Ci sono silenzi che parlano più di mille parole. Il mio silenzio di questi ultimi tre giorni è dovuto ad una serie di riflessioni che dovevano essere personali, ma che hanno finito per influire anche su quello che è il mio luogo di pubblico confronto.
Non è difficile capire che mi sto riferendo al Partito Democratico, a cui decisi di aderire come milioni di italiani con affetto e speranza, la speranza di un partito nuovo, di una nuova dimensione della politica che fosse al passo coi tempi, che sapesse riferirsi alle persone comprendendo che non siamo più nel XIX secolo, dove pochi decidevano per tutti, che era giunto il momento delicato della democrazia senziente e partecipata, che i nuovi media potevano dare una mano ma erano comunque un mezzo e non un fine.
La realtà di questi giorni parla di paradossi, dove nel giorno in cui l'avvocato inglese di Berlusconi viene condannato per corruzione (e praticamente si condanna lo stesso Berlusconi), a dimettersi è il segretario del PD. In fretta e furia si organizza l'assemblea, che vota il nuovo segretario di transizione, il vice di Veltroni originato da un "ticket" che non può essere pagato all'ASL di turno.
Io ho una grande stima e una conoscenza personale di Dario Franceschini, eppure non riesco ad essere completamente felice della sua elezione, proprio perchè temo che, al di là delle sue capacità personali e delle indubbie doti umane, questo partito è capace di triturare anche il più coriaceo dei suoi iscritti.
E tutto questo per una ragione, a mio parere, molto semplice: non si è mai fatto pulizia del passato, non si è mai fatta chiarezza sul futuro, ma si è vissuti in un presente incompleto e insoddisfacente. Questo, secondo me, su tre versanti molto ben precisi:
Non è difficile capire che mi sto riferendo al Partito Democratico, a cui decisi di aderire come milioni di italiani con affetto e speranza, la speranza di un partito nuovo, di una nuova dimensione della politica che fosse al passo coi tempi, che sapesse riferirsi alle persone comprendendo che non siamo più nel XIX secolo, dove pochi decidevano per tutti, che era giunto il momento delicato della democrazia senziente e partecipata, che i nuovi media potevano dare una mano ma erano comunque un mezzo e non un fine.
La realtà di questi giorni parla di paradossi, dove nel giorno in cui l'avvocato inglese di Berlusconi viene condannato per corruzione (e praticamente si condanna lo stesso Berlusconi), a dimettersi è il segretario del PD. In fretta e furia si organizza l'assemblea, che vota il nuovo segretario di transizione, il vice di Veltroni originato da un "ticket" che non può essere pagato all'ASL di turno.
Io ho una grande stima e una conoscenza personale di Dario Franceschini, eppure non riesco ad essere completamente felice della sua elezione, proprio perchè temo che, al di là delle sue capacità personali e delle indubbie doti umane, questo partito è capace di triturare anche il più coriaceo dei suoi iscritti.
E tutto questo per una ragione, a mio parere, molto semplice: non si è mai fatto pulizia del passato, non si è mai fatta chiarezza sul futuro, ma si è vissuti in un presente incompleto e insoddisfacente. Questo, secondo me, su tre versanti molto ben precisi:
- la valenza geografica del partito, ovvero la possibilità di dare risposte che siano coerenti e condivisibili sia al nord che al sud del nostro paese. Il dolore politico che la Lega in questi anni non ha fatto altro che mettere sotto gli occhi di tutti, ha dilatato questo problema senza che si sia riusciti, anche nel PD, a dare una risposta seria e concreta, ma semplicemente rincorrendo a tratti la Lega, in altri momenti affrontandola a muso duro, ma di fatto senza riuscire a riprendere in mano le questioni che il partito di Bossi è riuscito a far diventare esclusiva della propria azione politica;
- il problema morale e le diversità di opinione tra la componente cattolica e quella "laica", sempre sminuito, sottaciuto, minimizzato, ma che periodicamente torna in primo piano (come per Eluana) e allora strazia l'anima di questo partito, dove ognuna delle parti ritiene di essere titolare della rappresentanza del pensiero politico. Attenzione, perchè questo è il più grave peccato che potremo fare anche nel prossimo futuro...
- la piramide inversa non funziona, abbiamo detto di voler fare un partito che dialoghi con la base, ma siamo sempre più dentro le nostre sedi a parlare di tutto tranne che del confronto col mondo reale. Mi chiedo, anche in termini di autocritica personale, quante manifestazioni abbiamo organizzato qui a Busto, quanti momenti di confronto con la città, con i quartieri, con le organizzazioni sociali e di categoria, non per parlare tra di noi, ma per un confronto vero con la cittadinanza.
Siamo e restiamo dentro il fortino, anzi difendiamo con ancora maggiore forza la nostra posizione. Ma abbiamo già scoperto da tempo che essa è perdente, ce lo ha detto la storia elettorale anche recentissima. Siamo abilissimi nel litigare tra noi, ma non è così che costruiremo il partito di domani. Il futuro ci guarda e continua ad aspettarci, ma finora i "professori" non sono riusciti a capire da che parte esso sia...
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