Alessandro Berteotti

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venerdì 24 ottobre 2008

ACCAM: si tenta il golpe istituzionale?

Una lettera d'intenti firmata dai tre sindaci di Busto Arsizio, Gallarate e Legnano decreta l'avvio di una nuova fase per la vicenda del termovalorizzatore ACCAM.
Nella sostanza si tratterebbe di passare la gestione operativa di ACCAM, conferendo le quote di partecipazione azionaria, alle rispettive società ex-municipalizzate convertite in SpA, le quali gestirebbero la filiera del rifiuto in modo più dinamico rispetto alle pastoie politiche di enti abituati a tirare le cose in lungo.
Non conosco ancora i dettagli della lettera, attendo particolari specifici, ma vi sono già alcune indicazioni che possono essere considerate interessanti per trarre alcune considerazioni.
Prima di tutto, le modalità: da dove nasce questa necessità per cui, in un consorzio di 27 comuni, i tre maggiori possano determinare l'esigenza di un indirizzo così forte? Tutti i comuni coinvolti hanno la possibilità di effettuare, ad esempio, lo stesso tipo di delega verso le proprie ex-municipalizzate, o vi potrebbero essere problemi per alcuni? Un passaggio di questo tipo sarebbe vincolante per tutti, o alcuni potrebbero continuare a gestire la propria partecipazione attraverso il controllo del Consiglio comunale? Questo passo potrebbe rimettere in discussione gli accordi fissati con il comune di Busto Arsizio in merito al futuro del termovalorizzatore e se si, in che modo?
Sempre connessi alla gestione dell'azienda ACCAM: giuridicamente questo passaggio è possibile? Gli statuti delle aziende controllanti sarebbero ora adatti ad adeguardsi a questo tipo di gestione?
Come avverrebbe il conferimento delle quote azionarie? A titolo gratuito o oneroso? E quale potrebbe essere l'interesse reale delle SpA a prendersi carico di questo ulteriore carico, quali le specifiche conoscenze? Quali le attribuzioni?
Da qui, le considerazioni politiche: non è che con questa operazione si vuole semplicemente sottrarre l'ennesimo tassello al controllo del Consiglio Comunale, attribuendolo ad una società "privata" attraverso la quale Sindaco e Giunta possano controllare meglio tutte le operazioni, avendo mano libera? Continunando di questo passo, quale potrà essere allora il ruolo del Consiglio Comunale, sempre più compresso nella propria azione? Quale potrà essere l'operatività della minoranza, il suo ruolo di controllo, dal momento che rimettendo tutte le operazioni ad aziende controllate si riduce (e di molto) il controllo reale che il consiglio ed i consiglieri possono esercitare verso queste società?
Non si pone un problema di democrazia reale, demandando a consigli di amministrazione quello che fino a ieri, sicuramente con molti problemi di carattere politico, ma anche di garanzia per i cittadini, era un compito istituzionale?
La collega Pecchini ha già posto il problema a livello di consiglio comunale, e credo che sicuramente sulla questione, se prenderà forma nei modi che sono stati ipotizzati, vi sarà molto da discutere.

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