Alessandro Berteotti

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domenica 18 maggio 2008

Cina e Myanmar, catastrofe, aiuti e dittature


La domenica è il giorno laicamente e religiosamente consacrato al riposo, ma anche alla riflessione. Nel mio blog la domenica sarà dedicata a guardasi intorno, in Italia e nel mondo, alla ricerca di ciò che la settimana ci ha proposto come temi di attualità.

Ed oggi non possiamo fare a meno di pensare alle due catastrofi che in pochi giorni hanno colpito il territorio asiatico facendo un numero impressionante di morti.

In Myanmar, ex Birmania, le ultime fonti (Reuter) parlano di 133.000 morti, ma secondo funzionari britannici, l'attuale bilancio potrebbe già essere superiore a 200.000. La situazione permane grave causa le piogge monsoniche che continuano ad insistere sul delta dell'Irrawaddy e per il colera, che purtroppo è una malattia abituale.

Il vero problema però è dato dall'esercito, che governa incontrollato da 46 anni, e che continua ad insistere di essere in grado di gestire la distribuzione di aiuti, temendo che l'influenza degli stranieri possa indebolire il proprio potere. Come per i fatti dello scorso settembre, quando i monaci furono massacrati per il loro tentativo di ribellarsi al regime; ma la loro sfortuna è di non avere petrolio o altre ricchezze naturali, tali da convincere gli Stati occidentali ad essere meno accondiscendenti con i militari e più continui nella pressione politica verso questi stati.

In Cina la situazione è parimenti drammatica. Il peggior terremoto che abbia colpito la nazione negli ultimi 60 anni, un'altra catastrofe di almeno 100.000 morti, che potrebbero anche in questo caso diventare di più per le condizione geologiche instabili della zona, per il grappolo di scosse che ancora si stanno accanendo con una violenza terribile, per i pericoli derivanti dalle dighe danneggiate e per la lentezza dei soccorsi. Anche qui il regime non offre possibilità di interventi diretti stranieri e questo accade proprio nell'anno delle Olimpiadi.

Tra i due disastri la distanza è di meno di 2.000 chilometri, quasi a significare che su quelle povere popolazioni la catastrofe, seppure diversa nel tempo e nelle circostanze, abbia voluto colpire chi già vive nel dolore.

Per questo la nostra solidarietà non può mancare, né con il pensiero, né con l'azione concreta.

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