Per dirla con una battuta, quest'anno a Berlusconi non è riuscita l'accoppiata scudetto-elezioni. Ha vinto lo scudetto, ma ha perso le elezioni. Già. E non è una novità, visto che con Prodi ha sempre perso. Io insisto, visto che solo in queste occasioni qualcuno se ne ricorda.
Essendo ormai libero di esprimere le mie opinioni anche sul consiglio comunale di Busto Arsizio, visto che non ne faccio più parte (per mia scelta), oggi mi sono dedicato, avendo un po' di tempo, a leggere i commenti e le dichiarazioni dei consiglieri eletti e anche di coloro che, tra qualche sorpresa, proprio non ce l'hanno fatta a entrare o rientrare in questo consiglio.
Qualche commento mi ha davvero incuriosito. Come ad esempio il rammarico del neoconsigliere Rossi (Gianpietro, classe 1927, già più giovane sindaco d'Italia, ora più anziano candidato sindaco a questa tornata amministrativa nazionale) per la mancata rielezione di Ninetto Pellegatta, insieme al rammarico di quest'ultimo per il fallito record dei 50 anni consecutivi in consiglio.
Il rammarico di Ninetto diventa amarezza quando parla del collega di partito Lista, il quale non ha badato a spese pur di assicurarsi qualcosa di più di 400 preferenze: camion, manifesti elettorali, intere pagine sulla stampa periodica. Insomma, al povero Luciano questa passione per la politica amministrativa deve essere costata un patrimonio! Altrocchè le 150 lettere agli amici di Ninetto. Insomma, due stili a confronto. Ma se la critica arriva dall'interno della maggioranza che ha vinto le elezioni...
Che dovrebbe dire la minoranza? E' vero, al momento non esiste una legge che imponga un limite, un confine accettabile o un minimo garantito tra le propagande elettorali dei vari partiti, ma non c'è dubbio che in un momento di crisi come l'attuale, spendere e spandere come ha fatto il centrodestra in questa città, sinceramente un po' di fastidio lo dà. Anche nell'ottica del ragionamento (sicuramente sfuggito a parte dell'elettorato) che chi è prodigo del suo, lo sarà anche di più del patrimonio pubblico.
E gli effetti si vedono subito: invece di reclamare qualcosa per la città, i vincitori si buttano a peso morto sulla spartizione delle poltrone disponibili, sia in Giunta che presso le società che offrono posti remunerati. Questo è l'aspetto meno etico ed apprezzabile della politica, e non è e non può essere una giustificazione dire: così fan tutti.
Vorrei ricordare ai Leghisti che se nel 2006 erano scesi al 13% è stato perchè il loro sindaco uscente e rottamato, Luigi Rosa, formò un nuovo movimento politico che raggiunse il 15%, rubando buona parte di quei voti proprio ai vecchi amici di partito. Oggi, riassorbito l'effetto Rosa e del tutto anestetizzato all'intero del PdL, con la di lui bocciatura in questa tornata, quella porzione di voto è tranquillamente tornata là da dove veniva. Non ci sono stati travasi, la Lega non è cresciuta, è tornata a ricomporsi e nemmeno questo movimento ha dato segni di rinnovamento concreti, confermando nelle preferenze il suo esponente locale più radicato, Gianpiero Reguzzoni. Non me ne voglia di questa affermazione Speroni, ma lui ormai sta di casa all'Europarlamento e sarebbe opportuno che lasciasse anche la poltrona di presidente del Consiglio. Magari proprio a Rossi.
Vorrei si considerasse anche la denuncia dei cittadini che ieri hanno dovuto subire il blocco del traffico sui Cinque Ponti, e che molti hanno sottolineato con la frase: "Bravo Farioli, prima ti fai rieleggere e poi ci fai un bel regalo". Il Giro passa tra una settimana, ma se quell'intervento fosse stato fatto la settimana prima delle elezioni, credo ci sarebbe stata anche la possibilità che Farioli non vincesse al primo turno. Ma tant'è...
Nel panorama complessivo di questa elezione, che forse ha visto a Busto Arsizio il record dei candidati (sia sindaci che consiglieri), restano fuori dall'analisi solo i delusi. Chi meno (Stelluti, che un po' se lo aspettava, ma sperava comunque nel ballottaggio), chi più, come Iadonisi, Porfidio e Corrado. Il primo deluso o ingannato dalla commissione elettorale: personalmente gli faccio gli auguri. Tutto sommato, le regole devono essere definite prima e applicate dopo il voto, non interpretate al momento. Ho letto anche dell'analisi del voto a Porfidio e Corrado (o del mancato voto alla loro proposta politica) e sinceramente non sono d'accordo. Essendo stato in questi anni loro collega di consiglio, ed avendo assistito a tutti i consigli (in 14 anni ne ho persi solo 3, per motivi di lavoro), posso dire che entrambi hanno interpretato in chiave personalistica un consenso frazionario. Non è in questo modo che ci si radica nella cittadinanza e si crea un'opinione politica. Sta tramontando l'epoca del "Leaderismo", mentre loro sono sempre stati interpreti di questo tipo di politica, senza dare in realtà un contenuto concreto alle proprie proposte.
Non basta chiamarsi "Voce della Città" per esserlo davvero. Molto spesso le urla di Porfidio hanno solo disturbato l'audio consiliare (qui il gioco di parole è obbligato). Così come questo benedetto Articolo Tre non si è capito bene a quali altri due articoli seguisse, in ordine a quale regolamento. E si sa quale sia l'antipatia degli italiani ai regolamenti...
Io la metto un po' sull'ironico, ma in realtà ci sarebbe poco da ridere, anche a denti stretti.
Sappiamo che tutti questi commenti, tutte le illazioni, tutti i progetti potrebbero essere spazzati via tra pochi giorni a seguito di un cambiamento di rotta della politica nazionale di cui si vedono già le prime (e pure le seconde) avvisaglie: la fine dell'epoca Berlusconi, da lui stesso evocata con il discorso di Milano del 7 maggio, la rottura con la Lega, lo sgretolamento di un centrodestra che senza leader-padrone tornerà sul pianeta Terra e potrebbe avere una più che brutta sopresa da questo impatto.
Milano è origine e ragione di questo disastro imminente. Oltre trent'anni fa, Busto Arsizio ha voltato pagina e da città industriale e indipendente ha deciso di diventare satellite del capoluogo regionale, seguendone anche i destini sociali e politici. Il vento del cambiamento potrebbe arrivare fino qui, nel profondo Nord.
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