettivamente percepiranno di stipendio e premi.
Mi vengnono spontanee alcune considerazioni.
Uno: giornali di famiglia, emittenti televisive di famiglia...tutto questo balletto ruota intorno all'informazione targata Berlusconi, unico Presidente del Consiglio di un paese occidentale inserito nell'Unione Europea e nella NATO in grado di avere al proprio servizio stampa e televisione. Infatti, oltre a controllare direttamente queste testate, controlla la RAI, televisione di Stato, e la raccolta pubblicitaria, vero motore di tutto il sistema dell'informazione.
Due: il valzer dei direttori sta anche a significare che se qualcuno sgarra, paga. O si è fedeli alla linea, o si salta. E per farlo, non ci sono mezze misure. Questo però si riversa sulle redazioni e su tutti i collaboratori ed il personale di queste testate. Chi è dentro queste cose e le conosce (anche senza scomodare Montanelli: rileggetevi cosa disse di Berlusconi quando lasciò il Giornale dopo averlo fondato), sa quali siano i sistemi coercitivi che vengono esercitati sui lavoratori. Uso con forza questo termine, per sottolineare che lavorare in un'azienda di informazione non vuol dire necessariamente condividerne le linee politiche (più che editoriali, anche se spesso coincidono), ma che così si rischia di vedere applicate forme di mobbing se si espimono pareri ed idee diverse da quelle attese.
Tre: nascosto in mezzo a tutto questo ritorna a Il Giornale un certo Renato Farina, ex agente segreto con il nomignolo di "Betulla" e giornalista già espulso dall'ordine, colui che recuperò il filmato con l'uccisione di Quattrocchi e che ora è parlamentare del PdL. Condannato a sei mesi per favoreggiamento sul caso Abu Omar, ebbe la condanna trasformata in una multa di 6.800 euro.
Per questo chiudo questo mio post augurando a tutti coloro che avranno avuto la benevolenza di leggermi fino qui i migliori auguri per un sereno Ferragosto e con il quarto punto, forse quello più importante: l'articolo 21 della Costituzione Italiana. L'articolo che sancisce la libertà di stampa e, considerati i tempi che cambiano, la libertà di informazione. Quello che nella costituzione americana è il Primo Emendamento.
Noi ce ne scordiamo spesso, chi governa con queste leve tra le mani può cambiare le regole del gioco ed aver citato Farina sta a sottolineare questo: fu espulso dall'Ordine dei Giornalisti perchè inventò notizie false sul conto dei politici del Centrosinistra ed in particolare Prodi. Ma questo l'opinione pubblica non lo sa, e lui è ora parlamentare. Non so se domani sarà fra coloro che andranno a visitare i carceri italiani, ma penso che in ogni caso egli dovrebbe riflettere.
Fatelo anche voi. Auguri.

«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. »
(Costituzione della Repubblica Italiana, Articolo 21)

giovedì 13 agosto 2009

Lingua italiana e lingue straniere

Vorrei sfruttare l'occasione di riflessione che mi offre l'amico Alberto che ha commentato il mio post su "Il dialetto e l'intelligenza" per approfondire il tema, se possibile. Ha ragione lui quando afferma che sarebbe meglio allargare gli orizzonti, anche attraverso la migliore conoscenza delle lingue straniere (permettimi Alberto, ormai anche il solo l'inglese potrebbe essere insufficiente), non rinchiuderli su se stessi come cartoni dopo l'uso.
Proviamo un attimo a pensare che questa proposta sia seria e vada realizzata: quanto tempo ci vorrebbe per definire la didattica del dialetto (a proposito, quanti dialetti e quali? In Italia ne abbiamo centinaia...), preparare le grammatiche ufficiali (non mi risulta ne esistano, i dialetti sono per lo più lingue parlate e quasi mai scritte), formare gli insegnanti ed immetterli (a quale titolo?) nel circuito dell'istruzione. Credo che se si volesse anche fare una cosa arrangiata, ci vorrebbero almeno 3/5 anni. E i costi di questa operazione? A carico di chi resterebbero? Prima di fare certe proposte, almeno si dovrebbe verificarne fattibilità, tempi e costi, visto che stiamo parlando di politici che devono amministrare un Paese come l'Italia e che oggi serve anche un certo grado di istruzione, purtroppo non sempre indice di intelligenza. Da qui anche il titolo del mio precedente post.
Questo passaggio mi dà modo, invece, di parlare della lingua italiana, quella che davvero dovrebbe essere patrimonio comune e che invece viene spesso bistrattata e confusa tra dialetti e lingue straniere.
La nostra bella e complessa lingua, forse non facile da imparare come altre, ma sicuramente molto più interessante per le caratteristiche linguistiche e lessicali che la arricchiscono, è espressione di millenni di storia: dai latini ha tratto la matrice iniziale, già con influssi greci e poi, col passare dei secoli, attraverso il volgare, ha iniziato una trasformazione che l'ha portata ad essere l'idioma che oggi conosciamo. La lingua esprime anche l'amore per la propria nazione.
Ma ultimamente questa bella lingua ha dovuto subire l'onta della commistione sempre più forte, sempre più intensa, delle altre lingue straniere ed in particolare dell'inglese, che la sta cambiando in modo pericoloso ed estremamente rapido.
Vi sono parole entrate nell'uso comune come weekend, fast food, marketing, outlet, speaker, team, fiction, budget, flash, trendy, fashon, gossip, business, spoiler, card, manager, meeting, mobbing (oppure che usiamo nel nostro gergo di internet, come: webcam, mouse, home page, hardware, display, file), che ormai usiamo abitualmente nel nostro parlare quotidiano; a queste parole ne dobbiamo aggiungere altre che sono autentici neologismi anche per lo stesso inglese, addirittura alcune non esistono nemmeno in inglese, ma noi le utilizziamo anche con una certa naturalezza.
Parole come performante, routinario, splattato, poggare derivano da parole e verbi inglesi italianizzati. Un inquinamento che fa perdere di dignità alla nostra lingua.
A questo punto mi sembra di sentire qualcuno che obietta: ma come? prima mi dici di imparare le lingue, l'inglese e tutto il resto, di non rinchiudermi nel mio dialetto, ma poi mi obietti di non usare parole straniere nella lingua italiana? Certo!
Vorrei far presente che non c'è contraddizione: rispetto la lingua straniera, ne incoraggio lo studio, ma vorrei che parimenti fosse rispettata la lingua italiana. E questo lo dico proprio ai miei concittadini italiani: possibile che non possiate trovare una parola o un verbo che dica in italiano la stessa cosa che vi siete ormai messi nella testa solo in inglese? Tenete presente che molte persone anziane non hanno la possibilità di aver studiato le lingue da giovani e quando oggi i telegiornali usano tutto questo fiorire di termini stranieri, essi restano per lo più lontani dalla completa comprensione dei discorsi che vengono fatti. O forse è proprio questo lo scopo: creare una frattura generazionale?
Mi auguro di no, e reclamo dignità per la lingua italiana, anche nel rispetto dei tempi e dei modi verbali, senza scambiare continuamente congiuntivi con condizionali, usando con maggiore attenzione il passato remoto al posto del triste passato prossimo (molto diffuso in Lombardia), facendo anche attenzione alla corretta associazione tra articolo e nome: lo psicologo, non il psicologo. Eppure, quante persone anche colte vanno in televisione e parlano senza rispettare regole e grammatica. E magari lasciamo spazio anche a qualche espressione di origine dialettale come: "Cala il cane che lo piscio", oppure "arriva già mangiato". A queste frasi possiamo anche sorridere.

mercoledì 12 agosto 2009

Avvenire chiarisce, i cattolici italiani capiranno?

Dal sito di Avvenire, prendo la risposta data dal Direttore, don Dino Boffo, proprio oggi ad un prete, tale don Matteo, che lo sollecita ad una risposta chiara della Chiesa sui recenti fatti che hanno visto protagonista negativo il Presidente del Consiglio Berlusoni:
"Credo che la «ponderazione» di quelle che ci appaiono le condizioni migliori affinché l’annuncio del Vangelo risuoni nitido nella coscienza dei nostri contemporanei non debba mai, proprio mai, abbandonarci. E che questo sia come un assillo che ci tormenta e giudica ogni nostra parola, ogni nostro silenzio. Nessuno dei potenziali interlocutori dovrebbe trovarsi a pensare che parliamo o taciamo per «interesse» personale, per qualche esplicita o inconfessabile partigianeria. Certo, anche noi siamo immersi nella società delle opinioni, spesso caotica e pigra nelle sue analisi. In troppi cedono alla tentazione di reagire con un giudizio netto e definitivo al semplice frammento estrapolato da un discorso ben più complesso. Stiamo al caso nostro. Sull’atteggiamento assunto dalla Chiesa nei riguardi delle scelte «private» del premier Berlusconi sui giornali si sta dicendo un po’ di tutto: «Repubblica» può permettersi un giorno di dire che si è arrivati da parte nostra a «scomunicare» Berlusconi e il giorno successivo asserire il contrario. Opinionisti famosi si alternano e allegramente si contraddicono, senza avvertire minimamente l’esigenza di argomentare la tesi sostenuta. E questa non è una variante indifferente. Ovvio che non si debba parlare soltanto per avere il plauso dei giornali, lo diceva non a caso l’altro giorno il cardinale Bagnasco. Ma nel ponderare le condizioni di innesto del Vangelo non si può trascurare il «contesto». Io ad esempio, per il mestiere che faccio, non posso non tenere conto degli sfottò che mi arrivano nell’arco delle ventiquattr’ore da personaggi del calibro di Francesco Cossiga o di Giuliano Ferrara. Per questi non è certo vero che «Avvenire» abbia parlato flebilmente, e dietro «Avvenire» è chiaro che costoro vedono altri. Voglio dire, don Matteo, che la domanda che conta in queste circostanze è, a mio avviso, la seguente: la gente è riuscita a individuare le riserve della Chiesa? Ebbene, la risposta che a me sembra di poter dare – ma il mio è comunque un ambito di osservazione limitato – è che la gente ha capito il disagio, la mortificazione, la sofferenza che una tracotante messa in mora di uno stile sobrio ci ha causato. I più attenti hanno compreso anche i messaggi specifici lanciati fino ad oggi a più riprese. Non è vero che quelli degli esponenti della Chiesa italiana siano stati interventi casuali o accenni fugaci impastati dentro a testi di tutt’altro indirizzo. Ciò che si è detto, lo si voleva dire. Esattamente in quei termini. Ripeto l’analogia fatta dialogando con il suo confratello don Gornati. Immagini che una situazione simile a quella vissuta in ambito nazionale si verifichi nell’ambiente in cui lei opera. Come parroco, sono certo che intensificherà le occasioni in cui essere ancor più prete, ancor meglio annunciatore delle esigenze del Vangelo. Dubito molto che si metterebbe a sbraitare fino a organizzare la dissidenza, fino a far nascere il dubbio che l’esito politico della faccenda le stia a cuore più della chiarezza del Vangelo. Ecco, questo mi pare il criterio con cui i vertici del nostro episcopato si sono mossi, in una logica magisteriale che è in continuo divenire".

Il dialetto e l'intelligenza

Una volta c'erano i governi balneari, governi che venivano nominati a giugno per durare fino a settembre. In pratica, servivano solo per passare istituzionalmente l'estate. Poi i governi sono diventati più duraturi ed hanno sfruttato alcune settimane estive per andare in vacanza.
Ma siccome la stampa ha sempre bisogno di notizie perchè i giornali si fanno anche d'estate, sono nate le notizie balneari, le news sotto l'ombrellone della politica. Sembravano cose innocue, più che altro a sottolineare aspetti consueti di vita familiare che rendevano i personaggi più vicini ai normali cittadini: dalla bandana di Silvio alla barca di D'Alema.
Ma adesso non si va più in ferie nemmeno ad agosto, non si concede ai cittadini nemmeno una piccola pausa alle sparate della politica. L'ultima in questo senso arriva da un ministro della Lega, che propone le fiction in dialetto. Quella immediatamente precedente è di Berlusconi che chiede privacy per se e la famiglia (e questo è un suo sacrosanto diritto), e per questo pensa di mettere mano alla legislazione. E no, ancora una legge ad personam non si può tollerare!
Ma torniamo al nostro ministro leghista Zaia, che chiede le fiction in dialetto. A parte che la cosa cade a pennello con l'apertura dei teatri di posa di Milano alla ex Manifattura Tabacchi e con la proposta di trasformazione di MalpensaFiere in MalpensaStudios, la cosa ha qualcosa di inquetante in se. Vorrebbe forse dire che il prossimo Montalbano sarà unicamente recitato in siciliano? O che Don Matteo 7 sarà doppiato in stretto dialetto umbro?
No, in realtà credo proprio che il riferimento sia a sfruttare le nuove piccole e grandi Cinecittà lombarde per far nascere una sorta di nuova cultura televisiva "del Nord".
Ma se si ascoltano le voci di Milano, si potrebbe avere una grossa sorpresa. Credo che Milano sia la città più cosmopolita d'Italia, si sentono tante lingue e tanti dialetti, ed in realtà il dialetto milanese è forse quello meno presente. Ormai lo parlano solo le persone anziane, pochissime sono le persone giovani che lo adottano come parlata comune.
Diverso il discorso nelle piccole città, soprattutto tra Bergamasca e Bresciana (per limitarci alla Lombadia), ma a voler ben vedere, alcuni passaggi di questi dialetti sono quasi incomprensibili al resto degli stessi lombardi. Volete provare? Fate una gita a Bergamo Alta (località stupenda, per cui da sola varrebbe la pena del viaggio) e cercate di parlare con un cittadino locale nel suo dialetto. Credo possa essere impresa ardua, eppure Bergamo dista meno di 50 chilometri da Milano.
Ora pongo io una domanda: ma perchè onorevoli, deputati, senatori, ministri ed eminenti personalità, almeno per quindici giorni d'estate, non si godono le vacanze come tutti gli altri umani che popolano questa penisola e la piantano di rompere i maroni, non intendendo il Ministro, ovviamente? Perchè i cittadini devono mantentenere questi personaggi con un mucchio di soldi per sparare scemenze a ripetizione e senza risolvere (anzi negando) i gravissimi probemi che affliggono l'Italia? Perchè non se ne vanno in Afghanistan a trovare le truppe e non si fanno anche un paio di giorni di pattuglia sui mezzi blindati, così da capire cosa vuol dire stare in territorio di guerra? Perchè non provano a campare con tutta la famiglia con 1.200 euro al mese di agosto, per vedere come si sta? Perchè non rinunciano a fare le proprie ferie e non vanno a dare una mano ai terremotati in Abruzzo? Perchè non fruttano questi pochi giorni di pace per pensare magari ai propri di problemi, alla propria famiglia, ai figli se ne hanno, alla propria vita fuori dal dorato mondo dei palazzi romani? Perchè non provano a stare zitti due ore ad ascoltare solo il silenzio, alla ricerca di segnali di intelligenza e di dignità personale riguardo la propria azione politica?
Questa è la parte di democrazia che apprezzo di meno.

martedì 11 agosto 2009

Bagnasco: finalmente parole chiare

"Sembra che il bene e il male dipendano dall'opinione pubblica", come se "ciò che è morale o immorale dipendesse, in fondo, dai numeri" da quello che gli altri, "rappresentati come maggioranza, pensano sui valori".
E' quanto afferma l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco, sottolineando - nell'omelia per la festa di San Lorenzo - che quello dell'opinione pubblica è forse "il più subdolo e strisciante" dei "poteri ingiusti che vorrebbero imprigionare la libertà della Chiesa e dei cattolici". "A dire il vero - prosegue il cardinale - c'é anche chi ritiene e proclama che non ha più senso parlare di moralità e di immoralità, poiché, essendo impossibile, essi pensano, conoscere la verità delle cose, ognuno decide individualmente e assolutamente ciò che è bene o meno, basta non disturbare troppo gli altri".
Come è esperienza di tutti, col passare del tempo questo "disturbare non troppo" restringe sempre di più il suo campo, e la libertà individuale, coincidente con le voglie e le emozioni individuali, si allarga sempre di più nell'affermazione di sé".''E' questa una vera e propria ideologia - afferma il cardinale Bagnasco - che mina alla radice la costruzione della persona: essa, in questo modo, non e' riconosciuta responsabile di se', ma e' consegnata in balia di se stessa, senza punti di riferimento etici, senza principi di fondo universali e assoluti. Si trova smarrita e frantumata''. L'opinione pubblica ''minaccia la liberta' del credente'', e' una ''vera e propria ideologia che mina alla radice la costruzione della persona''. ''San Lorenzo - afferma Bagnasco - ha resistito di fronte alle pretese ingiuste dell'imperatore Valeriano che gli intimava di consegnargli tutti i beni della Chiesa di Roma. Ma ha dato la vita''. All'imperatore, che in quel momento storico aveva la pretesa di ''definire il bene e il male in modo arbitrario'', oggi corrisponde, secondo Bagnasco, il dominio dell'opinione pubblica, forse ''il piu' subdolo e strisciante'' dei ''poteri ingiusti che vorrebbero imprigionare la liberta' della Chiesa e dei cattolici''.
Agenzia ANSA del 10.8.2009 - Finalmente una parola chiara della Chiesa, dopo i tanti "detto e non detto" dei mesi passati. Credo che ogni riferimento alla situazione politica italiana attuale sia assolutamente voluto e, di conseguenza, deriva un netto giudizio anche alla moralità del Presidente del Consiglio. E' ora che i cattolici riflettano su queste cose non solo dal punto di vista del loro interesse economico e sociale, ma prima di tutto della moralità richiesta come fedeli.
E' da tempo che mi batto per questo, forse senza avere un seguito folto, ma convinto che le mie idee ed i valori che ho appreso durante la mia vita mi obblighino a dire queste cose anche se fossi rimasto l'ultima persona sulla Terra ad affermare questi principi.
Mi piacerebbe che potessero riflettere su queste cose soprattutto coloro che meno di altri potranno essere raggiunti, ovvero pensionati e casalinghe che hanno come unica fonte di informazione la televisione, che purtroppo tende a non fornire elementi di giudizio su questi argomenti. Allora invito i figli ed i nipoti di queste persone a diventare protagonisti della loro informazione: portate queste notizie e questi spunti di riflessione a chi è raggiunto da notizie date a senso unico, perchè oggi è facile instaurare un regime basandosi solo sulla disgregazione dei valori e sulla leva di una opinone pubblica addomesticata.

lunedì 10 agosto 2009

La notte di San Lorenzo

10 agosto, San Lorenzo. Stanotte inizierà il fenomeno delle stelle cadenti, mentre Milano stenta a risvegliarsi, questa mattina. La settimana di Ferragosto è iniziata. Per molti le ferie erano già iniziate almeno la settimana scorsa, per alcuni addirittura prima, e per molti non si sa cosa potrà voler dire il mese di settembre.
Le voci di possibili ulteriori perdite di posti di lavoro (200.000 appunto a settembre) erano nell'aria da tempo, ma come sempre, finchè le cose non si concretizzano, la speranza rimane l'unica cosa che nessuno ci può togliere.
Il posto di lavoro visto e pensato durante la notte di San Lorenzo, quella delle stelle cadenti, quella dei desideri da esprimere. Verrebbe quasi voglia di raccomandarsi al santo e di pregarlo di non fare come qualche nostro leader politico di governo, che preferisce infarcire la gente di balle piuttosto che riconoscere di aver fallito.
I dati sono evidenti: Prodotto interno lordo (PIL) a -6%, livello di disoccupazione che viaggia ormai verso il 9%, calo della produzione industriale a giugno, il mese che tutti pensavano essere il giro di boa della ripresa industriale.
A questo punto Tremonti dovrebbe essere più chiaro: chi vuole prendere in giro?
Confindustria? I lavoratori? I pensionati? Il Paese? Credo che ormai non ci siano molte persone che possono credere alle favole che racconta il Governo. Eppure...
Eppure dal cilindro di questo stupefacente Governo (l'aggettivo è voluto e ricercato) si tirano fuori cose di quarant'anni fa: la Banca del Mezzogiorno e le gabbie salariali. E perchè non la scala mobile detta contingenza? O il cottimo? Oppure pensa di legalizzare il lavoro nero...
Mi fermo perchè non vorrei dare troppi suggerimenti a questo Governo di cialtroni. Chi mi legge solitamente sa che misuro le parole, ma in queste circostanze mi sembra che si sia superato ogni limite.
A cominciare dal fatto che nel corso di un accordo Russo-Turco appaia (a che titolo?) il nostro Berlusconi a benedire l'accordo stesso. Oppure che il governo Libico, ormai amico del nostro paese, avendo messo da parte ogni antico odio coloniale, decida di allargare a 72 miglia il limite delle proprie acque territoriali, arrogandosi il diritto di sequestrare i pescherecci di Mazara del Vallo, in quella che è l'antica rivalità per la pesca nel Canale di Sicilia.
In questo momento pure piove, Governo Ladro. La conoscete l'origine di questo detto? Fu quando il Governo inglese, alla fine dell'Ottocento, introdusse una tassa sull'ombrello. Non ditelo a Silvio, che altrimenti ce la mette subito.
La RAI se ne va dal satellite di SKY, coloro che non possono vedere la RAI attraverso i canali in chiaro perchè il proprio territorio non è raggiunto dal segnale, minacciano di andarsene. Credo invece che sia solo un'opportunità per loro: evitare di vedere notiziari dove per 15 minuti si elogia l'azione del Premier Berlusconi e per 15 si fa gossip. Che tristezza... neanche fossimo in Corea del Nord.
Ma in più di 60 anni di storia repubblicana, si era mai arrivati ad un livello di pratica politica così basso? E soprattutto, siamo mai arrivati ad avere il popolo italiano così distante dalle istituzioni e dalla politica? Perchè questo è il vero motivo della mia indignazione: l'indifferenza della gente, l'incapacità di reazione democratica e civile che, in un contesto di finta libertà come quello odierno, caratterizza questa società.
Ci hanno talmente anestetizzato gli ideali, i valori sociali, la voglia di confronto civile barattandoli con la "poltiica del fare (male)", del decisionismo improvvisato e catastrofico, degli annunci a sorpresa, tanto che ormai siamo come di fronte alle pubblicità: in attesa del prossimo shock.
Ormai siamo come ebeti di fronte a questi annunci: mentre la Lega ritratta sulle gabbie salariali su invito della restante parte della maggioranza, il Leader Maximo annuncia che "si può fare". La smentita che dura un weekend. L'incredibile che diventa vero e la notizia si accartoccia.
Stupore, sorpresa, terrore, reazione? No, semplicemente aspettiamo la prossima stronzata.
Caro San Lorenzo, ne avrai di lavoro stanotte...

venerdì 7 agosto 2009

Bustywood: manca solo la collinetta

I giornalisti sono bravi a fiutare le notizie. Prendiamo il Piano di Comunicazione del Comune: era come un faro che splendeva nella notte, quasi a richiamare la loro attenzione di navigatori nel mare delle informazioni. Come non incuriosirsi dopo le nostre osservazioni e gli atti depositati per il consiglio comunale?
Così i numeri hanno cominciato ad assumere anche una sostanza diversa, dei contorni meno generici e "buonisti". Il biscottino della pagina per le opposizioni nasconde la torta, più consistente e sostanziosa, della comunicazione gestita come arma della maggioranza alle spalle dei cittadini contribuenti.
Quello che colpisce di più è proprio la proposta di destinare MalpensaFiere alla cinematografia, traformandolo in Teatro di posa, in "Studios" tipo Hollywood. Il Presidente di MalpensaFiere non ne sapeva niente, eppure il piano di comunicazione data Novembre 2008.
Che in tutto questo periodo non si sia detto nulla alle minoranze, può anche passare, tanto questo è la norma, succede anche per atti ben più importanti: nessuna notizia fino a una settimana prima del Consiglio, quindi di corsa perchè bisogna deliberare e siccome le cose sono economicamente rilevanti occorre non perdere l'occasione.
La fissa del cinema pare essere un pallino della Lega: Bossi in persona ha voluto trasformare la Manifattura Tabacchi di Milano nel centro di produzione di fiction, sceneggiati e film della nuova capitale del Nord. Ora, come al solito, il sole ha bisogno di satelliti e allora trasforma una fiera (che aveva un senso inserita in un determinato contesto storico-industriale) in una sala di produzione cinematografica. Come dire: Bustywood. Manca solo la collinetta dove mettere il marchio.
Ovviamente questo progetto non è quotato nel piano di comunicazione, pur ingente e che a mio giudizio costerebbe tra i 300.000 e i 400.000 euro entro la fine legislatura di Farioli, e vale molto di più di queste cifre. La stessa MalpensaFiere è una struttura pubblica di ingente valore, la Camera di Commercio credo che ne sappia poco di questo progetto (forse ne sa qualcosa adesso).
Cosa possa centrare un progetto di questo tipo con un Piano di Comunicazione dell'Amministrazione davvero non si capisce. Anche il fatto che si faccia riferimento al Piano d'Area Vasta, altra bufala dell'Amministrazione, non chiarisce le finalità di questa onerosa e disgregante operazione. L'unica cosa che appare chiara è che si è passati dalla celebrazione dell'operosità bustocca (Museo del Tessile, Mulini Marzoli), alla celebrazione del Grande Nulla, dell'Illusione fine a se stessa, proprio con iniziative di grande impatto mediatico come Più Busto e questa cattedrale del Cinema, ma di nessuna sostanza e prospettiva per la crescita della città e del suo ruolo di riferimento per il territorio.
E allora? La questione non finisce certo qui, anche perchè nel piano ci sono altre sorprese...

giovedì 6 agosto 2009

Un'Orda vi sommergerà

Continuo il filo logico del post di ieri con una attualizzazione forte, fatta da un grande giornalista italiano che si chiama Gian Antonio Stella. Ho avuto l'occasione di incontrarlo lo scorso anno a Marciana Marina, come potete ricordare. La lettura del libro "L'Orda", in un primo tempo fatta forse con uno spirito "vacanziero", più distaccato, è diventata invece quasi un tormento nei mesi successivi, quando misuravo ciò che mi accadeva intorno con quanto descritto nel libro e vedevo che le situazioni che facevano stringere il cuore se lette in chiave patriottica, cioè di quello che accadeva ai nostri connazionali tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, ma fino agli anni '60 e '70 del secolo scorso, oggi accade a tanti immigrati stranieri exrtacomunitari che troviamo nelle nostre strade, nella nostra vita.
Non voglio dire che in alcuni casi la loro presenza non sia ingombrante e perfino noiosa o peggio, ma anche gli italiani rubano, truffano, rapinano, violentano e uccidono. Solo che, come al solito, fa più rumore un albero che cade, piuttosto che una foresta che cresce.
Non si è ancora capito che a lungo termine questa immigrazione è inarrestabile, per quanto si possa e si voglia fare per respingerla. Sarebbe molto più produttivo ed efficace cercare di integrare questi immigrati facilitando la loro introduzione nell'ambiente sociale e lavorativo, creando scuole di lingua per stranieri come quella splendida del nostro De Mattei, creando sportelli di accoglienza nelle strutture pubbliche e facilitando il dialogo attraverso l'opera di mediatori culturali. Se la famiglia si integra, sarà più facile che anche i figli nati in Italia possano frequentare le scuole senza bisogno di differenziare il percorso di studi ed ottenendo per loro risultati migliori nello studio e, di conseguenza, nell'essere cittadini italiani a pieno titolo.
Ricordate sempre ciò che avviene nelle adozioni: il figlio rifiutato piò diventare fantastica occasione di gioia per la famiglia che lo accoglie e per lui stesso. Non rinunciamo a questi valori.
Se non avete voglia di leggere il libro di Stella, almeno date un'occhiata al sito che fu preparato per il lancio del libro. Vi trovere immagini, testi e testimonianze che sono sicuramente molto istruttive.
Chiudo questo breve post riprendendo una notizia di attualità: la Lega vuole mettere i simboli regionali nella bandiera nazionale. La bandiera non si tocca! E' ora di smetterla con queste farneticazioni, mentre i problemi degli italiani sono altri. Siate finalmente più seri e smettetela di fare gli oppositori interni al vostro stesso Governo, per il bene di tutti e non solo di una parte.

mercoledì 5 agosto 2009

Della natura umana

Mi sono chiesto tante volte cosa avrei fatto se fossi nato in Pakistan o in Guatemala, in Cambogia o in Darfur, quale sarebbe stata la mia prospettiva di vita o, per meglio dire, di sopravvivenza. Mi sono chiesto anche come mai tanta gente che vive qui da noi, nella nostra occidentalità, cerchi sempre di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro. Se hai una casa, una macchina, stai al caldo e non ti manca il cibo, non dovrestri avere preoccupazioni, ansie, invidie che ti opprimono la vita. Eppure non è così: facciamo fatica ad essere felici del molto che abbiamo e rimpiangiamo sempre il nulla che ci manca. Pensiamo che i nostri figli debbano avere il meglio e pretendiamo che le loro cose siano sempre alla moda, altrimenti che figura ci fanno con gli amici?
Ma per chi non ha nulla, tutto questo si capovolge. La felicità si trova nelle piccole cose, tante volte si è felici quando la mattina ci si sveglia e si scopre di essere ancora vivi, di avere vicino i fratelli ed i genitori, oltre ai tanti altri che ti circondano. Non hai paura di stare vicino ad altri, perchè nella tua "tribù" le regole di vita sono semplici: cercare di arrivare a domani nel migliore dei modi. Procurarsi il cibo molte volte richiede sforzi e sacrifici, poi non è quasi mai un'operazione personale, si lavora con gli altri per trovare le risorse per tutti.
Non è un mondo ideale, anzi tutt'altro, e chi ci vive lo sa bene. Noi che stiamo da questa parte del mondo pensiamo che chi sta nella parte meno "civilizzata" non ci conosca, idealizzi una sorta di vita diversa da come noi la intendiamo. Ma chi ha frequentato quei luoghi sa che le cose sono ben diverse, oggi le tecnologie (internet, tv satellitare) permettono di vedere fatti e situazioni che sono poi esportate fino agli angoli più remoti del pianeta.
La vita in Africa è oltre la soglia di povertà per decine di milioni di persone, ogni giorno muoiono migliaia di bambini per la fame e per la sete, cosa che se dovesse succedere da noi sarebbe nei titoli di apertura dei telegiornali. Ma quanto vale una vita umana? Quanto vale se è africana, europea o asiatica? C'è una molla che scatta nella nostra mente, che probabilmente non ci è presente a livello cosciente, ma che applichiamo tutte le volte che vediamo immagini di bambini con il volto scavato, le ossa che affiorano dalla pelle e le pancie enormi, che ci fa provare tenerezza e amarezza per quei piccoli e le loro famiglie, ma non ci indigna, non ci fa urlare di rabbia per il disprezzo della vita, come invece facciamo quando si tratta di staccare una macchina ad un malato terminale per porre fine alle sue sofferenze. E' giusto tutto questo?
E' giusto tenere lontano chi affronta mille difficoltà per scappare da una situazione di fame, di ingiustizia, di guerra, per venire da noi per cercare un minimo di benessere per sè e per la famiglia che lascia nel suo paese?
Sono culture diverse che cozzano, legate a pratiche e religioni che talvolta si odiano e sicuramente si osteggiano, perchè non si considera la persona, la dignità della vita spesso offesa e disprezzata da pratiche abominevoli, come l'infibulazione. Questo ce le rende persone perfino sgradevoli e aumenta il nostro disagio nel trovarci fianco a fianco su di un autobus, quando i colori e gli odori si mescolano.
Classifichiamo le persone per la loro appartenenza etnica e su queste mettiamo delle tare, come con gli zingari e i rumeni: ladri e stupratori. Allora quando un giocatore di calcio segna gol a valanga e fa vincere scudetti all'Inter è un mito da coprire di soldi, quando se ne va ritorna ad essere uno zingaro da coprire di insulti e sputi, ed avete capito di chi parlo. Nelle classificazioni conta poi il genere (maschio o femmina) e la razza (bianca o altro colore): se sei femmina e bianca, vai bene, benissimo perchè se sei giovane puoi prostituirti, se sei di mezza puoi fare la badante, sottopagata e spesso non in regola.
Sappiamo poi che la Lega fomenta questi riti tribali, con manifesti che inneggiano alle riserve indiane e con ministri che teorizzano di usare le navi da guerra per la difesa delle coste italiche dall'invasione delle orde musulmane. Nel quasi completo silenzio della Chiesa, troppo spesso su posizioni di tolleranza a queste ed altre affermazioni quando governa la Destra, e questo mi dà veramente un grandissimo dolore ed un forte senso di disagio.
Eppure se c'è una cosa di cui sono certo è che la società viaggia ad una velocità più grande di quella che noi stessi percepiamo. Già oggi abbiamo aziende che sono di proprietà di persone che dovremmo definire "di origine extracomunitaria", ma che stanno facendo crescere come italiane.
Come già successo nella storia, tra una o due generazioni loro saranno integrati, forse saranno più italiani degli italiani di nascita attuale, addirittura saranno loro che chiederanno allo Stato (governato da un nero? di colore di pelle, intendevo; nel senso politico, lo siamo già oggi) di essere difesi da qualche altra minaccia culturale e razziale (extraterrestri?).
Ammesso che tra un paio di generazioni l'Uomo esista ancora.

martedì 4 agosto 2009

Il Diluvio sopra di noi


Oggi mi ero preparato per un altro tema, ma c'è un'attualità ed un'urgenza che merita una riflessione approfondita. L'altro tema, che reputo anche più importante, lo riprenderò domani.

Oggi parliamo di acquazzoni tropicali e rete fognaria, ovvero cosa è successo ieri a Busto Arsizio e quali siano gli errori che più frequentemente si commettono perchè non c'è una visione chiara delle cose e degli avvenimenti.

Ma andiamo per ordine. Che da qualche anno i temporali non siano più quelli di una volta lo hanno capito tutti. Assomigliano più a tempeste subtropicali, con grandi rovesci che riversano una quantità di acqua dal cielo che nemmeno l'espressione "acqua a catinelle" riesce più a creare come immagine. Questo cambiamento si accompagna al cambiamento climatico planetario in atto e che rischia di compromettere irreparabilmente l'ambiente nel giro di pochi decenni, creando danni enormi e forse anche devastazioni formidabili. Di fatto però, i singoli cittadini non hanno nè gli strumenti nè la possibilità di intervenire efficacemente.

Possiamo, anzi dobbiamo intervenire, invece, su molte lacune di carattere infrastrutturale che ormai caratterizzano quella che potremmo definire la "gestione Acqua", attraverso l'analisi e la definizione di una politica del territorio in materia di ciclo delle acque. Ne accenno, ma non ne tratto, del fatto che anche la rete idrica ha grossi problemi, con perdite enormi di acqua potabile dalla rete di distribuzione e che ci sono problemi anche con la struttura della rete stessa, con ancora diversi chilometri di tubazione in amianto.

Breve inciso politico: a me Franco Girola sta simpatico. Garbato, alla mano, non è certo il tipo di persona che mi sento di aggredire verbalmente accusandolo di essere in malafede. La sua posizione però non è e non può essere quella di chi sembra essere messo lì a fare la figura dell'incapace a vita: ha dichiarato tempo fa di volersi dimettere perchè aveva poco peso nella gestione degli affari dell'Assessorato a lui affidato, da sempre lamenta la grande penuria di risorse economiche destinate al suo bilancio.

Morale: le strade sono piene di buchi, lo stadio non si può sistemare e le fognature sono quelle di due secoli fa. Appunto, due secoli fa le cose le facevano pensando a cosa necessitava allora; perchè oggi non si riesce a fare altrettanto? Perfino i romani riuscivano a compiere più di 2.000 anni fa opere di ingegneria idraulica che ancora oggi funzionano, noi no.

Non ho le conoscenze e le capacità di critica tecnica per poter dire come stiano effettivamente le cose dal punto di vista della struttura fognaria, ma posso senz'altro affermare che, anche a causa delle mutate condizioni meteorologiche ed ambientali, alla progressiva cementificazione di tutta l'area cittadina, alla vetustà della rete fognaria, il sovrapporsi disomogeneo di interventi e della scarsa manutenzione applicata nel corso degli ultimi decenni, gli esiti nefasti di questi ultimi avvenimenti siano la sommatoria di tutti questi fatti.

E qui mi devo rapportare al Sindaco, alla sua Giunta e a tutti i Sindaci e le giunte di questi anni: avete voluto creare la città nuova, ma avete fallito.

Come un chirurgo estetico, avete curato alcuni aspetti esteriori della città, avete investito capitali ingenti senza portare reali benefici, avete modificato il profilo del naso o levato le borse sotto gli occhi della città, come con i Mulini Marzoli, il Museo del Tessile, lo stadio di atletica, la piscina di via Manara, mentre avete trascurato tutte le necessità vere, le infrastrutture (strade, fogne, marciapiedi, verde pubblico, viabilità e tanto altro), che sono i nervi, le arterie e la pelle della città.

Se i cittadini devono prendere in mano scope e catini, devono diventare vigili urbani e pompieri, allora vuol dire che non abbiamo più bisogno di una sovrastruttura pubblica la cui efficienza ed efficacia è stata totalmente azzerata dai fatti.

lunedì 3 agosto 2009

Un'estate calda e rossa di vergogna

Questo primo fine settimana di vacanze ci lascia un po' perplessi, per diverse ragioni.
La prima è che, nonostante la crisi annunciata, prevista, incipiente (trovate voi l'aggettivo gisuto), quest'anno tutti se ne vanno al mare o ai monti, alla faccia di chi pensa non sia il caso di trastullarsi. L'autunno ci dirà forse come stanno davvero le cose.
La seconda è figlia diretta della prima: visto che nessuno ha voglia di restarsene a casa, allora via sulle strade italiane. Ed allora, ecco che vengono a galla gli eterni problemi infrastrutturali della nostra penisola, dovuti un po' anche alla sua conformazione morfologica e geografica: lunga lunga, stretta stretta e con un grande cappello in testa (le Alpi e la pianura Padana).
Ma questo non basta a spiegare i 32 chilometri di coda al passante di Mestre, non serve a dipanare gli eterni problemi sulla Salerno-Reggio Calabria. A Mestre la situazione ha del paradossale: il passante serviva proprio per non andare ad imbottigliarsi sulla tangenziale, che col traffico pesante diventa una trappola mortale. Ma se non si cambia il modo di gestire i passaggi ai caselli autostradali, i veri generatori di code non appena si alza il livello di traffico, potremo costruire autostrade ad 8 corsie, sul modello americano, ma continueremo ad avere questo pessimo risultato.
Infatti, l'unico strumento in grado di eliminare questo problema si chiama Telepass, l'hanno inventato molti anni fa, ma ancora relativamente in pochi lo usano.
A mio parere, ogni entrata (e conseguente uscita) autostradale andrebbe dotata di telepass, e l'accesso impedito a chi non ce l'ha. Le nuove auto dovrebbero averlo già a bordo come la ruota di scorta o l'air-bag. Se questo avvenisse, ognuno pagherebbe il pedaggio autostradale solo ed unicamente in base ad una tariffa chilometrica stabilita uguale per tutti, e pagherebbe solo per i chilometri percorsi in autostrada, evitando di avere tratte a costi esosi (come il tratto Varese-Milano), mentre altri tratti sono praticamente gratuiti. Un'agenzia unica ridistribuirebbe poi gli incassi ai gestori autostradali, sulla base dei chilometri effettivamente percorsi sulle loro tratte.
Adesso, se qualche onorevole leghista della zona volesse prendersi anche questa idea, gliela lascio volentieri, come quella del Car-Pooling: l'importante è che si faccia qualcosa di concreto e di buono.
C'è poi un altro discorso che vorrei fare sull'efficienza di questo Governo di Centrodestra, che la maggioranza degli elettori italiani hanno voluto, tirandosi la zappa sui piedi. Già, perchè se al precedente Governo Prodi non ne veniva perdonata una e doveva fare tutto e subito, al nostro caro Berlusconi viene perdonato tutto e di più. Forse gli amici italiani dimenticano che dall'aprile 2001 al oggi (vale a dire in 8 anni e mezzo) l'Italia è stata governata per 7 anni (sette) da Berlusconi, eppure c'è qualche ministro (nella fattispecie Tremonti), che fa addirittura pagare al breve periodo di governo Prodi il fatto che non cali la pressione fiscale. Siamo oltre il ridicolo.
Ma soprattutto, la vera vergogna di questa estate vacanziera si chiama CAI-Alitalia. Venerdì sera 31 luglio 2009, durante il telegiornale delle 20.00 è stato trasmesso un servizio dove veniva intervistato l'Amminstratore Delegato di CAI Rocco Sabelli, il quale parlava di conti in pareggio e di efficienza e puntualità della nuova compagnia. Uno spot televisivo enorme, smentito immediatamente dai fatti: sabato e domenica (1 e 2 agosto) sono stati due giorni di tragedia per la compagnia aerea. Con sublime silenzio della prima rete nazionale.
Nel gennaio 2009 Adusbef affermava che il vero comandante di Alitalia era Berlusconi: aveva ragione. Ora il Premier non esita di far leva sulla comunicazione di massa per convincere gli italiani a volare con la vecchia "compagnia di bandiera", per fare in modo che i suoi soci d'affari non restino delusi.
La verità, purtroppo, è che malgrado tutti lo sappiano, a pagare continua ad essere solo Pantalone...

domenica 2 agosto 2009

Busto città dell'immagine e dell'immaginario

Busto Arsizio sarà presto illuminata dai led, la nuova tecnologia che permette di ottenere luce a basso costo e con un bassissimo impatto ambientale. L'annuncio arriva dall'Assessore Armiraglio, col quale ho un rapporto di amicizia che va oltre la politica (sapete che non nascondo nulla).
Lo scorso anno, con lui abbiamo visto che ogni anno il Comune spende quasi un milione di euro per l'illuminazione pubblica, e che si poteva cercare di risparmiare qualche centinaio di migliaia di euro utilizzando le nuove tecnologie. D'altra parte, questo era parte del mio progetto sul Centro di Ricerca e Busto capoluogo delle nuove tecnologie.
Sono convinto che le idee dell'opposizione siano spesso applicate dalla maggioranza come idee proprie, ma per la città sono comunque felice se si attuano iniziative che permettono efficienze e risparmi all'avanguardia, per il bene dei cittadini.
Il mio solo rammarico è che questa soluzione arriva con quasi quattro anni di ritardo e che il Malpensa Fiere, che avevo suggerito diventasse la centrale operativa del Centro di Ricerca, in realtà nel futuro diverrà una sorta di Cinecittà Lombarda, a fare il paio con la Manifattura Tabacchi di Milano.
Mi sembra che siamo arrivati al punto che è più importante un polo della cinematografia (quindi della fantasia, dell'illusione) che non un Centro di Ricerca sulle Nuove Tecnologie e le Energie riciclabili, più vicino alla storia del nostro territorio che per centinaia di anni a vissuto di tessile, meccanica e chimica.
Già, ma questo sembra essere il periodo del "voltar pagina", del dimenticarsi delle tradizioni storiche del territorio, anche di quelle imprenditoriali. Busto città satellite di Milano, ma non solo: satellite di Castellanza (LIUC), da cui molti studenti arrivano cercando casa; Busto città satellite di Gallarate e Legnano, dove i nostri giovani vanno a cercare locali alla moda e dove trovano un centro rinato e di gran lunga migliore di quello della nostra città.
La città dove c'è "Più Busto" è un'icona da cartolina, nulla più. Indifendibile la posizione del Sindaco, anche dopo le martellanti settimane del tabellone che in centro raccontavano le storie dei cittadini (a proposito, che fine ha fatto tutto questo?).
Busto città dell'immagine e dell'immaginario. Ma la realtà, purtroppo, è ben diversa.

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