Alessandro Berteotti

La mia foto
Non ho verità da regalare, solo un pensiero libero, che liberamente lascio al vostro commento

mercoledì 30 giugno 2010

PoliticaMente, per pensare di politica

P0liticaMente. Una iniziativa che l'Associazione AltoMilaneseinRete di cui mi onoro di essere vicepresidente ha preso per cercare di favorire un dialogo più stretto, ma anche più familiare e spontaneo, tra la politica e la gente comune. In un periodo come questo, non è cosa da poco.
L'AltoMilanese è da sempre una terra senza confini e senza riconoscimento, ma è anche un territorio che richiede attenzione alle istituzioni, le quali hanno già perso molte scommesse su di esso.
La vicenda di Malpensa, perfino il fatto di ieri del Consiglio Regionale in trasferta presso lo scalo in brughiera, in realtà nasconde un certo smarrimento di linea, uno sconcerto istituzionale in un momento di crisi profonda del territorio e dell'economia.
Non sapendo cosa fare di meglio, si fa una gita nel verde a vedere gli aeroplani. Ma se qualcuno ha avuto orecchie per ascoltare la voce di chi vive in questo territorio, avrà anche colto le numerose richieste di interventi più mirati, più concreti, anche più progettuali per il rilancio della zona. Ad esempio, la richiesta di portare altri vettori presso lo scalo, per rilanciare non solo l'aeroporto, ma anche l'indotto prodotto dall'iniziativa di Malpensa, che finora è stata davvero deficitaria.
Questa riflesisone fa da sfondo a quanto ho messo come prima parola del post. PoliticaMente è un avverbio con la "M" di mente maiuscola, volendo significare che dobbiamo cercare di guardare alla politica in modo meno intestinale e più intellettuale rispetto al recente passato.
Accanirsi contro Berlusconi rafforza Berlusconi e impoverisce la politica. Pensate alla Nazionale di calcio al rientro dopo l'infusto esito del mondiale in corso: la cosa che ha colpito di più è stata l'indifferenza nella quale essa è stata accolta, e tutti i commentatori sono stati unanimi nell'affermare che questo è anche peggio dei pomodori presi dall'Italia del 1970 che tornava pur sconfitta in una finale mondiale. Quella era passione, questo solo disprezzo.
Abbiamo trasformato la politica in un derby da stadio, tra due contendenti dove alla fine non ci interessa lo spettacolo del gioco, ma solo l'esito della partita. E la sconfitta non è accettata.
Ma la politica è altro, la politica chiede di governare, non solo di vincere le elezioni. La politica è impegno di crescita per il bene comune, non solo per i propri interessi. La politica non si esaurisce in una casta che si autorinnova, ma nell'impegno e nel servizio offerti anche solo per un tempo limitato, finito il quale si ritorna alle proprie attività.
Invece sta diventando costume accettato che la politica diventi (o ritorni) una pratica feudale, dove i padri tramandano i titoli ed i poteri ai figli, contro ogni logica democratica e partecipativa.
Politicamente nasce per tagliare determinati privilegi e per creare, almeno a livello locale, un rapporto più schietto tra cittadino ed istituzione.
Lo fa con le uniche leve che la democrazia vera mette a disposizione, quelle della trasparenza e della partecipazione attiva. Abbiamo creato una tavola rotonda "virtuale" che pone allo stesso tavolo e allo stesso livello sindaci e cittadini.
Da lunedì 28 giugno è iniziata la pubblicazione delle prime risposte che i sindaci hanno fornito su di un tema "scottante": ACCAM. Ieri poi si è svolta l'assemblea di ACCAM che ha cambiato il Presidente, sostituendo nel giorno dell'onomastico Paolo Cicero con Roberto Antonelli.
E proprio oggi, leggiamo nella risposta data dal sindaco di Canegrate Valter Cassani, alla domanda posta riguardo l'essere ACCAM a cavallo di due province: "Gli attriti che oggi esistono non sono tanto tra Comuni del milanese e Comuni del varesotto, ma soprattutto tra la politica della città di Busto Arsizio e gli altri. Nell’ultima convenzione è abbastanza palese una certa arroganza di parte del Consiglio Comunale di Busto, che evidentemente antepone le proprie opportunità amministrative rispetto alla conduzione della società stessa".
Visto che il Sindaco di Busto Arsizio non ha risposto alle nostre domande collettive, sarebbe quanto meno interessante sapere cosa avrebbe da obiettare alla risposta del collega di Canegrate. Anche alla luce del cambio di Presidente, che comunque viene espresso dalla città di Busto Arsizio e, c'è da credere, vicino alla linea politica dell'amministrazione cittadina.
La questione ACCAM merita di essere approfondita e siamo felici di averlo fatto proprio in un momento ed in un passaggio cruciale per questo Ente, nell'intento anche di far capire ai cittadini qualcosa in più di quanto le affermazioni ufficiali non possano fare.
Accendiamo i cervelli per non vivere da sudditi che si illudono di essere in democrazia.

lunedì 28 giugno 2010

Il fallimento di una nazione

"L'Italia scala la classifica europea (Ue-27) per la pressione fiscale: nel 2009 il peso del fisco sul prodotto interno lordo è stato del 43,2%, in aumento rispetto al 2008. L'Italia si colloca così al quinto posto, insieme alla Francia, in Europa per pressione fiscale. Nel 2008 era al settimo posto. E' quanto risulta dai dati sui conti pubblici nel 2009 diffusi oggi dall'Istat. Per tornare ad una pressione fiscale più alta in Italia, bisogna tornare indietro al 1997, l'anno dell'Eurotassa (ma nel 2007 la pressione del fisco era stata comunque pari al 43,1%). A pesare una diminuzione del Pil maggiore della diminuzione delle entrate" (fonte: La Repubblica - Affari e Finanza del 28 giugno 2010).
Secondo il quotidiano "Nel 2008 era al settimo posto. E' quanto risulta dai dati sui conti pubblici nel 2009 diffusi oggi dall'Istat". E dopo queste affermazioni la memoria corre al 2008, quando per le medesime ragioni cadde il Governo Prodi. Cosa che in qualche modo viene sottolineata anche dall'articolo, quando afferma: "Per tornare ad una pressione fiscale più alta in Italia, bisogna tornare indietro al 1997, l'anno dell'Eurotassa (ma nel 2007 la pressione del fisco era stata comunque pari al 43,1%)".
Ora, ci potrebbe essere chi potrebbe provare ad obiettare che all'epoca dei fatti, tra il 2007 ed il 2008, i ministri della Sinistra (Rifondazione nello specifico) andavano in piazza a protestare contro i loro stessi ministeri e contro il Governo: grande testimonianza di Democrazia? No, alla luce dei fatti, solo un suicidio politico pagato con le elezioni di pochi mesi dopo.
Una delle promesse del programma di Berlusconi fu la riduzione delle tasse, cosa che era già stata esclusa poche settimane fa, ma che adesso appare quanto mai improponibile, anche alla luce del fabbisogno finanziario dello Stato, in rosso malgrado la riduzione dei rendimenti dei BOT.
Grazie a tutte queste promesse non mantenute, adesso non è che la situazione sociale e politica sia migliore: abbiamo i due cofondatori del PdL (Fini e Berlusconi) separati in casa, divisi ormai su tutto, con sgambetti e ripicche che affollano le cronache. Anche se le cose peggiori non vengono divulgate, come la soppressione sul settimanale "Chi" (gruppo Mondadori) della rubrica in difesa delle donne della Bongiorno e Huntziker perchè l'avvocato e deputato Bongiorno, in quota ai Finiani, è stata tagliata perchè non in linea con la politica editoriale del gruppo. Fantastico.
La lotta interna ed intestina si differenzia da quella di tre anni fa solo per il fatto della pubblicità degli eventi, perchè per tutti gli altri aspetti è anche peggiore, e qui arriviamo al terzo aspetto della questione comparativa.
Il Governo Prodi fu criticato per il gran numero di Ministri e Sottosegretari che aveva, ma oggi, o almeno pochi giorni fa, è stato nominato il 24.mo Ministro del Gabinetto Berlusconi. Si tratta di un personaggio alquanto criticato, di nome Aldo Brancher. In quota al PdL, ma strettamente legato agli uomini della Lega, come l'altro ministro Calderoli. Cosa fa questo signore? Poche ore dopo essere stato nominato invoca il leggittimo impedimento per se, allo scopo di eludere il procedimento penale a suo carico presso il tribunale di Milano, tanto che il Pubblico Ministero ha dichiarato in udienza di sentirsi preso in giro.
Scaricato dai suoi e dagli altri, a Brancher non resta che fare marcia indietro, enunciare la frase di rito: "Sono stato frainteso" e cominciare a cercare un'altra strada per arrivare alla decorrenza dei termini. Ma di dimettersi non se ne parla.
Così come non si parla di dimissioni per Abete, il presidente della Federcalcio, malgrado la figuraccia dell'Italia. Chi ha deciso di riprendere Lippi, lo ha sempre sostenuto, gli ha permesso di fare in tutta libertà le sue scelte (giustamente), chi gli aveva già preparato il successore (ad insaputa della sua squadra di club, altro colpo da maestro), non ha adesso il coraggio di assumersi le proprie responsabilità fino in fondo e di dare le dimissioni.
Dimissioni, parola quanto mai priva di significato dal momento che la nostra vita sociale e politica sta perdendo sempre più dignità. Così come la Nazionale è stata accolta nella più fredda indifferenza, che è molto peggio di qualsiasi forma di constestazione, che paradossalmente avrebbe testimoniato passione per la squadra.
Nel luglio del 2006, quando l'Italia vinse il mondiale, era Presidente del Consiglio Romano Prodi. Oggi il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, esperto di sport al punto di essere anche presidente del Milan AC, non batte ciglio nè per la vergognosa eliminazione della Nazionale, nè per la vergognosa vicenda Brancher, nè per l'aumento delle tasse.
E gli italiani? Zitti con la lingua in bocca e le mani in mano. Riflettete...

venerdì 25 giugno 2010

Il terribile pericolo della "lieve entità"

Pare che una delle pratiche più seguite da questo Governo, oltre alla nomina surrettizia e continua di nuovi Ministri e alla censura radiotelevisiva, sia quello di introdurre emendamenti a leggi e leggine determinando evidenti favoritismi a discapito del bene comune, oltre che le ormai ben note leggi "ad personam" che stanno drammaticamente inquinando il nostro paese.
Più della marea nera del Golfo del Messico.
Dopo la leggina salva manager di stato, una volta amichevolmente chiamati "boiardi", inserita nella legge salva Alitalia, dopo che si fece passare al 9 di agosto una legge di importanza fondamentale come quella sull'acqua pubblica, nel silenzio di un Parlamento ormai in vacanza, arriviamo oggi alla più squallida di tutte queste schifezze.
Parlo dell'emendamento 1707 della legge sulle intercettazioni telefoniche, che introduceva il termine di "Violenza sessuale di lieve entità" nei confronti di minori. Firmatari, alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l'abolizione dell'obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se - appunto - di "minore entità".
Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale "di lieve entità" nei confronti di un bambino. Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c'è stato il fuggi-fuggi, il "ma non lo sapevo", il "non avevo capito", il "non pensavo che fosse proprio così" uniti all'inevitabile berlusconiano "ci avete frainteso".
Ci sono anche i nomi dei firmatari di questo emendamento, non li riporto qui solo perchè non ritengo opportuno l'attacco alla singola persona su una questione di questa rilevanza, quanto ad un modello di vita e di cultura.
Se si può far passare il concetto di "lieve entità" per uno stupro, ancorchè su minori, tra poco potrà passare anche quello di lieve entità per un omicidio, ad esempio se ad essere ucciso fosse un Rom, un extracomunitario (attenzione però agli americani ed agli svizzeri), o un barbone, o comunque un emarginato, un gay o un qualsiasi "diversamente abile".
Non sto esagerando: se la linea di confine del comune senso del pudore continua sempre di più a spostarsi verso concetti di intolleranza e di aberrazione, potremmo trovarci di fronte a leggi che rendono differente il valore della vita o delle azioni contro di essa.
Questo concetto di "lieve entità" ne è la testimonianza più evidente ed anche quella più meschina, perchè condotta tra le pieghe della legislazione, dove il comune cittadino non accede, dove nemmeno i giornalisti e gli stessi addetti ai lavori possono svolgere azione di controllo efficace e continua con serietà professionale.
Questi signori sono quelli che condannano la pillola RU486, l'aborto e l'eutanasia senza nemmeno avere idea di cosa siano il dolore e la sofferenza, ma pensano che divertirsi con una bambina toccandola o facendosi toccare sia come un gioco, una specie di rito di iniziazione, se non quasi un dovere educativo.
D'altra parte, da un Governo che oscura, mistifica e altera l'informazione a proprio vantaggio, cosa possiamo aspettarci? Solo bavagli...

martedì 22 giugno 2010

Solo chiacchiere e distintivo

Una delle frasi più famose della storia del cinema è quella che pronuncia Robert De Niro, nei panni di Al Capone, nel film premio Oscar Gli Intoccabili: "Sei solo chiacchiere e distintivo", rivolto a Kevin Costner, il poliziotto che lo ha incastrato.
Questa espressione è diventata ormai di uso corrente per indicare chi esercita il potere in senso autoritario e non autorevole, chi talvolta esagera nell'enfasi retorica e non porta a risultati efficaci. Quale migliore immagine per descrivere il nostro attuale sindaco di Busto Arsizio, Gigi Farioli?
In questi giorni si sta aprendo la campagna elettorale per l'elezione del nuovo sindaco, e già si vedono all'orizzonte tutte le mosse per portare questo o quel personaggio nella posizione di ricevere la nomina a candidato ufficiale di partito e coalizione.
Per la gran parte dei sindaci uscenti la ricandidatura sarebbe cosa scontata, ma non è così per Farioli. Vorrei dire subito una cosa che ho già detto, e quindi riaffermo: Gigi mi è simpatico come persona e qualsiasi giudizio dato alla sua posizione di Sindaco in carica o in rinnovo non ha nulla a che vedere con le sue qualità umane. Anche se dicendo così ho già detto molto del perchè a mio modo di vedere Gianluigi Farioli non è persona adatta nè a fare, nè ad essere rieletto Sindaco.
Le polemiche di questi giorni, interne alla maggiornanza che dovrebbe sostenerlo, stanno ad indicare due cose: che la Lega ha comunque in animo di tendergli un tranello e alla fine uscirà, ne sono certo, il candidato o, più probabilmente, la candidata leghista, e che il PdL che dovrebbe essere la sua "spalla" forte, in realtà è diviso e spaccato non solo sulla sua candidatura, ma soprattutto sulla linea politica, come accade a livello nazionale. Solo che qui le cose sono ancora più antiche.
Non si dimentichi, a questo proposito, che poche settimane dopo la sua elezione nel 2006, fu la stessa mamma di Gigi ad indicare amici e nemici: "stai attento ai tuoi amici, che sono quelli pronti a tradirti", disse. Noi opposizione, se non altro, gli diciamo chiaro e tondo in faccia che non siamo d'accordo, ed anche questo ci fu riconosciuto in quell'intervista; ma chi gli mette la mano sulla spalla per complimentarsi, quella mano gliela vorrebbe anche poggiare con maggior forza per farlo cadere.
Gigi ha questa doppia anima: quella dell'oratore forbito e sagace, pronto a tagliare con le parole tutte le scuri di amici ed avversari, a cambiare il volto della città, a portare prestigio e onore al gonfalone cittadino, ma anche quella dell'amministratore ingessato nel proprio abito, incapace di esprimere una posizione politica chiara, spesso attaccato al suo interno ed ostacolato proprio da coloro che lo avrebbero dovuto sostenere. I quali tirano il sasso, ma ritrattano la mano. Un esempio?
Al gruppo di Facebook "Farioli Sindaco? No grazie" si sono iscritti membri della sua maggioranza, consiglieri ed assessori. La scusa era quella di osservare cosa veniva detto nel gruppo, la realtà era quella di mandare un segnale chiaro, forte: con te non ci stiamo più.
Altrimenti non si capirebbero le uscite quotidiane di questo o quel politico locale che deve precisare, rettificare, addolcire, mitigare la propria posizione.
Le grandi manovre odierne portano solo in evidenza le 4 correnti del PdL diviso anche profondamente su molti punti e da parecchio tempo. l'UDC locale non sa che pesci pigliare, contrastata tra l'adesione alla linea di ambiguità nazionale e la conferma all'interno della stessa maggioranza, ma affrancandosi ad una corrente di minoranza.
Un po' come l'avvocato e consigliere Cornacchia ricorda quando parla in nome della "minoranza della maggioranza" e mette in seria difficoltà il Sindaco, dimostrandogli in ogni occasione una sorta di disobbediente correttezza.
Ma vi sono ragioni ben più serie per cui la città dovrebbe temere una ricandidatura Farioli: proprio per il suo non saper tenere testa a queste situazioni, il suo non governare assessori e consiglio, che per almeno due volte lo ha portato ad uno stato di crisi conclamata e risolta solo per l'interesse comune di singoli e partiti di maggioranza a mantenere il potere e le poltrone sotto il sedere. Qualche esempio?
Non c'è che l'imbarazzo della scelta, ed è anche difficile dare un ordine di gravità. Potremmo partitre dal caso ACCAM, governato in modo assolutamente inadeguato, dove il ruolo di Busto Arsizio, maggiore città del consorzio, è stata più volte meno influente di Vanzaghello o Gorla Minore ed il cui Presidente Cicero, espresisone della città, è stato più volte portato al limite delle dimissioni. Ancora oggi regna il caos sia sul futuro assetto del consorzio, sia sul reale peso della città di Busto, a cui è stato persino tolto l'onore del luogo delle riunioni del Consiglio di Amministrazione, spostato da Busto a Gallarate.
Direttamente conseguente a questo vi è la questione Tassa Rifiuti e le mani in tasca ai cittadini. Ma non per rimpinguare le casse comunali, che sarebbe anche stato almeno un danno più sopportabile, ma per distribuire soldi ad una società esterna a cui è stato commissionato il lavoro che poteva essere svolto da risorse interne.
Non appare ancora risolto il noto e fastidioso nodo della Blini, associazione voluta in sede provinciale quando il Presidente era Marco Reguzzoni e lasciato nelle mani del sindaco Gigi "Tentenna" Farioli; così come la questione del nuovo Liceo Artistico, che era parte di questa commedia che sta trasformandosi in tragedia, e per il quale si dovranno attendere ancora anni prima di vederne calare il sipario.
Del PUT ho scritto qualche giorno fa, dicendo quanto poco incidente sia questo piano atteso tre lustri, mentre delle rotonde sul Sempione, promesse nel medesimo pacchetto provinciale del polo scolastico, non vi è traccia. Il Parco Divertimenti dei Cinque Ponti resta chiuso (pardòn, le passerelle), e la viabilità in quel punto non aveva bisogno, col senno di poi, di questa grande ed inutile opera. Mentre per il sovra o sottopasso delle Ferrovie tra Sant'Anna e il centro si dovrà attendere ancora anni, visto che il terzo binario è stato appena cassato dalle opere previste dal CIPE. Stessa fine per la stazione di interscambio e dil raccordo Y, mentre non è chiaro come finirà la questione delle due stazioni di via Monti e di Castellanza. Di certo i pendolari delle Nord sanno che sono state tolte 18 fermate del Malpensa Express a Busto Arsizio e quelli che non lo sanno lo scoprono quando vedono davanti a se l'aeroporto di Malpensa anzichè la fermata della nostra città, saltata dal treno pendolare più prestigioso d'Italia.
Sempre sulla tratta Nord abbiamo poi lo scalo intermodale di Sacconago con tutti i suoi problemi di viabilità, il sottopasso di via del Chisso ritenuta soluzione intelligente (proposta PD...), ma che nessuno vuole prendere seriamente in considerazione.
Arriviamo quindi ad AGESP, che per sua natura ora è una SpA ma controllata totalmente dal Comune: in altre parole, sottratta al controllo del consiglio comunale. Questo significa che le decisioni assunte da AGESP non hanno un contraddittorio politico, non hanno una platea pubblica e le iniziative sono sostenute a suon di conferenze e comunicati stampa, per cui tutto sembra opportuno, efficace e perfetto, mentre non lo è. Ad esempio, tutti i cittadini si lamentano dello stato delle strade dopo gli interventi avvenuti per la posa del teleriscaldamento, e mentre lo spiegavo ad una persona in treno un altro diceva: "Sì, la televisione via cavo", per dire quanto la gente sia informata in proposito.
L'ex Calzaturificio Borri resta dov'è, con tutte le conseguenze del caso, mentre per la Caserma dei Carabinieri continua la saga dei rimpalli. I dipendenti del comune sono stati ampiamente tartassati e chiamati a restituire cifre ingenti per la cattiva amministrazione di pochi. Ogni estate la questione degli asili nido tiene decine di famiglie con il fiato sospeso, mentre Farioli aveva promesso una soluzione efficace e definitiva fin dalla sua campagna elettorale passata.
La zona industriale e, soprattutto, gli industriali che la vivono, sono fortemente critici verso questa gestione amministrativa, se sono arrivati al punto di riaprire i contatti con il PD dopo anni di silenzio. Una zona industriale, che assurge alle cronache di tanto in tanto per i numerosi incidenti, troppo spesso mortali, che vi avvengono, così come altre zone della città che, sebbene ad evidente rischio viabilistico, sono state tranquillamente ignorate dal già citato Piano Urbano del Traffico.
Credo che questo sia il post più lungo che abbia mai scritto, tornando indietro a rileggerlo. Ma finora non mi sono mai interrotto battendo sulla tastiera e rendendomi conto che avrei ancora tante cose da scrivere, tutte le cose ad esempio che mancano alla città, i sogni che non si sono mai descritti e presentati perchè questa maggioranza appartiene ad un altro pianeta, stanzia oltre due milioni di euro per riasfaltare, una volta ogni cinque anni, quelle strade per cui non può fare a meno per non perdere la credibilità nei confronti di alcune centinaia di cittadini e per farlo estingue gli ultimi rimasugli dell'avanzo di amministrazione.
Ma chiudo con un ultimo appunto: il piano della sicurezza per gli anziani che coinvolge tre parrocchie cittadine, tra cui la mia. Ebbene, si scoprono gli anziani a Busto Arsizio, dopo che progetti riguardanti i bambini o gli immigrati extracomunitari erano stati rifiutati negli anni scorsi. Forse perchè gli anziani votano mentre bambini ed extracomunitari no?
Riflettete...

lunedì 21 giugno 2010

La paura dentro e fuori di noi

Sabato sera, durante la Messa Vespertina celebrata da Padre Giulio Berutti alla chiesa del Redentore, ho sentito pronunciare delle parole che da tempo, troppo tempo non sentivo. Non tanto e non solo per il messaggio che trasmettono, ma quanto il ragionamento profondo che sta alla loro base.
La frase più importante è: "Bisogna avere paura della paura. Chi ha paura è ricattabile, quindi meno libero". Dal momento che le ho ascoltate, queste parole mi continuano a tornare in mente, mi sollecitano, mi turbano. Quindi è questo un segno che sono parole di verità.
Se ascolti una frase e ti lascia come prima di averla ascoltata, vuol dire che non ti ha arricchito, che non ti ha scosso, quindi non era parola di verità. Ma se tu non ci dormi la notte, vuol dire che quella frase ti ha assorbito, è diventata tua e ti spinge come una molla verso la lettura del vero significato.
Ne avevo già parlato in altri post, ma che cos'è la paura per noi? Difficile dirlo a parole. Potremmo cercare mille definizioni, ma sappiamo che quando arriva la paura, il nostro cervello non ragiona più, si perde progressivamente lucidità, si affacciano istinti primordiali, non riusciamo più a controllare le nostre reazioni. Anche senza poterla descrivere, solo la parola ci mette angoscia, il nostro umore diventa negativo.
La paura soprattutto si collega ad una intensa percezione di pericolo, ad uno stato ansioso che ci fa temere che dietro il cigolìo di una porta ci sia la figura di un criminale pronto a massacrarci, come spesso accade nei film del terrore. Un effetto ben studiato e molto utilizzato proprio nel settore cinematografico, teatrale e televisivo, che fa leva proprio su questo aspetto della nostra natura per ottenere un effetto sensazionale, anche se poi dalla porta si affaccia un gattino ancora più impaurito di noi.
Ma se si lavora con più cinismo su questo aspetto, si possono raggiungere effetti mediatici davvero devastanti, tanto da confondere realtà e fantasia, tanto da incutere nelle persone uno stato perenne di paura, di diffidenza, di pessimismo, come lo stesso Leopardi non sarebbe riuscito ad immaginare.
Si possono rendere le persone ricattabili con una sola ombra di dubbio, con un sinistro cigolìo; si può far credere in un imminente pericolo così come nella necessità di avere protezione per combattere la nostra ansia, come la mano materna accarezza il capo del bambino agitato per la febbre o per un brutto sogno.
Si può far credere che la propria libertà possa essere ridotta o amputata per lasciare spazio ad una libertà più grande, più ampia; si può fare in modo che la ricerca di una propria maggiore sicurezza possa essere proporzionale ad una minore libertà, come capita quando per difendere un proprio patrimonio ci si circondi di gorilla o di allarmi di ogni genere, senza accorgerci che proprio così limitiamo la nostra libertà.
Oggi la nostra paura più grande e più diffusa è di perdere la nostra ricchezza, di perdere il nostro stato sociale, di perdere i diritti acquisiti (tra l'altro, spesso non da noi ma da chi ci ha preceduti). Abbiamo paura di perdere qualcosa per cui non abbiamo fatto fatica ad acquisirne il possesso, e diamo o rinnoviamo fiducia solo a chi ci promette di difendere questo nostro "diritto".
Vogliamo più sicurezza nella nostra vita, ma in realtà non sappiamo nemmeno se siamo minacciati e da chi e che cosa. Però basta che ci dicano che le cose stanno così, e banalmente siamo più portati a credere che effettivamente qualcuno ci stia minacciando piuttosto che credere che non corriamo alcun pericolo. A farci decidere è proprio la paura.
Potremmo per assurdo dire che siamo liberi di aver paura.
C'è anche chi dice che la paura ci fa vivere più a lungo. Sarà anche vero, ma come? Quale può essere la qualità di una vita vissuta prigionieri della paura? Ma ce ne rendiamo conto?
C'è un romanzo di Asimov che parla di un'astronave che arriva sulla terra, e come una spece di circo spaziale, offre a caro prezzo la visione di ogni genere di essere vivente raccolto nella galassia. La gente passa dietro una spessa lastra di cristallo, protetti da una salutare grata di robusto ferro; passa lungo questo corridoio e resta discosta dalla superficie del vetro, quasi inorridita di quelle strane figure che si vedono oltre la trasparenza del cristallo. Molti hanno paura, ma è proprio questo che rende più emozionante lo spettacolo.
Dall'altra parte del vetro, alcuni di questi esseri strani commenta: "Abbiamo proprio speso bene i nostri soldi! Valeva davvero la pena di arrivare fin qui per vedere quanto strani siano gli abitanti di questo pianeta!". Chi è davvero in gabbia? Chi dovrebbe avere paura?
Riflettete...

giovedì 17 giugno 2010

Un Mondiale da prendere a calci

Ormai siamo in pieno clima dei Mondiali di Calcio, l'evento più atteso dagli italiani, forse più delle stesse Olimpiadi. In qualche modo, siamo la nazione che dopo il Brasile ha vinto di più al mondo in materia di calcio, tanto che non riuscire ad entrare almeno tra le prime quattro semifinaliste già sarebbe un'onta da lavare col sangue.
Per la prima volta nella mia vita, però, mi sto accorgendo di vivere questa esperienza in modo più distaccato, guardando ciò che accade intorno e cercando di riflettere sua alcune situazioni e circostanze. Un fatto è che siamo comunque la nazione con più consocenze tecniche, quella dove potreste trovare un commissario tecnico dentro ogni persona.
Ma cerchiamo una volta tanto di guardare in faccia la realtà e poi parlare e criticare. Partiamo dall'attuale allenatore, Lippi. Non è simpatico, questo è certo, però è l'allenatore uscente con il mondiale sotto braccio. La volta scorsa lo ha vinto con l'aiuto di alcuni episodi favorevoli, questa volta lo potrebbe perdere per le stesse ragioni.
Porta al mondiale il blocco Juve? Perchè l'ha allenata nel ciclo d'oro di Moggi? può darsi. Ma di certo non avrebbe potuto portare il blocco della magnifica Inter. Quanto giocatori italiani ha l'Inter in rosa? Mi risultano solo tre nomi: Materazzi Toldo e Balotelli. Dei tre l'unico convocabile sarebbe stato quest'ultimo, ma chi si fida a convocarlo dopo le prove di spavalderia messe in mostra nell'Inter dei miracoli? Ve lo vedete levarsi la maglia e prenderla a calci davanti alla platea mondiale? E quanti minuti ha giocato quest'anno in campionato e coppa da poter contendere il posto ad altri?
D'altra parte, l'altra sera vedendo entrare in campo il Brasile e sentendo il commentatore leggere la nazionale: Julio Cesar, Lucio, Maicon ... vuoi vedere che gioca l'Inter? ... Felipe Melo ... a no, Dunga gioca col blocco Italia! E allora, sfogliando in libreria elettronica, trovo due libri: uno che elenca quanti giocatori stranieri siano passati nel campionato italiano senza lasciare traccia, se non degli assegni staccati per pagarli anche profumatamente, l'altro "Ogni maledetta domenica", che spiega alcune cose che riguardano i calciatori ed il pubblico, e parla anche di Balotelli, della sua storia e della sua vocazione all'eccesso. Un po' come Cassano e le sue cassanate. Altro elemento validissimo sul campo di gioco, ma meno nel fare gruppo e nel tenere a freno la lingua nelle occasioni in cui a contare non sono i goal, ma gli atteggiamenti. Va bene per San Remo.
Allora, con tutti questi stranieri che ci riempiono i campi e le fantasie di vittoria, ci troviamo che se hai una carta di identità italiana e non hai un cognome esotico, non c'è posto per giocare in squadra. Altro esempio interista, Santon: italiano, nome veneto che si confonde con gli argentini, ma per giocare deve uscire dalla squadra meneghina e sparire in uno splendido anonimato. Peccato. Io come allenatore della nazionale lo avrei portato lo stesso.
Però tanti, troppi come lui sono relegati alla panchina o alla serie B per poter giocare, senza i riflettori puntati e l'attenzione di media e sponsor a spingere la Federazione e il selezionatore a considerare anche quel nome di giocatore tra i papabili. Così le nostre giovani promesse invecchiano in squadre con l'età media di 31 anni e oltre, ma con nomi di grande prestigio e super pagati, con Presidenti di società dalle mani bucate che poi tanto si fanno ripianare i debiti da piani d'intervento urgenti del Governo nazionale, perchè nessua squadra di serie A può fallire.
Salvagenti a questi Presidenti ne sono stati lanciati fin troppi e sono costati anche troppo anche agli italiani che non si interessano di calcio.
Malgrado ciò, l'Italia continua a frequentare gli stadi (e su questi si dovrebbe aprire un'altra discussione, sul come e perchè si debbano gestire questi stadi da parte delle società private). Gli italiani, già. E i padani?
Termino questa riflessione guardando le immagini di quello spettacolo desolante che ci manda YouTube, di quattro leghisti dentro una radio che esultano al gol del Paraguai. Ma si dichiarano italiani DOC. Deficenti O Cretini?
Ad ogni mondiale, che sia il Camerun, il Paraguai o le isole Far Oer, c'è sempre qualcuno che è pronto a rinnegare la propria nazione (già, ma il popolo padano non è italiano, ha perfino la sua nazionale di calcio) per essere fuori dal coro, diverso in qualche modo da quella massa di ignoranti che si definiscono italiani. Allora io mi dichiaro italiano e patriota. E non mi capiti tra le mani una bandiera con un logo padano perchè l'andrei a buttare nel cesso.

lunedì 14 giugno 2010

Una scommessa sulla famiglia

Era già tutto previsto. Se ci fosse stata la possibilità di scommettere avrei vinto alla grande pure io, che notoriamente non scommetto mai. Su che cosa?
Ma sulla famiglia, certo! Anzi, sul fatto che questo o quel Governo, di destra o di sinistra o di centro, insomma nessuno e poi nessuno si sarebbe mai occupato di una riforma a favore della famiglia. Sentiamo tutti i giorni parlare di riforme, in particolare della Giustizia che sembra essere la cosa più urgente, sia per risanare lo Stato malato che per rimettere in carreggiata un'economia ed una finanza traballanti.
Ma nessuno spende più una parola, una sillaba, un lamento per la famiglia. O forse dovrei scrivere Famiglia con la "F" maiuscola. Tanto tartassata (proprio in termini di tasse), tanto vituperata (nessuno si occupa di darle una fisionomia sociale e culturale), tanto ignorata nei suoi bisogni e nelle sue fragilità.
Si parla anche dei problemi di coppie di fatto, di matrimoni gay, siamo vicini alla richiesta di riconoscimento del "terzo sesso", dei trans, visto che i giornali ne sono pieni... ma della famiglia normale, chi ne parla, chi se ne cura?
Per intenderci (e giusto per citare un'altra grande malata) quella famiglia descritta dalla Costituzione Italiana agli articoli 29, 30 e 31:
29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge e garanzia dell'unità familiare.
30. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia, ma la società non le riconosce più alcun diritto. E siccome questo fa tendenza, poco importa se i nostri giovani hanno tante difficoltà a mettere su famiglia, a trovare un lavoro, un impiego che consenta loro di poter affrontare un futuro con qualche speranza.
La Repubblica agevola: non ora e non più. In mezzo ai tanti cicloni mediatici, dal clamore delle storie di Belen alle escort di Berlusconi, dai divorzi principeschi alle eccentriche volgarità di alcuni vip, la nostra povera famiglia viene ridicolizzata, schiacciata e derisa nella sua normalità, nella sua fedeltà, nella sua compostezza di fronte agli eccessi di un Paese drogato dall'esaltazione dell'effimero, dell'etereo, del nulla.
A dare questo spettacolo sono troppo spesso coloro che dovrebbero essere custodi di una solidità familiare e di un atteggiamento etico inequivocabile: la nostra classe politica. Invece...
Ve lo ricordate quel deputato UDC che, con matrimonio fallito alle spalle e neo compagna incinta, si portava a letto due prostitute alla volta, piene di cocaina? Invece di diventare un'icona dell'idiozia umana, è diventato un mito, un modello.
La famiglia che lotta con la burocrazia, che è assediata dal fisco, rincorsa dagli enti locali ormai a caccia anche dell'ultimo spicciolo da raggranellare: tante promesse da quella classe politica che, c'è da scommettere, alla prossima tornata elettorale, fosse anche per la presidenza della bocciofila, dirà a squarciagola di voler difendere i valori sacri ed inviolabili della Famiglia, ridare dignità ad un istituto fondamentale per la società, alla pietra miliare di ogni istituzione...
Permettetemi a quel punto di mandare a cagare il politico di turno, lui e tutti coloro che insieme a lui non avranno fatto qualcosa di serio e concreto prima di arrivare ad elemosinare un qualsiasi tipo di supporto elettorale.

domenica 13 giugno 2010

L'ultima mossa

L'ultimo consiglio comunale del 10 giugno ha decretato l'inizio della campagna elettorale per l'elezione del nuovo sindaco di Busto Arsizio. Questo è indicato da diversi fattori, e sicuramente la variazione di bilancio approvata dalla maggioranza sta proprio ad indicare questo.
Perchè? Semplice: vengono stanziati oltre due milioni di euro per riasfaltare le strade cittadine, un intervento enorme, sproporzionato rispetto a quello che è stato fatto da questa amministrazione nei precedenti quattro anni.
Ora, che queste cose le dica io o qualcuno della minoranza, va bene, ma anche tra la maggioranza ad alcuni non è piaciuta questa manovra, soprattutto in relazione a quando denunciavo nel precedente post riguardo il Piano Urbano del Traffico.
Per sistemare la sede stradale non è necessario un PUT, dovrebbe essere compreso nella normale manutenzione delle strade, nulla di eccezionale. Eppure, adesso sembra che anche questi interventi diventino necessari ed attuati solo in prossimità degli eventi elettorali.
Al di là della moralità di un'azione di questo tipo, vi è un'altra considerazione che mi fa incavolare nero: chi governa utilizza i soldi pubblici in modo strategico, adattando la spesa agli eventi che sono più sensibili alla cittadinanza, contando sul fatto, più volte dimostrato, che malgrado i mille disagi e tutte le incredibili manchevolezze della maggioranza, alla gente rimangono impresse molto di più le ultime azioni di ogni amministrazione, a prescindere da come si sia comportata nei precedenti anni.
Spero proprio che questa volta cambi qualcosa, altrimenti la mia fiducia nell'intelligenza popolare andrà a farsi benedire.

venerdì 11 giugno 2010

L'aborto del topolino partorito dalla montagna

Ho atteso per quasi 15 anni che il comune di Busto Arsizio si dotasse di un Piano Urbano del Traffico (PUT, in gergo) serio. L'ho richiesto con convizione nel corso di innumerevoli sedute di consiglio e fuori dal consiglio, sulla stampa e in tutte le sedi ove questo aveva un senso.
Ieri sera, durante la discussione per l'approvazione della delibera che proponeva questo strumento all'attenzione del Consiglio comunale, ero fortemente imbarazzato, combattuto tra l'esprimere tutto il mio disappunto per una attesa così lunga che generava solo palliativi di poco conto, e non denigrare il lavoro comunque serio fatto dalla società TAU, commisionaria dei lavori di preparazione e redazione del piano, che sicuramente ha fatto un buon lavoro in termini di rilevazione.
Purtroppo sappiamo che tutti i consulenti legano l'asino dove vuole il padrone. Quindi, anche in questo caso, i signori della TAU hanno sviluppato la loro ipotesi di lavoro secondo quanto richiesto da Sindaco e Giunta. E qui naascono i problemi.
Infatti la mia attesa in ordine al PUT era di una visione di grande respiro in merito al problema annoso del traffico in città, per renderlo più fluido, ma anche per espellerlo dal centro città senza ammazzare le periferie, per diminuire i flussi in esubero, per garantire più sicurezza a pedoni e ciclisti, per favorire la mobilità pubblica a scapito di quella privata.
Mi sarei aspettato un piano che comprendesse e considerasse una integrazione anche con i piani dei comuni confinanti, dove presente, con il piano del trasporto pubblico provinciale (e qui allargando la visione anche a quello di Milano, oltre che Varese, vista la zona di confine), ed in particolare facesse riferimento a Malpensa come elemento di "disturbo" sulla città, valutandone gli effetti indotti.
Mi sarei aspettato un piano integrato che tenesse conto delle varie tipologie di trasporto che si intersecano nella nostra città, e citerei: Hupac, terminale intermodale di Sacconago, stazioni ferroviarie di via Monti, via Castellanza e Piazzale Volontari della Libertà, linea STIE Gallarate-Milano e collegamenti con la Valle Olona.
Mi sarei aspettato una maggiore enfasi alle piste ciclabili, mettendo in atto anche quelle politiche che permettono di accedere a finanziamenti agevolati per la costruzione di piste ciclabili tra le due stazioni (Nord e Trenitalia) intitolate a Busto Arsizio; anche una visione di insieme e particolareggiata con la zona industriale, e riferita a questa la mobilità dei mezzi pesanti, soprattutto nelle tratte di attraversamento cittadino più critiche (percorso da Sacconago a zona dogana/autostrada).
Mi sarei aspettato tante altre cose ancora che invece nel piano sono, per ben che vada, solo accennate, come la definizione di una migliore sede stradale, come rendere più sicuri i marciapiedi e la sicurezza dei "mezzi deboli" (pedoni e ciclisti); il miglioramento degli arredi e degli indicatori stradali che possono procurare fastidio o mancare nel loro compito, oppure essere addirittura assenti (molti che passano da Busto Arsizio senza conoscere la città si lamentano delle poche indicazioni stradali e non sempre si ha a disposizione un navigatore satellitare).
Eppure siamo riusciti solo ad avere l'indicazione di costruire quattro rotonde lungo viale Cadorna e l'inizio di viale Duca d'Aosta (una parte del cosiddetto Viale della Gloria), andando a rovinare definitivamente quello che Adriano De Zan definì nel memorabile commento all'arrivo della 19.ma tappa del Giro d'Italia 1985 "uno dei più bei viali d'Italia".
Solo questo? Abbimo atteso 15 anni per avere 4 rotonde? E la maggioranza cosa fa? Emenda la sua stessa delibera stralciando le 4 rotonde! Abbiamo stralciato il topolino partorito dalla montagna! Questo è il modo di amministrare questa città, non esiste da nessun'altra parte questo metodo.
Che non è l'applicazione del detto meneghino "fà e disfà l'è tuch un laurà", ma l'espressione più schietta di una incapacità cronica a lavorare seriamente e fruttuosamente per la città.
Se gli elettori di questa città avessero davvero "le palle", come si dice in gergo, e volessero davvero pensare di cambiare qualcosa, dovrebbero almeno chiedere che questa classe politica se ne andasse a casa a fare altro, perchè di amministrare la città non è capace. Ma credo che la gente di questa città, da oggi, le palle le vedrà rotolare solo su di un campo di calcio...

lunedì 7 giugno 2010

La sindrome di Enrico VII

Esiste un problema nella nostra società. Un problema atavico, forse connaturato nel nostro essere italiani, un po' creduloni, ma anche molto conservatori.
Non riusciamo a staccarci dalle abitudini, dai modi di essere e di vedere le cose, di pensare e di agire. Se iniziamo a mangiare un certo tipo di pasta, è difficile cambiare, così come per le auto.
Quanti di noi vanno in pizzeria convinti che "questa sera prendo un gusto speciale" e poi finisce con la più classica delle Quattro Stagioni?
Così anche nello sport, una volta che prendiamo a cuore una squadra inizia il tifo, e di conseguenza perdiamo obiettività e l'unica cosa che conta è che la nostra squadra vinca. Che lo meriti oppure no.
E dallo sport alla politica il passo è breve. Gli italiani si sono legati da sempre ad un partito, fin dall'inizio del secolo scorso: dapprima fu il fascismo, poi la Democrazia Cristiana e infine Forza Italia e il Popolo della Libertà. C'è chi trova in questo percorso perfino un filo comune, una sorta di continuità storica dovuta al fatto che alla fine della seconda guerra mondiale, la maggior parte di coloro che entrarono nella DC erano ex-fascisti, di nome o di fatto. Certo è che almeno per chi visse gli anni Trenta, essere fascista era un dato di fatto e il dissenso veniva duramente represso. Per cui, anche se non piaceva, anche solo per quieto vivere, ci si lasciava andare tra le braccia del Partito Unico.
Il passaggio più recente, dalla agonizzante DC a Forza Italia, fu uno dei capolavori politici del secolo scorso, che ha originato nel contempo uno strano connubio tra "il partito di plastica", come fu chiamato in origine Forza Italia, e l'Uomo Forte, Berlusconi, che negli atteggiamenti e nella sostanza ricorda molto colui che fu il capo del fascismo, Benito Mussolini.
Con lui è nato il leaderismo, il partito che porta il nome del suo esponente di spicco, il riconoscersi in una persona e non più in un ideale. Certo, dopo la caduta del Muro di Berlino e dell'ideale comunista, è stato oggettivamente più semplice portare avanti in tutte le sedi istituzionali e democratiche un pensiero revisionista e conservatore, ma addobbato in modo da sembrare riformista.
Di fatto, guardando alla realtà odierna, abbiamo che quasi tutti i partiti hanno scimmiottato questo modello, riportando nel logo anche di importanti partiti nazionali i nomi dei loro leader, come Casini per l'UDC, Fini con l'ultimo atto di AN o Di Pietro e la sua Italia dei Valori.
L'unico partito che fatica a trovare un leader pare proprio il PD, e questo suona quasi come una debolezza che lo condanna ad un incerto procedere nella politica nazionale.
In realtà questo potrebbe essere un significativo vantaggio, perchè un grande partito popolare deve essere in grado di esprimere anche diverse opinioni e tendenze, molti leader locali e nazionali, ma poi trovare un consistente punto di sintesi e di equilibrio. Nel PD, invece, tutto questo diventa occasione di scontro non mediato perchè molte delle "camere di compensazione" che dovrebbero contribuire a questo processo di sintesi, sono in realtà patrimonio di coloro che senza averla, ambiscono alla poltrona di segretario, ed il cui unico interesse è la gestione della surroga del potere. Non potendolo gestire in via diretta, impongono, frenano, omettono, sabotano.
Uomini e donne che sono passati attraverso almeno tre o quattro esperienze politiche diverse, cambiando nome di partito ma non ideale politico, certo; avendo però anche radici in antichi partiti che fino a 15/20 anni fa si combattevano duramente su fronti opposti e che solo l'arroganza della politica attuale li ha fatti incontrare, senza arrivare mai (purtroppo) a creare un nuovo e più ampio movimento di popolo, se non con il primo Ulivo.
La gente per credere definitivamente in questo partito nuovo vuole vedere un netto taglio col passato. Vuole vedere un unico intento politico, che non nasce solo dalla storia, che comunque non può essere rinnegata, ma che pensi nel presente con lo sguardo al futuro, con politici nuovi, con facce nuove, con giovani che progettino il loro futuro e non solo vecchi politici che pensano a mantenere benefici generazionali.
La società intera ha bisogno di una scossa profonda, perchè ormai cambiare non è solo una necessità, ma una priorità. Se vogliamo dare un futuro ai nostri figli dobbiamo aiutarli a diventare indipendenti, dobbiamo aver fiducia in loro, dobbiamo dare loro spazio e metterci con umiltà al loro servizio. Invece siamo solo in grado di chiudere loro le porte del lavoro, aumentando l'età pensionabile (che riduce ulterioriormente il numero di posti di lavoro a disposizione) o allungando le durate dei debiti pubblici, con prodotti come i derivati e la ricontrattazione dei mutui, così che i nostri figli fin d'ora saranno chiamati a pagare i debiti da noi contratti, grazie alle nostre incapacità.
I politici trentenni, quarantenni e soprattutto cinquantenni di oggi rischiano di fare come Edoardo VII, che divenne Re d'Inghilterra in età avanzata, dopo il lungo regno della Regina Vittoria: avviarsi verso una transizione rapida, per quanto illuminata.

giovedì 3 giugno 2010

Due eventi sconcertanti

Ci sono cose che è difficile comprendere, diventa quasi impossibile spiegarle. Oggi vorrei tentare questa epica impresa con due fatti sconcertanti accaduti in questi primi giorni di giugno. La prima è la notizia che la stazione di interscambio tra LeNord e Trenitalia all'incrocio di Busto Arsizio non si farà. Nessuna sopresa per me.
Questa storia è talmente folle quasi da non meritare commenti, se non fosse che da vent'anni tormenta i pendolari della linea Saronno-Novara, nell'attesa che i vari Enti coinvolti escano dalle melme nelle quali hanno fatto scivolare la vicenda.
Sono stati spesi centinaia di milioni di euro per costruire un tunnel tutto sommato inutile: è stata inaugurata una tratta quattro mesi fa senza che questo abbia comportato alcun miglioramento per l'utenza, anzi una involuzione per i cittadini pendolari di Castellanza e Valle Olona, i quali si ritrovano senza treno e senza stazione (pardòn, con una stazione nuova da finire nel territorio di Busto Arsizio, che adesso per far sembrare la cosa meno ridicola è disposta a vendere la proprietà del terreno comunale a Castellanza... roba da matti!), ma con una bellissima e scomoda navetta, che li porterà avanti e indietro per ancora almeno un anno.
Fallito il tram-treno, fallita l'idea della stazione di interscambio. Tutte trovate fuori da un contesto di progetto vero e proprio, che la politica centrale ha periodicamente avallato per sostenere le idee balzane di questo o di quel sindaco locale.
Si farà invece il raccordo Y, quello che congiungerà Malpensa con la linea ferrovia del Sempione a sud della stazione di Busto. Serviva? Non certo ai pendolari, ma a Expo2015, si dice. Davvero? O forse è solo la solita manfrina per dare incarichi e soldi pubblici ai soliti amici, come per il tunnel già citato? Io temo sia così.
Il secondo tema è di ieri. A Varese scoppia un caso nazionale perchè alla presenza del Ministro Maroni non viene suonato l'inno di Mameli nella ricorrenza della Festa della Repubblica. Fa bene a puntualizzare la cosa il Presidente Napolitano, il quale però mi sembra applichi ultimamente la politica del colpo al cerchio e poi di quello alla botte.
Stiamo scivolando verso un revisionismo storico e culturale stravolgente, che tenta di cancellare la memoria del 25 aprile, mettendo addirittura in forse le atrocità del regime nazifascista; tenta la rilettura del Primo Maggio in chiave rave-party collettivo per quanto riguarda il concertone di piazza San Giovanni a Roma ed ora cancella (con varie interpretazioni, anche folkloristiche, se a renderle tali non fossero Prefetti e rappresentanti delle Istituzioni) l'intonazione dell'Inno Nazionale alla Festa della Repubblica.
Certo, per chi ha più importanza essere Padano che Italiano, questo può anche funzionare, non si capisce però il ruolo e l'interpretazione di chi lo Stato lo dovrebbe servire anche oltre i regolamenti ed i protocolli.
Ma anche di chi è Ministro della Repubblica ed ha giurato nelle mani del Presidente fedeltà alla Costutuzione e alle sue istituzioni. Se questa Repubblica non vi piace, signori leghisti, andatevene. Altrove, però, perchè la maggioranza della gente che abita questa terra si considera e si proclama italiana, ed ama nelle circostanze pubbliche ascoltare, vedere e celebrare i propri laici riti con tutti i loro simboli, anche quelli che voi disprezzate, forse più per modo che per sostanza.
E qui accomuno a questo rimprovero l'amico Marantelli. Mi fa piacere che tu abbia sensibilità ai problemi quotidiani del Paese e credo sinceramente che ti arrovelli ogni giorno per dare il tuo contributo alla loro migliore soluzione, ma non ti approvo in alcun modo quando celebri gli "amici" leghisti.
Mi sembra che da sempre tu manifesti in modo finanche non opportuno tutta la tua simpatia per questa Lega, fin da quando riuscisti a mettere un assessore simil-DS dentro la prima Giunta Leghista a Varese, proseguì con il tuo sostenere la necessità di accordi con la Lega nel corso dei mandati come Consigliere Regionale e, più recentemente, sei arrivato ad applaudire le esibizioni para-sportive della Nazionale Padana di calcio.
Daniele, te l'ho già detto: così non mi rappresenti. Voglio che questo concetto sia chiaro ed inequivocabile.

METEO