Alessandro Berteotti

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lunedì 13 ottobre 2008

Degenti o utenti? Una Sanità economicamente sana può far morire i propri pazienti...

L'Ospedale, comunemente detto, o ASL è l'azienda più grande (ovvero che dà più occupazione) di Busto Arsizio. Non vi è alcuna altra azienda o ente, pubblico o privato, che occupi più di 2.000 persone.
Certo, molte delle persone occupate, siano medici, paramedici o ausiliari, inservienti o manutentori, provengono anche da altre città, principalmente della zona circostante.
Ma l'ospedale e la sua struttura di servizi esiste per un fine molto più nobile, che non è solo quello di dare occupazione a centinaia o migliaia di persone, ma di ospitare un numero altrettanto grande di pazienti nei vari reparti che lo compongono.
A Busto esistono sia il Pronto Soccorso, appena rifatto, che la rianimazione. Due reparti che notoriamente costituiscono una spina nel fianco degli amministratori perchè sono estremamente costosi, di difficile gestione, poco remunerativi e dove anche il più piccolo errore può essere fatale.
Ieri sera la trasmissione di Raitre Report ci ha mostrato un aspetto della sanità che non è vera e propria "malasanità", ma qualcosa di peggio. E' quando si considera la professione medica e l'essere di servizio in una struttura ospedaliera alla stregua di una catena di montaggio, dove i rapporti tra ammalato e personale sono puramente formali, privi di qualsiasi manifestazione di attenzione alla persona: in queti casi, qualcuno li definisce "informali" o, perfino, "professionali".
A mio parere un rapporto del genere non potrà mai essere informale e la professionalità si traduce in tasso di soddisfazione che i pazienti manifestano nei confronti di quel reparto o specialista che in esso vi opera.
Una volta si diceva che il prete, il medico e il maestro erano una missione: mai come oggi credo che questa frase debba essere rivalutata e riportata al giusto livello nei settori che ne vedono l'applicazione, la Chiesa, la Scuola e la Sanità.
Quella di ripersonalizzare l'ambiente ospadaliero sarà una delle battaglie più dure da portare avanti finchè si considererà la questione solo dal profilo economico e non da quello del valore della persona, della dignità dell'uomo e del malato.
Accade di sentirsi raccontare che alcuni medici non prescrivono più certi esami costosi perchè, sul finire dell'anno, le ASL non hanno più soldi per pagare gli esami. Se fosse vero, sarebbe veramente drammatico.
Se si va a prenotare un esame si corre il rischio di sentirsi proporre una data a 3, 4, 6 mesi ed oltre, magari per una diagnosi precoce. Allora ci si affida alle cliniche private, magari convenzionate, ed a Busto abbiamo centri diagnostici davvero in gamba. Ma perchè questo stesso servizio non può essere erogato costantemente e con tempi decenti dalla nostra stessa struttura?
Stesso discorso per quanto riguarda i ricoveri e la programmazione degli interventi.
Sono sicuro che gli operatori del servizio potranno raccontarci la questione dal loro punto di vista, dirci quali sono le loro attese, i loro timori (se ne hanno), perfino le loro frustrazioni di fronte ad una organizzazione che dovrebbe essere la più umana di tutta la società, ma che spesso rischia di essere semplicemente una organizzazione efficiente ed "economicamente" sana.

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