Alessandro Berteotti

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giovedì 19 maggio 2011

Tutti pazzi per il Consiglio

Per dirla con una battuta, quest'anno a Berlusconi non è riuscita l'accoppiata scudetto-elezioni. Ha vinto lo scudetto, ma ha perso le elezioni. Già. E non è una novità, visto che con Prodi ha sempre perso. Io insisto, visto che solo in queste occasioni qualcuno se ne ricorda.


Essendo ormai libero di esprimere le mie opinioni anche sul consiglio comunale di Busto Arsizio, visto che non ne faccio più parte (per mia scelta), oggi mi sono dedicato, avendo un po' di tempo, a leggere i commenti e le dichiarazioni dei consiglieri eletti e anche di coloro che, tra qualche sorpresa, proprio non ce l'hanno fatta a entrare o rientrare in questo consiglio.


Qualche commento mi ha davvero incuriosito. Come ad esempio il rammarico del neoconsigliere Rossi (Gianpietro, classe 1927, già più giovane sindaco d'Italia, ora più anziano candidato sindaco a questa tornata amministrativa nazionale) per la mancata rielezione di Ninetto Pellegatta, insieme al rammarico di quest'ultimo per il fallito record dei 50 anni consecutivi in consiglio.


Il rammarico di Ninetto diventa amarezza quando parla del collega di partito Lista, il quale non ha badato a spese pur di assicurarsi qualcosa di più di 400 preferenze: camion, manifesti elettorali, intere pagine sulla stampa periodica. Insomma, al povero Luciano questa passione per la politica amministrativa deve essere costata un patrimonio! Altrocchè le 150 lettere agli amici di Ninetto. Insomma, due stili a confronto. Ma se la critica arriva dall'interno della maggioranza che ha vinto le elezioni...


Che dovrebbe dire la minoranza? E' vero, al momento non esiste una legge che imponga un limite, un confine accettabile o un minimo garantito tra le propagande elettorali dei vari partiti, ma non c'è dubbio che in un momento di crisi come l'attuale, spendere e spandere come ha fatto il centrodestra in questa città, sinceramente un po' di fastidio lo dà. Anche nell'ottica del ragionamento (sicuramente sfuggito a parte dell'elettorato) che chi è prodigo del suo, lo sarà anche di più del patrimonio pubblico.


E gli effetti si vedono subito: invece di reclamare qualcosa per la città, i vincitori si buttano a peso morto sulla spartizione delle poltrone disponibili, sia in Giunta che presso le società che offrono posti remunerati. Questo è l'aspetto meno etico ed apprezzabile della politica, e non è e non può essere una giustificazione dire: così fan tutti.


Vorrei ricordare ai Leghisti che se nel 2006 erano scesi al 13% è stato perchè il loro sindaco uscente e rottamato, Luigi Rosa, formò un nuovo movimento politico che raggiunse il 15%, rubando buona parte di quei voti proprio ai vecchi amici di partito. Oggi, riassorbito l'effetto Rosa e del tutto anestetizzato all'intero del PdL, con la di lui bocciatura in questa tornata, quella porzione di voto è tranquillamente tornata là da dove veniva. Non ci sono stati travasi, la Lega non è cresciuta, è tornata a ricomporsi e nemmeno questo movimento ha dato segni di rinnovamento concreti, confermando nelle preferenze il suo esponente locale più radicato, Gianpiero Reguzzoni. Non me ne voglia di questa affermazione Speroni, ma lui ormai sta di casa all'Europarlamento e sarebbe opportuno che lasciasse anche la poltrona di presidente del Consiglio. Magari proprio a Rossi.


Vorrei si considerasse anche la denuncia dei cittadini che ieri hanno dovuto subire il blocco del traffico sui Cinque Ponti, e che molti hanno sottolineato con la frase: "Bravo Farioli, prima ti fai rieleggere e poi ci fai un bel regalo". Il Giro passa tra una settimana, ma se quell'intervento fosse stato fatto la settimana prima delle elezioni, credo ci sarebbe stata anche la possibilità che Farioli non vincesse al primo turno. Ma tant'è...


Nel panorama complessivo di questa elezione, che forse ha visto a Busto Arsizio il record dei candidati (sia sindaci che consiglieri), restano fuori dall'analisi solo i delusi. Chi meno (Stelluti, che un po' se lo aspettava, ma sperava comunque nel ballottaggio), chi più, come Iadonisi, Porfidio e Corrado. Il primo deluso o ingannato dalla commissione elettorale: personalmente gli faccio gli auguri. Tutto sommato, le regole devono essere definite prima e applicate dopo il voto, non interpretate al momento. Ho letto anche dell'analisi del voto a Porfidio e Corrado (o del mancato voto alla loro proposta politica) e sinceramente non sono d'accordo. Essendo stato in questi anni loro collega di consiglio, ed avendo assistito a tutti i consigli (in 14 anni ne ho persi solo 3, per motivi di lavoro), posso dire che entrambi hanno interpretato in chiave personalistica un consenso frazionario. Non è in questo modo che ci si radica nella cittadinanza e si crea un'opinione politica. Sta tramontando l'epoca del "Leaderismo", mentre loro sono sempre stati interpreti di questo tipo di politica, senza dare in realtà un contenuto concreto alle proprie proposte.


Non basta chiamarsi "Voce della Città" per esserlo davvero. Molto spesso le urla di Porfidio hanno solo disturbato l'audio consiliare (qui il gioco di parole è obbligato). Così come questo benedetto Articolo Tre non si è capito bene a quali altri due articoli seguisse, in ordine a quale regolamento. E si sa quale sia l'antipatia degli italiani ai regolamenti...


Io la metto un po' sull'ironico, ma in realtà ci sarebbe poco da ridere, anche a denti stretti.


Sappiamo che tutti questi commenti, tutte le illazioni, tutti i progetti potrebbero essere spazzati via tra pochi giorni a seguito di un cambiamento di rotta della politica nazionale di cui si vedono già le prime (e pure le seconde) avvisaglie: la fine dell'epoca Berlusconi, da lui stesso evocata con il discorso di Milano del 7 maggio, la rottura con la Lega, lo sgretolamento di un centrodestra che senza leader-padrone tornerà sul pianeta Terra e potrebbe avere una più che brutta sopresa da questo impatto.


Milano è origine e ragione di questo disastro imminente. Oltre trent'anni fa, Busto Arsizio ha voltato pagina e da città industriale e indipendente ha deciso di diventare satellite del capoluogo regionale, seguendone anche i destini sociali e politici. Il vento del cambiamento potrebbe arrivare fino qui, nel profondo Nord.

martedì 17 maggio 2011

La città cristallizzata

Questo è il primo post che scrivo da ex-consigliere. In quanto scelta ponderata da tempo, non mi pesa darmi questa definizione, con la quale ho aggiornato il sottotitolo del mio blog.

Dopo 14 anni potrebbe essere tempo di bilanci, ma credo che prima di dedicarsi alle memorie, abbia ancora voglia di commentare il presente. Ieri abbiamo potuto vedere i primi risultati di questo turno elettorale ed oggi siamo alla loro valutazione.

Vediamo allora che in quadro nazionale di grande fermento, in una zoan che ha prodotto i casi Gallarate (scontro aperto tra PDL e Lega) e Varese (Fontana costretto al ballottaggio dalla grande Luisa Oprandi -Vai Luisa!-), a Busto Arsizio, medesima provincia di Varese, non pare essere successo assolutamente nulla, tanto che il candidato sindaco uscente Farioli si riconferma con la medesima percentuale dello scorso turno. Solita sconfitta del Centrosinistra che proprio non ce la fa a decollare da questa strana città, ma nemmeno gli altri, quelli che dovevano cambiare la politica dall'interno (Porfidio e Corrado) ce la fanno ed escono mestamente dal consiglio comunale, nemmeno troppo a testa alta. Un vero disastro per loro.

Invece, una nota di plauso va al Movimento 5 Stelle, che pone in consiglio il proprio candidato sindaco, con un ottimo 5,5%. Adesso per loro comincia però la fase più delicata, quella di trasformare il disagio politico in vera opposizione e, in prospettiva, in logica di governo.

Chi ha già tracciato questa strada fu la Lega, proprio cominciando come movimento di protesta per arrivare alle poltrone di Roma Ladrona, conquistate e mai più cedute. Si vede che sono comode.

Tutto a posto? Non credo proprio.

Ci sono almeno due fattori da indagare e scoprire: il primo è legato alle tensioni che sono ormai palpabili tra Bossi e Berlusconi. La resa dei conti potrebbe portare, come conseguenza, che l'esperimento di Gallarate possa essere un elemento di misurazione del potere della Santa Alleanza PDL-Lega, ammesso che esista ancora.

Il secondo è la tenuta del confermato sindaco Farioli, che, come fu già scritto e detto da diverse persone addette ai lavori, ha più nemici nel proprio orticello che altrove. Di certo peseranno in questo contesto le numerose teste coronate che non potranno entrare in consiglio nè potranno sedere sui banchi della Giunta comunale. Tra i "trombati" troviamo il decano dei consiglieri, Pellegatta, quello a cui questa bocciatura fa meno male, considerando l'età non più giovanissima. Poi, il folto gruppo degli ex-consiglieri PDL bocciati: Bottini, Fantinati, Chiesa, Cicero, Cislaghi, Fontana, Lattuada, Rosa e Rosanna (li ho scritti secondo l'ordine alfabetico presente nella scheda elettorale). Ma ci sono anche gli ex consiglieri leghisti trombati: Albè, Buzzi, Cronista, Ferrario Attilio, Gadda, Gallazzi e Gorini. In totale 16 ex che potrebbero chiedere un posto al sole.

Ma la cosa che più mi rattrista è il fatto che dopo queste elezioni, a parte pochi casi isolati, ci troviamo con "i soliti noti": un consiglio che, sebbene ridotto nei ranghi da 30 a 24 consiglieri, si ritrova con una maggioranza riconfermata per 12 elementi su 14 e la stessa minoranza di centrosinistra ha 5 su 7 (volendo considerare Stelluti un novizio, almeno del nostro consiglio), ma soprattutto si arriva all'ex "Sindaco della città", il senatore Giampiero Rossi, il quale dimostra allo stesso Pellegatta che, alla fine, lui stesso può essere considerato un giovanotto con ancora qualche speranza per la prossima tornata elettorale. Che si può anche pensare non sia poi così lontana.

Non ci sono segnali che facciano pensare ad un futuro brillante e stabile per questo nuovo esecutivo. Mi godrò la partita da spettatore, anche se nel frattempo mi dedicherò a fare la conta di 14 anni spesi bene. Alla prossima...

sabato 14 maggio 2011

Restiamo cittadini

Un ragazzo italiano ha deciso qualche anno fa di andare ad aiutare il popolo palestinese perchè voleva la pace: si chiamava Vittorio Arrigoni ed era delle nostre parti. Il suo motto era "Restiamo Umani", e credo che la sua lezione di vita ci debba fare riflettere.
Soprattutto noi Italiani che viviamo qui in Italia. Noi non ci accorgiamo di molte cose che succedono nel mondo perchè, per certi versi, hanno anestetizzato le nostre emozioni, le nostre aspirazioni; hanno trasformato la passione in lotta contro il nemico, per cui non si ragiona più, ma si odia e basta.
Anche per questo ho scelto liberamente e da parecchio tempo di non candidarmi più a queste elezioni comunali. In molti mi hanno chiesto come mai, adesso chi voteranno e perchè. Io anche per questo non ho parlato, non ho scritto, non ho voluto dare indicazioni di voto.
Se si decide di non intervenire lo si deve fare davvero, coerentemente, anche se lo spirito vorrebbe altro, anche se la volontà sarebbe ancora quella di dare il proprio contributo alla politica, ma in questo momento mi sembra difficile anche assicurare un corretto indirizzo in relazione a quanto succede intorno a noi.
Abbiamo qui a Busto una situazione al limite della barzelletta, con un candidato leghista in opposizione al sindaco uscente Farioli, già presentato, che viene tolto di mezzo pochi giorni prima di depositare le candidature, per volere del "Capo"... e con grandi mal di pancia da parte di tutta la base. Già è stato per loro difficile digerire tutto quanto successo a Roma nei giorni e nelle settimane precedenti e seguenti. Come credere che la città potrà, nel caso di loro vittoria, essere governata nell'interesse dei cittadini?
Guardate la città: opere ferme per anni hanno cominciato a muoversi solo pochi mesi prima delle elezioni. Strade asfaltate, ma solo per mimetizzare l'incapacità di una Giunta inesistente per il resto della legislatura. Chiedete a chi opera nel sociale, ai cittadini che hanno attraversato e attraversano difficoltà. Chiedetelo a chi non ha voce nè voglia per raccontarvi i propri problemi perchè sono talmente grossi che non hanno tempo da perdere in sciocchezze.
Se ribatiamo questo scenario a livello nazionale, da comico lo scenario si fa grottesco.
Un Premier che lascia dietro di se una scia incredibile di scandali e reati, per cui si sente di dover accusare la magistratura che non lo lascia in pace. Ogni giorno una novità, che se fossimo in un paese davvero civile, lui stesso si sarebbe già dimesso. Già, ma siamo in Italia e qui non si dimette nessuno.
Per coprire le sue mascalzonate sta mettendo in crisi l'Italia, dichiarando continuamente che il problema più grosso è quello della Giustizia, ignorando scientificamente che i salari perdono potere d'acquisto, che le tasse hanno raggiunto livelli insopportabili essendo due punti più alte rispetto a quando fu fatto fuori Prodi (proprio con l'accusa delle tasse troppo elevate) e con la benzina che ha superato 1,6 euro al litro, con effetti disastrosi sull'economia e sull'inflazione reale. Senza contare la figuraccia in politica estera rimediata con il caso Gheddafi e le continue reprimende della Comunità Europea nei nostri confronti, per l'inosservanza delle direttive comunitarie.
Eppure noi continuiamo a far finta di niente.
Domani e lunedì si andrà al voto, vedremo se gli italiani che hanno questo privilegio lo useranno nella maniera corretta oppure no.
Io mi sono convinto in questo periodo che l'unica cosa per tornare ad un minimo di democrazia sia ricostruire i cittadini, ridare una coscienza a questi benedetti cittadini che oggi non sanno più a che santo votarsi (anzi, votare) per avere un po' di considerazione in più.
Dopo aver demolito le coscienze critiche, aver censurato la Scuola e svilito la Sanità, aver denigrato la Costituzione e avere perfino messo in dubbio la cristallina trasparenza istituzionale del Quirinale, non c'è più posto per un Presidente del Consiglio che vuole essere solo padrone e non servitore dell0 Stato.
Di questo i cittadini devono rendersi coscienti e per farlo occorre ricostruire un tessuto di civiltà della Politica, una capacità di leggere i fatti e gli argomenti della politica senza isterismi da stadio, ma nell'ottica del servizio e della cautela della gestione della "Cosa Pubblica", res publica, repubblica appunto.
Per questo prendo in prestito il motto di Vittorio Arrigoni, per rendergli omaggio e per farlo sentire ancora più vicino ai suoi compatrioti, in questo centocinquantesimo anniversario dell'unità: la sua morte è stata forse l'unico atto che ci ha davvero uniti in un segno fraterno di unità.
In suo onore dico "Restiamo Cittadini".

venerdì 6 maggio 2011

Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere

“Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché in ciò sta l'essenza della dignità umana!”
Giovanni Falcone


Ho cercato di rileggere questa frase del Giudice Giovanni Falcone alla luce di ciò che i modelli della società attuale, soprattutto della società italiana, propongono.
Tre parole mi colpiscono particolarmente: dovere, sacrificio, dignità. Sono tre parole profonde, di grande impegno e d’altro tempi, potremmo dire. E a condire il tutto, c’è quell’inciso così profetico: “Costi quel che costi”. A lui è costato la vita, martire per la giustizia, ma anche vero testimone di quel senso dello Stato che oggi viene attaccato da molti, nel segno della perdita dei valori di solidarietà del nostro Popolo.
Giovanni Falcone è stato uomo di giustizia e modello di coerenza, non solo nella sua professione, ma soprattutto nella sua testimonianza per cui i valori della persona e della giustizia vanno difesi fino in fondo, con forza, con convinzione assoluta perché senza questi non ci può essere futuro di civiltà.
Vorrei sinteticamente riflettere sul significato di quelle tre parole che dicevo essere fondamentali nella frase di Falcone, cercando di cogliere gli aspetti più duri della loro interpretazione.
Dovere. Un verbo, ma anche un sostantivo che associamo spesso alla parola “proprio”: fare il proprio dovere. Qualcosa che detto così ti si appiccica addosso, qualcosa che diventa catena, che apparentemente ti lega e ti frena nella tua libertà, che si potrebbe associare ad un idea di comando, militaresca, o di ordine superiore, genitoriale o perfino di natura divina. In ogni caso, qualcosa che non richiede adesione o condivisione, ma semplice applicazione.
Sacrificio. Forse la parola che più di altre è sparita dal nostro vocabolario e dalla nostra idea di vita, legata istintivamente ad un concetto di rinuncia, di privazione, di dolore. Si pensi al sacrificio di Isacco da parte del padre Abramo, il sacrificio estremo, quello del proprio figlio in rapporto alla fede e a Dio, e preannuncio della morte in croce di Cristo, figlio donato dal Padre all’Uomo.
Dignità. Forse delle tre la più difficile da comprendere oggi. La dignità chiede ad ognuno di noi di guardare dentro se stesso, alla ricerca del vero Essere che è dentro di noi, per dimostrare rispettabilità per se e per gli altri. Non superbia, ma fierezza anche nel poco.
Utilizzando questa chiave di lettura, rilevo una duplice traccia in queste parole: una laica, determinata dalla sua assoluta certezza nelle ragioni ispiratrici del servizio alla giustizia umana, regolata dai principi della Costituzione Repubblicana e dai valori della democrazia; l’altra profondamente e marcatamente cristiana. Io non sono in grado di affermare con certezza quale fosse l’ispirazione religiosa di Giovanni Falcone, ma penso che gli ideali cristiani fossero ben presenti nella sua vita e nelle sue azioni.
Ognuno di noi può leggere questa frase nel suo quotidiano, nel suo dovere di essere genitore o figlio, lavoratore o disoccupato, giovane o anziano, uomo o donna, ma sempre responsabile e presente al proprio ruolo nella società, senza cercare scorciatoie, senza rincorrere il successo a tutti i costi, giocandosi con questo la propria libertà, la propria indipendenza e la propria felicità più vera.
Chi voleva la morte di Giovanni Falcone è riuscito nel suo intento, ma alla fine è lui stesso rimasto vittima del proprio crimine: la giustizia non si è fermata, altri hanno continuato il lavoro di Falcone e Borsellino, altri hanno reagito in nome della legalità e contro la barbarie di tutte le mafie.
Rileggere oggi queste parole mette davvero i brividi pensando a quanta forza trasmettono e quanto siano attuali e di scandalo rispetto allo scenario dello Stato che perde ogni giorno un pezzo della propria dignità.

lunedì 28 marzo 2011

Ferrara occupa lo spazio storico di Biagi

Sono diversi giorni (quasi 80) che non scrivo, eppure qualcuno di voi tutti i giorni ha continuato a guardare se avessi qualcosa da scrivere. Sinceramente mi sono stufato di scrivere cose che rischiavano di essere ripetitive e senza una prospettiva.

Se gli italiani (o semplicemente i miei concittadini) continuano a guardare al futuro senza vedere una prospettiva di crescita e di sviluppo, ma semplicemente ascoltano la propaganda di regime e non si rendono conto che l'Europa e il mondo sono stufi di vedere l'Italia conciata così, vuol dire che qualsiasi cosa dica o scriva potrà avere poco valore.

Almeno pensavo fosse così. Ma nei prossimi giorni io non sarò più consigliere comunale e portò cambiare l'intestazione del mio blog: da consigliere a privato cittadino. Non rinnoverò più tessere, non avrò più marchi di fabbrica. il mio pensiero potrà essere allora davvero libero da una serie di condizionamenti che oggi sento pesare su di me come esponente di una parte politica, che alla fine condiziona ciò che dico.

So che l'effetto non sarà istantaneo, ma non sarò candidato alle prossime elezioni amministrative comunali e quindi fin d'ora posso ritenermi sciolto da qualsiasi condizionamento.

Detto questo, a parte le crisi e le catastrofi mondiali, mi ha colpito il fatto che lo spazio di comunicazione creato e voluto da Enzo Biagi, un approfondimento sui fatti quotidiani, sia ora occuapato da Giuliano Ferrara. Ferrara è sicuramente persona colta e giornalista capace, anche se a mio parere un filo sopravvalutato. Le critiche che ho sentito intorno al suo programma sono più che altro legate al suo compenso: 3.000 euro per pochi minuti (7, per la precisione) di trasmissione. Neanche poi tantissimo, ci sono altri intrattenitori che percepiscono anche molto di più per fare trasmissioni di altro genere.

No, non è il compenso a infastidirmi, quanto il contenuto del programma. Senza il minimo confronto (come fanno nelle loro trasmissioni altri giornalisti ritenuti di sinistra, nel bene e nel male, come Santoro, Floris o lo stesso Fabio Fazio), egli afferma nell'ora di massimo ascolto di RAIUno cose da propaganda. Non ho ritrovato negli argomenti da lui trattati, spunti di vero approfondimento, di riflessione, di rilancio delle tesi, ma solo giustificazioni, accuse, spesso non supportate da alcun dato di fatto.

Questo non è giornalismo. Questo non è nemmeno lontanamente ciò che Enzo Biagi aveva voluto e progettato come spazio televisivo. Il fatto di non aver saputo nemmeno creare qualcosa di diverso nel palinsesto televisivo la dice lunga sulla capacità di Ferrara di creare un'idea televisiva innovativa.

Cosa può fare allora l'ascoltatore? Credo sia giusto quello che afferma Fabio Fazio, quando dice che ci devono essere più voci a parlare, non negare gli spazi. Ferrara sicuramente a qualcuno piace, quindi in quanto utente RAI e pagatore di canone (spero) anche costui ha diritto di avere la sua trasmissione.

Però tutti hanno la possibilità di guardare altrove qualcosa di diverso. Se una trasmissione non piace, con l'offerta televisiva di oggi, si può guardare altro e a pagare, oggi, sono i numeri dell'Auditel. Se Farrara piace, bene; se on piace, la RAI (e non solo il Premier) saprà cosa deve fare. E' la legge del mercato.

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