Alessandro Berteotti

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martedì 28 ottobre 2008

Immigrati e stranieri, pregiudizi e verità

Sembra stiano tornando di moda le ronde padane. Nella nostra città questo ha il sapore di una operazione di marketing politico, poco compatibili con la percezione di rischio della città.
I problemi in realtà sono ben altri, per quello che riguarda il livello di criminalità del territorio, ma di certo non sono contrastabili da queste presunte ronde, in quanto non si manifestano in episodi di microcriminalità sociale per cui sia valido il deterrente di una presenza fisica.
Questa provocazione, però, mi dà modo di poter fare un altro ragionamento, sul fatto che tutta una serie di necessità, di emergenze, di interventi anche di carattere politico, possano essere patrimonio di un solo gruppo (la Lega) che si erge a baluardo e rappresentanza di tutte queste situazioni.
Vedo di spiegarmi meglio. La questione dell'immigrazione clandestina, ad esempio. Questo tema non può essere patrimonio solo della Lega e non è la Lega ad avere l'esclusiva per trattare questo argomento. Ma se gli altri partiti si defilano o si allineano, senza generare ragionamenti alternativi e meglio calzanti, è logico che la voce che si sente è solo quella della Lega.
La convenienza, per certi versi, è quella di lasciare che, nel bene e nel male, sia proprio questo movimento ad assumersi l'onere di prendere posizione. Io questa convenienza non ce l'ho e quindi mi sento di dire la mia.
Accogliere gli immigrati è un dovere, ma lo è altrettanto quello di selezionare chi viene da noi per cercare una propria opportunità di vita nel rispetto, prima di tutto, delle leggi e delle culture locali. Ciò significa, inoltre, che prima di pretendere diritti bisogna assumersi in proprio i doveri.
In modo del tutto laico, questo significa dimostrare di essere buoni, anzi, ottimi cittadini. Per portarli ad essere meritevoli di ciò, è anche necessario mettere queste persone nelle condizioni di poter diventare cittadini avendo conoscenza delle regole del vivere civile, e quindi avendo la posibilità di essere formati e informati delle nostre leggi.
Mi vengono in mente i censimenti dei rom o le classi differenziate per gli stranieri: mezzi di coercizione e discriminazione, roba da Ku Klux Klan che però, nel nostro libero paese, possono diventare strumenti terribili in mano al Governo, senza che il Paese (o almeno una parte non indifferente) trovi nulla da ridire.
E' chiaro che costa molto di più selezionare, distinguere, aiutare, formare, curare, ma il nostro è anche un paese che si dichiara all'88% cattolico, anche se i praticanti veri sono poco più del 10%. Allora è normale che vi sia una notevole dose di ipocrisia su queste cose, che si tenda ad enfatizzare quegli aspetti del problema che si legano alla "politica della paura", che è facile da coltivare soprattutto quando ci si trova di fronte al "diverso".
Però guai a toccare le badanti romene, ucraine o comunque dell'Europa dell'Est, che sono ormai la parte "buona" di questa immigrazione straniera, quella che ci portiamo nelle nostre case e a cui affidiamo i nostri affetti. Anche i provvedimenti di repressione dell'immigrazione clandestina tendono a salvaguardare questa sfera di competenza. Perchè? Tra queste badanti, probabilmente nelle stesse percentuali in cui troviamo elementi di criminalità nel resto degli immigrati, vi può essere una propensione al furto continuato, alla circonvenzione di incapace, fino alla rapina, all'estorsione e perfino peggio ai danni dei vecchi assistiti e delle loro famiglie.
Perchè allora due pesi e due misure? Forse perchè il margine di rischio che si accetta per le badanti è maggiore che per i rom? Provate a rispondere voi...

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