Alessandro Berteotti

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domenica 28 dicembre 2008

L'economia potrà essere salvata dai piccoli risparmiatori

La crisi finanziaria internazionale che si è manifestata nella sua forma più virulenta durante lo scorso mese di settembre e che ha sconvolto il panorama internazionale, non è finita, anzi proprio ora cominciano a rendersi evidenti gli "effetti collaterali" di questa crisi.
Dovrei dedicare svariate pagine per chiarire anche solo gli elementi più semplici e comprensibili di ciò che sta accadendo e, ancora di più, di ciò che accadrà prossimamente, ma manca tempo e spazio. Cercherò solo di determinare cause ed effetti che potranno coinvolgere nel breve la vita dei cittadini di Busto Arsizio e dell'amministrazione comunale.
Mi scuso per la lunghezza di questo testo, ma sono sicuro che avrete la pazienza di leggere tutto fino alla fine.
I numeri parlano da soli: la crisi finanziaria ha bruciato circa 1.500 miliardi di euro, togliendoli dai patrimoni privati consolidati in azioni e fondi, mentre l'effetto su BOT, CCT e titoli di Stato in genere si andrà a sentire con le future scadenze. Già oggi vediamo che rispetto a tre mesi fa si è perso più di un punto percentuale nei cosiddetti "pronti contro termine", paragonabili ai BOT a sei mesi.
Questo è in linea con quanto rende noto il Ministero dell’Economia nelle sue “Linee guida della gestione del debito pubblico per il 2009”. Quindi almeno un quarto degli interessi futuri da questi titoli è stato compromesso, e si tratta di solito dei risparmi impegnati da pensionati o lavoratori dipendenti "prudenti". Ben diverso il discorso per chi ha investito in titoli e fondi, che hanno comportato perdite comprese fra il 35 ed il 75% dei valori iniziali. Molte di queste perdite sono solo nominali perchè i titoli non sono stati riscossi, per cui esiste ancora una speranza di rientrare, anche solo parzialmente, nel medio termine (almeno 2 anni).
L'effetto della crisi finanziaria sui risparmi è dunque devastante, ma rischia di esserlo anche di più nel medio-lungo termine nel settore economico ed imprenditoriale, sul quale ancora gli effetti non si sono chiaramente manifestati, ma è meglio non farsi illusioni.
Uno degli effetti indotti dalla crisi, oltre che la contrazione dei consumi, è infatti la carenza di credito. Per l'Italia questo vale solo parzialmente, perchè le nostre banche sono sempre state molto prudenti nel distribuire mutui e fidi ai propri clienti, per cui il rischio è minimo; ma molte banche hanno anche distribuito ai propri clienti i tanti "titoli spazzatura", oppure li hanno nei propri portafogli, ed ora stanno cercando di uscirne senza far crollare quel minimo di fiducia che ancora rimane ai risparmiatori. Per questo la crisi finanziaria non può dirsi conclusa.
Ora gli imprenditori che chiederanno un prestito alle banche avranno condizioni più dure che in passato, sarà più difficile rientrare dal credito inesigibile, si ridurranno le commesse e buona parte delle innovazioni progettate dovranno essere rimandate se le aziende non hanno la possibilità di autofinanziarsi o non hanno un bilancio più che solido.
Anche le grandi multinazionali avranno un grosso contraccolpo e perfino i classici imperi del consumo (come ad esempio gli ipermercati, le grandi catene, i mega centri commerciali) dovranno fare i conti con questa crisi. In Inghilterra, ad esempio, oggi chiude un quarto degli storici negozi Woolworths: 30mila senza lavoro tra pochi giorni. Questo sarà l'aspetto più drammatico di questa crisi.
La contrazione del mondo del lavoro causerà la chiusura di aziende e gruppi anche di portata internazionale, oltre a sfoltire il panorama delle piccole aziende terziste che pagheranno per la carenza di lavoro. Chiusura o riduzione dell'occupazione anche per loro.
Guardando al mondo del lavoro, è naturale che ad essere colpiti per primi saranno i precari (in una condizione di crisi, la parola precario costitusce già anche un giudizio di merito), cui non saranno rinnovati i contratti e che difficilmente potranno trovare un canale di riciclo. Quindi rischiano, in ordine decrescente, i lavoratori a tempo determinato in scadenza di contratto, le consulenze soprattutto quelle costose o su progetti che verranno congelati, infine i lavoratori dipendenti meno protetti dai contratti di lavoro.
Tutta questa precarietà si tradurrà, nel 2009, in un forte aumento della richiesta di pubblica assistenza, soprattutto a carico degli enti locali, a cui verranno progressivamente a mancare le risorse economiche (per la contrazione degli oneri di urbanizzazione, dove calerà la richiesta di nuove costruzioni), e ben difficilmente si potranno introdurre nuove tasse o aumentare quelle che già esistono.
Di conseguenza, le amministrazioni pubbliche faranno la scelta di ridurre gli investimenti e le opere già programmate rischieranno pericolosi scivolamenti nel tempo. Se poi sono opere che attendono da decenni... ecco perchè serve iniziare fin d'ora a preparare il prossimo bilancio preventivo, e mai come quest'anno è opportuno che esso venga costruito insieme tra maggioranza e opposizione, guardando ai veri bisogni della città e non solo agli interessi di una parte.
Noi non eravamo preparati a questo scenario, ma sarebbe anche più deleterio di quanto sta accadendo cercare di mascherare la crisi solo dicendo di non ridurre i consumi: i consumi si ridurranno di fatto. La cosa più importante e finora poco pubblicizzata è come i risparmiatori possano rispondere a questa crisi, che non potrà essere superata solo con l'intervento dei governi e delle banche centrali, ma soprattutto dal piccolo risparmiatore.
Esso dovrà trovare il coraggio di rilanciare economia e finanza dando nuove risorse monetarie, evitando di ricadere nelle forme protezionistiche del risparmio tipo "soldi sotto il materasso", perchè inefficaci e limitatrici delle vere possibilità del Paese.
L'economia potrà essere salvata dai piccoli risparmiatori, più che dalla Grande Finanza. Non escludo anche che si possa arrivare a qualche iniziativa di rilancio diretta, senza intermediazioni, anche se oggettivamente più rischiosa e priva di garanzie istituzionali. Ma non inesplorabile.
Di certo a tre/cinque anni, nulla sarà più come prima nel mondo occidentale e forse questo momento storico è rapportabile solo con la caduta del muro di Berlino: stiamo assistendo alla fine del capitalismo.

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