Alessandro Berteotti

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domenica 14 dicembre 2008

Il popolo delle barche

Stefania Agatea, per gli amici Cochi. Da anni Stefania fa la spola con la Cambogia, come missionaria laica del PIME. Una scelta di vita, una scelta non facile per chi è abituato a pensare alla vita che si svolge nelle nostre contrade. Ma a lei il coraggio non manca, anche se forse non bisognerebbe chiamarlo coraggio. E' la serenità dell'amore immenso che riesce a portare con sè in ogni momento della sua vita.
In questi giorni Stefania è tornata nella nostra città per un periodo di qualche settimana per comunicare la sua esperienza e lanciare un progetto: la carica dei 130. Centotrenta sono i ragazzi che ogni giorno arrivano dal "popolo delle barche" alla loro chiesa, al mattino alle sei, per mangiare un piatto di minestra fatta di pesce, carne e riso. Per molti, questo è l'unico pasto della giornata.
Il popolo delle barche è costituito da vietnamiti emigrati dal tempo della guerra; la storia racconta del profondo odio tra questi due popoli, e del fatto che i cambogiani non permettono a queste persone di mettere letteralmente piede a terra.
Le barche altro non sono che piroghe o canoe, non più larghe di un paio di metri. In alcuni casi, si costruisce una specie di zattera su cui si pone una capanna di foglie. Il risultato è che la maggior parte degli adulti di questa popolazione soffre di gravi malformazioni scheletriche, molte persone anche sulla terraferma camminano in modo goffo e ciondolante.
E' un popolo che vive di pesca, non potendo fare altri lavori sulla terraferma. Lo scopo dell'iniziativa che Stefania conduce insieme ad altre tre fra suore e volontarie, è di riuscire ad insegnare il cambogiano a questi bambini che altrimenti, parlando solo il vietnamita, verranno per forza costretti a restare sulle barche per tutta la loro esistenza.
Il fiume è la loro casa, la loro fonte di lavoro e di cibo. Nel fiume scaricano i loro rifiuti organici, dal fiume prendono l'acqua per mangiare. Non è difficile comprende che i problemi igienici e le malattie intestinali sono all'ordine del giorno.
Stefania vorrebbe che il nostro Natale consumista potesse includere anche un pensiero di civiltà autentica. Qualche euro che per noi non significa granchè, malgrado la crisi, per lei significherebbe attivare la ristrutturazione di un portico dove questi ragazzi potrebbero essere accolti e ricevere l'istruzione di base, che consentirà loro di accedere alla scuola statale cambogiana.
Lo scorso anno sono stati sette i bambini che attraverso questa iniziativa sono stati portati alla scuola elementare.
Chi volesse contribuire potrà rivolgersi alla segreteria della parrocchia del Redentore, oppure direttamente a Stefania (chi la conosce personalmente) o anche a me. Vi metterò in contatto.

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