Alessandro Berteotti

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martedì 8 luglio 2008

Riscoprire il significato del termine Sacrificio

Estate, tempo di vacanze, di spiagge affollate e di città deserte. Questo luogo comune quest'anno rischia però di non essere rispettato, causa la crisi economica.
Eppure sappiamo che molti non sono disposti a rinunciare a nulla e, pur di andare in vacanza, si fanno finanziare sino al limite estremo di quanto nelle loro possibilità economiche.
Questo ci porta a fare una riflessione che a molti potrebbe risultare antipatica: la nostra società ha dimenticato il senso della parola "sacrificio". Chi mi conosce sa che questo è uno dei miei punti fissi, ma credo che, a dispetto dell'apparente pessimismo, questa sia una delle molle che potrà far ripartire davvero la nostra società, riappropriandoci del senso ultimo di questa parola.
Sacrificio ha in se molti valori, non solo il significato di rinuncia. Se ci rifacciamo a quelle radici ebraico-cristiane, spesso sbandierate a sproposito dalla nostra Amministrazione, dovremmo ricordare che l'atto di donare qualcosa a Dio è sacrificio. In una visione più allargata, dunque, è sacrificio togliere qualcosa dal nostro quotidiano per donarlo, fisicamente o idealmente, a beneficio di altri.
Nella gestione della cosa pubblica, potremmo dire che il sacrificio di alcune risorse non vitali può essere utilizzato per il bene comune. Verrebbe facile dire che se qualche assessore dà le dimissioni, potremmo non sostituirlo e quindi, potremmo fare un sacrificio per recuperare risorse economiche da destinare ad altro utilizzo.
Però non voglio focalizzare l'attenzione del ragionamento a facili congetture amministrative, altrimenti dovrei dire che comunque 8 assessori al comune di Busto sono troppi; in realtà, quello che vorrei sostenere è che, se da una parte il Pubblico può essere un tramite, un esempio da seguire, poi deve essere la città nel suo insieme che raccoglie questa sfida e si impegna per rilanciare con convinzione questa provocazione.
La società però è totalmente focalizzata su un altro vocabolo: benessere. Vivere bene è quasi un dovere, e benessere si coniuga facilmente con un altro termine: benestante.
Questa cultura del bello è però anche cultura dell'effimero. La bellezza è per sua natura destinata a durare poco, come un fiore che al mattino sboccia e alla sera sfiorisce.
Allora per dare significato alla nostra vita dobbiamo tornare a credere nei valori essenziali, e riportarli a concetto fondante della nostra società. La nostra Costituzione ne è una testimonianza: la potremmo anche ammodernare per alcune parti, ma l'impianto di base regge al tempo perchè fondato su valori solidi e universali. E questi non sono nè i soldi, nè il successo personale.

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