Alessandro Berteotti

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martedì 27 dicembre 2011

Il sogno della pensione

Oggi è il mio compleanno e ringrazio tutti coloro che si sono ricordati di farmi gli auguri. Oggi, per chi non lo sapesse, compio 53 anni. Un'età che ormai non saprei come definire, se una tarda giovinezza o una vecchiaia ad uno stadio molto embrionale.
Questo perchè ormai si resta giovani per decreto, come anni fa l'acqua inquinata a causa dell'atrazina ritornò potabile per decreto. Ma qualche volta i conti non tornano. Cosa voglio dire? Semplice. Ho cominciato a lavorare nel 1981 a meno di 23 anni, e da poco ho compiuto i 30 anni effettivi di lavoro. Prima ho fatto anche il mio regolare anno di militare, alla mia epoca obbligatorio, e pertanto valido come anno figurativo per la pensione.
Se lo avessi riscattato appena fossi andato al lavoro, ora avrei 31 anni effettivi di lavoro e, per le regole vigenti al momento in cui iniziai la mia carriera di lavoro, oggi avrei meno di 4 anni prima di potere fare domanda di pensione. Mio padre alla mia stessa età vi andò con 38 anni di contribuiti a fronte di oltre 40 lavorati: almeno tre anni gli furono "rubati" in quanto l'allora datore di lavoro non gli versò i contributi. Ma nell'immediato dopoguerra questo era quasi normale.
Con la riforma delle pensioni voluta da Dini nel 1996, coloro che non aveva maturato almeno 17 anni di lavoro furono passati al nuovo sistema di calcolo della pensione basato sul criterio retributivo, mentre prima era contributivo, e si introducevano i vari sistemi di calcolo eta lavorativa + età effettiva con sommatoria che nel tempo tendeva a crescere, 94, 95, 96 ... verso i 100. Io mi sentivo discriminato perchè, conti alla mano, passavo al nuovo sistema per circa sei mesi di anzianità.
Saltando tutte le variazioni introdotte sul tema, come ad esempio lo scalone Maroni, siamo arrivati bellamente ai 65/67 anni di età e non meno di 41/43 anni di anzianità lavorativa dell'attuale decreto di questo ultimo Governo. Di conseguenza, secondo i calcoli che mi vengono proposti in automatico da alcuni siti, la data più probabile per il mio possibile pensionamento sarà il 2024, quindi tra tredici anni. Almeno nove in più di quanto previsto ad inizio carriera, e sempre sperando che non vengano introdotte altre novità peggiorative di questa situazione.
Ora, io vorrei capire una cosa: perchè la nostra fascia di età, parlo dei nati nel decennio che va dal 1952 al 1961, deve farsi completamente carico di questa situazione? Lo scivolamento della pensione per qualcuno è una tragica burla che si perpetra da quasi dieci anni: si arriva ad un passo dal maturare i diritti, ed ecco che con un bel decreto ti scippano e ti allungano gli anni di lavoro.
Ma alle aziende, chi lo dice che adesso si ritrovano delle persone che sono anziane per l'esperienza aziendale, ma ancora giovani, nel senso che hanno davanti ancora 15 e più anni di lavoro? A me venne detto una decina d'anni fa che la mia azienda non poteva fare calcoli di carriera per me perchè ormai ero prossimo alla fascia di età che rientra nella posizione pensionabile. Capite? Allora avrei avuto sulle spalle ancora quasi 25 anni di lavoro, eppure non mi era possibile sperare in una possibilità di carriera.
Ai signori sindacalisti e a coloro che nel Governo hanno ora determinato questa situazione faccio una proposta: aumentate di un congruo numero gli scatti di anzianità possibili, da tre a cinque. Se questo non lo farete subito, con ricalcolo dell'anzianità effettiva già maturata, non sarà possibile riequilibrare la delicata situazione economica che si viene a determinare a seguito di questo intervento.
Il costo del lavoro in Italia è tra i più bassi dei paesi occidentali, peccato che quasi tutto il lavoro manufatturiero sia stato esportato e delegato ai paesi come India, Cina, Brasile, Est Europa. 
Ma anche questi mercati sono in fermento e presto ci saranno rivendicazioni salariali e richiesta di aumenti, lieviteranno i costi di produzione noi non ci saremo per riprenderci quella parte di lavoro che necessita per poter andare avanti in queste condizioni.
Il lavoro serve qui, e alle condizioni necessarie per portare le persone a maturare quella pensione che finora ci ha permesso solo di poter assicurare il trattamento pensionistico ai nostri genitori.
Per noi, con i figli a cui non è dato spazio per entrare nel mondo del lavoro, la pensione assomiglia sempre più ad una chimera, ad un sogno che è passato davanti a noi da giovani, ci ha accompagnati nella maturità, ma adesso ci abbandona senza speranza, ci tradisce per una nuova giovinezza lavorativa ed anagrafica. Avremo anche diritto ad avere qualche indennizzo per tutto questo?

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