Alessandro Berteotti

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mercoledì 16 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Quinta

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE

La sobrietà favorisce lo sviluppo
La sobrietà non è solo un valore personale e individuale, è anche un valore sociale, comunitario: coinvolge la Città come tale.
Una delle più frequenti obiezioni alla sobrietà va al cuore della questione: l’industria e il terziario tengono solo se ci sono consumi, il cui calo comporta il calo della produzione. Ora la sobrietà pare esigere una riduzione dei consumi e, se attuata, andrebbe contro lo sviluppo, divenendo fonte di gravi problemi a cominciare dalla disoccupazione. Dunque la sobrietà potrebbe apparire un valore estraneo per Milano! Sobrietà, però, non significa non consumare e non produrre. È piuttosto “utilizzare” non in un’ottica di spreco, bensì di saggio impiego, finalizzando così la produzione e i servizi ai veri bisogni dei singoli, per crescere nel benessere condiviso.
La sobrietà muove dalla consapevolezza che le risorse sono limitate e che vanno quindi ben utilizzate. Essa stimola l’intelligenza e la capacità di ciascuno perché sappia usare al meglio le opportunità che vengono offerte per il singolo e per gli altri, per l’intera umanità. La sobrietà non danneggia l’economia ma è a favore di una sua realizzazione sapiente perché mette al centro la persona e le sue esigenze più vere. È questo l’insegnamento della Chiesa riproposto nell’enciclica sociale Caritas in veritate.
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Quello che ci propone il Cardinale in questo passaggio pare essere un paradosso: come può la sobrietà essere fattore di sviluppo? Spero di interpretare bene le sue parole se leggo in questo una rielaborazione efficiente ed efficace di ciò che oggi è il risultato peggiore del consumismo, lo spreco, l'abbondanza, il superfluo, trasformati in positività a favore della collettività.
Questo può avvenire senz'altro attraverso una diversa e consapevole scelta dei prodotti fin dal loro apparire, lasciandoci guidare meno dalla pubblicità e dal marketing per arrivare ad una razionalità di consumi, che alla fine spingerebbe gli stessi produttori ad una più attenta selezione dell'offerta.
Dall'altro, incidere proprio sulla filiera del prodotto, rivalutando produzioni che ormai tendono a scomparire o sono addirittura scomparse, accorciare i tempi e i luoghi di produzione-consumo, ottimizzare e valorizzare le risorse locali.
Infine, utilizzare fino in fondo i prodotti alimentari per proporre, sulla linea del Banco o della Colletta Alimentare, un maggiore e migliore sfruttamento del prodotto affinchè possa essere consumato nel suo periodo immediatamente antecedente la scadenza, invece di essere destinato a distruzione.
Tutto ciò, inoltre, andrebbe a pesare sul ciclo dei rifiuti, riducendone il volume e migliorandone la qualità, ai fini di un migliore impatto ambientale ed una maggiore qualità della vita. E questo si traduce in un'altra parola efficace: occupazione. Realizzare queste filiere presuppone ricerca e sviluppo tecnico, migliori strumenti a disposizione delle varie aree interessate, innovazione e profittabilità. Se vi par poco...

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