Alessandro Berteotti

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martedì 15 dicembre 2009

MILANO TORNI GRANDE CON LA SOBRIETÀ E LA SOLIDARIETÀ - Parte Quarta

DISCORSO ALLA CITTÀ PER LA VIGILIA DI S. AMBROGIO 2009 TESTO LETTO DAL CARDINALE
Non c’è solidarietà senza sobrietà
Ed ora, proprio nel contesto di Milano chiamata a un supplemento di solidarietà, giungo a un’affermazione forse inattesa: quella riguardante la sobrietà. Sì, la nostra Milano, come tutte le città e forse ancor più delle altre, ha bisogno di sobrietà. Vorrei ricordare quanto dissi nell’omelia della S. Messa della notte dell’ultimo Natale in Duomo quando rivolsi un invito alla conversione: «C’è uno stile di vita costruito sul consumismo che tutti siamo invitati a cambiare per tornare a una santa sobrietà, segno di giustizia prima ancora che di virtù».
A distanza di quasi un anno, sento di dover ripetere queste parole, invitando a recuperare la fatica e la gioia della sobrietà. La sobrietà è possibile, in essa c’è il segreto della vita buona e bella, anche se il cammino per arrivarvi è difficile e chiede che si cambi lo stile di vita. Con la sobrietà è in questione un “ritornare”, come se si fosse smarrita la strada. Ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione.
Soprattutto la sobrietà è questione di “giustizia”. Siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco, e anche nella nostra Città c’è chi sta molto bene, mentre sempre più aumenta il numero di chi fa più fatica. La sobrietà ci aiuta a costruire la giustizia, perché decide, sceglie e agisce secondo la giusta misura, e dunque sempre con l’attenzione vigilante ai diritti e doveri che si hanno nei riguardi sia di se stessi che degli altri, superando sempre eccessi e sprechi. In particolare la “giusta misura” nell’uso dei beni rende la sobrietà, da un lato nemica dell’avarizia, dall’altro amica della liberalità, ossia di una pronta disponibilità alla condivisione dei beni. Questa stretta connessione tra la sobrietà e la giustizia ci aiuta a comprendere come la sobrietà sia una via privilegiata che ci conduce alla solidarietà. Solo chi è sobrio può essere veramente solidale. Infatti la sobrietà crea gli spazi: nella mente, nel cuore, nella vita, nella nostra casa… La sobrietà apre agli altri e ridimensiona l’importanza eccessiva che diamo a noi stessi; ci apre agli altri e in ogni cosa ci interpella a partire dal bisogno altrui.
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Questa e la successiva sono, secondo il mio giudizio, le parti più innovative del discorso del Cardinale, quelle che guardano finalmente con occhio disincantato alla realtà attuale e ne affrontano i passaggi più duri, perfino più "fastidiosi" per coloro che hanno conquistato il benessere e ora lottano per mantenerlo.
Credo che questa dinamica sia nelle cose stesse della vita, se ci fermassimo un momento a riflettere: la sobrietà non è solo economica, ma anche intellettuale, culturale e sociale.
La nostra società invece, ha assunto i ritmi consumistici come nuova religione, come nuovo idolo a cui sacrificare tutto, persino la propria coscienza. Conta l'apparire, non l'essere. Conta l'apparire anche di più che l'avere.
La sobrietà cui fa riferimento l'Arcivescovo dovrebbe essere il modo con cui affrontare le nuove sfide di questo inizio millennio: la crisi è mondiale perchè è andato in crisi un modello globale, fatto di debiti contratti per avere questo modello di apparenza, che è contrario alla sobrietà. Un modello artefatto, truffaldino e arrogante, capace solo di rendere più poveri i poveri e più ricchi i ricchi attraverso un intricato sistema di generazione della ricchezza dal proprio debito.
Mi rendo conto di non essere in grado di rendere con parole semplici quello che il Cardinal Tettamanzi ha voluto esprimere, eppure sento in cuor mio che questo discorso è puramente rivoluzionario, innovativo e pacifico al tempo stesso, il modello che potrebbe aprire la strada all'Uomo Nuovo che ancora stiamo cercando.

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