Alessandro Berteotti

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martedì 12 gennaio 2010

Benvenuti a Rosarno

Io a Rosarno non c'ero, non ho visto nulla direttamente e non mi fido delle cronache giornalistiche. Però conosco qualcuno che può dire qualcosa di più personale essendo più vicino alla realtà locale e volendo condividere con altri amici la sua impressione sui fatti.
Questa la sua riflessione.
Benvenuti a Rosarno
Chi arriva a Rosarno è accolto alle porte del paese da un cartellone stradale emblematico, al tempo orgogliosamente installato dalle istituzioni locali: “Rosarno, città videosorvegliata”.
Proprio così. Qui si va dritti al sodo, ed attribuzioni culturali tipo “città d'arte” o simili non sono di casa.
Benvenuti in terra di 'ndrangheta. Non è che gli altri comuni del reggino se la passino meglio, anzi. E' una “fenomenologia della criminalità” ormai consolidata da tempo: cassonetti con evidenti segni di danneggiamento, strade eternamente dissestate con crateri che farebbero arrossire anche un geyser islandese, palazzine con mattoni a vista, cartellonistica stradale nei migliori dei casi divelta, ma di consuetudine crivellata da lupare e P38 a mo' di groviera.
E' così che qui i mafiosi marcano il territorio. Un po' come i cani quando fanno la pipì per strada. Le molotov inesplose si contano ormai come fossimo tornati negli anni Trenta e la sera si lasciavano i vuoti del latte davanti alla porta di casa. Poi c'è il tritolo, raffinatissimo, che ieri ha fatto saltare per aria un negozio di informatica, oggi un bar o una pescheria, domani chi lo sa.
Da un lato una potenza militare spietata e molto più avanti in strategia anche di organizzazioni terroristiche come l'Eta o Al Quaeda, dall'altra una classe dirigente in gran parte culturalmente e politicamente indietro di più di quarant'anni rispetto al resto d'Italia. Nel mezzo i cittadini, per lo più gente umile e che vorrebbe vivere onestamente, ma comunque facilmente inclini alla reverenza a questo o a quel padrone di turno.
E questo è un problema patologico, non certo occasionale. La prima vera dimostrazione pratica di cosa volesse dire la parola “dignità” ce l'hanno data poco più di un anno fa gli africani, quando contro due di loro furono esplosi diversi colpi di pistola. Sì, proprio quegli stessi immigrati che da sempre sono pagati meno di un pacchetto si sigarette e che ora sembrano aver perso la testa. Vessati, malnutriti, picchiati, minacciati, e per di più ostaggio di quegli stessi caporalati 'ndranghetistici che in molte occasioni paradossalmente si saranno subdolamente finanche fatti scudo delle leggi dello Stato per costringerli nuovamente al silenzio ogni qual volta avranno accennato ad alzare la testa: “Se vuoi stare qui così è, altrimenti denuncia ed espulsione immediata”.
Per questo io voglio continuare a credere nella buona fede degli immigrati, che ora cominciano a venire deportati lontano da Rosarno. E anche se hanno sbagliato nel modo di reagire, un po' invidio il loro senso di solidarietà civile. Perché se la 'ndrangheta oggi o domani sparasse ad un povero cristo calabrese, quello stesso popolo che si ritiene più civile di questi sporchi negri, si volterebbe dall'altra parte.
E' l'eterna condanna di questa terra, e purtroppo noi abbiamo già letto e riletto pagine come queste.
Aldo Pecora - Presidente "Ammazzateci Tutti"

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