Alessandro Berteotti

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sabato 11 luglio 2009

Ritorno al Futuro del PD

Spesso e volentieri mi sono permesso di criticare la maggioranza di Governo nazionale ed il suo Premier, piuttosto che la maggioranza della città di Busto Arsizio; mi sono reso conto che molte volte ho fatto loro un piacere più che un dispetto.
Ma questa settimana un quotidiano locale ha detto che (alcune) persone del PD locale dimostrano di avere del sale in zucca, forse più di coloro che governano la città.
Mettendo insieme le due cose, mi avventuro in quella che vuole essere la critica interna più costruttiva da quando esiste il PD. E la prima cosa che mi viene da dire è che andando verso il Congresso autunnale non si proceda come si è fatto in questi primi due anni di esperienza di partito.
Questo non è il partito che volevamo, mi permetto di usare il plurale. Questo non è l'evoluzione di quell'Ulivo nel quale moltissimi di noi (e non solo) credevamo; non porta il segno del partito moderno, con un leader capace di costruire una transizione prima ed un vero partito dopo.
Abbiamo avuto in questi due anni tre leader (Prodi, Veltroni, Franceschini), senza ancora aver discusso tesi e mozioni dentro un Congresso Nazionale, rischiamo di trovarci al quarto Segretario entro poco tempo e la domanda è: poi quanto durerà? Quanto riuscirà a resistere alla violenta critica interna, che spesso è più distruttiva della violenza politica rivolta verso l'avversario ideologico?
Che fine fanno i giovani, una volta che emergono e vengono portati anche in ruoli rilevanti? Facciamo un paio di nomi: Martina per la Lombardia, messo già in difficoltà dai nomi che si vanno prospettando nel panorama prossimo futuro della leadership regionale; e la Serracchiani, da molti idealizzata forse oltre i suoi stessi meriti e capacità, che pure sono notevoli, ma non taumaturgici, in grado di guarire un partito in crisi di identità con la sola imposizione delle mani...
Troppi dialetti in questa lingua comune. Ricordate che l'Ulivo riuscì nella sua esperienza non partitica a portare molti più voti di quanti ne portassero i partiti che lo formavano, segno evidente che veniva premiata l'idea innovativa, lo spirito di forza che traspare anche senza molta fantasia dal fatto di aggregare forse politiche diverse in un unico simbolo partitico.
Cosa riuscita invece al PdL, sebbene nato più tardi e senza molta convinzione, imposto da un padre-padrone che sul predellino di un'auto sbraitava in piazza San Babila a Milano.
In un paese normale sarebbe stato definito un pazzo, un teatrante, un saltimbanco della politica, eppure... la gente riconosce in lui un carisma che tutti gli altri, anche nella sua parte politica, non hanno. Anche se il carisma ha una ragione precisa (il denaro) ed una origine non proprio cristallina (il passato in P2), che originano il suo attuale potere.
Ma queste non sono giustificazioni. Il fatto è che il Centrosinistra da due anni ha un'emorragia di consensi che solo ora pare in parte arrestarsi, ma che rischia di riprendere proprio con questo Congresso, impostato in modo quanto meno cervellotico sia per le modalità di elezione e convalida del Segretario, sia per l'assenza di un leader che sia davvero innovativo e non espressione di una nomencaltura che fa trasparire la sua presenza ad ogni telegiornale.
Ragazzi, così non va. La questione non è se Bersani sia meglio di Franceschini, il fatto è che nessuno dei due pare potersi smarcare da una vecchia struttura di apparato partitico troppo simile alle precedenti già apparse almeno nell'ultimo decennio. La transizione del PD a nuovo partito sarà completa solo quando i vecchi soloni potranno starsene in platea a gustarsi il presente senza voler a tutti i costi entrare in scena a recitare una parte che ormai non è più la loro.
Insegnino invece ai nuovi attori a presentarsi in modo decente sulla scena, formino la nuova classe dirigente, trasferiscano le conoscenze e abbandonino le vecchie strutture, cancellino simboli e miti del passato perchè il presente, ed ancora più il futuro, come si diceva in un famosissimo film, sono ancora da scrivere.

1 commento:

alberto pirani ha detto...

Concordo pienamente:mi limito peraltro a sottolineare che un partito di massa che ambisce ad avere larghi consensi e che si propone per la guida del Paese sia a livello nazionale che locale, deve avere una struttura organizzativa forte, un programma chiaro di formazione e di selezione dei propri quadri e un forte radicamento sul territorio. E, soprattutto, deve avere idee chiare e "non negoziabili" sul modello di società da proporre al Paese. Il Paese dei balocchi dell'avventura berlusconiana è destinato a riservarci un brusco risveglio. Non sarà facile riportare la barca a galla.

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