Alessandro Berteotti

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Non ho verità da regalare, se però pensi che dica cose sensate, dillo ai tuoi amici!

lunedì 2 agosto 2010

Bologna: 30 anni per non dimenticare

Due agosto 1980 e 500 post. Sembra una convergenza cosmica, forse solo un caso, senz'altro un po' pilotato da parte mia negli ultimi giorni. Ma è poi così importante? Non credo.
Anch'io ho un a piccola storia da raccontare su quel giorno. Inizia dalla mattina di sabato 2 agosto 1980, in caserma a Mantova, dove svolgevo il mio servizio militare di leva. Cosa che oggi non si fa più.
Ero andato a fare il mio solito servizio del sabato mattina, aprire il Comando dove lavoravo come dattilografo, poi alle 9.00 mi hanno dato un "permessino" (si chiamava così il permesso anticipato di uscita di 4 ore), che unito ad un più classico "36 ore" mi dava la possibilità di essere fuori fino alla domenica sera.
Avevo a disposizione la mitica Fiat 850 Special, con la quale abitualmente gestivo un pendolariato estremo, da Mantova a Busto Arsizio, sfruttando ogni libera uscita domenicale per unt ritorno, anche di poche ore, a casa, condividendo il percorso con alcuni amici di Milano e Saronno.
Ma quel giorno non sono partito subito per Busto Arsizio. Sono andato a Salò. Mmmhh, perchè? Perchè Paola, mia moglie, allora solo fidanzata, tornava dalla Gracia dopo una crociera, e la sua nave era attraccata al mattino al porto turistico di Venezia. Poi, con un pulmann, i croceristi avrebbero avuto modo di fermarsi sulla strada di ritorno ad un ristorante a Salò. Ed io ero lì ad aspettare che la mia felicità arrivasse.
Arrivai a Salò dunque intorno alle ore 11.00, quando ormai a Bologna il disastro era successo. Sulla macchina non avevo la radio, per cui non sapevo nulla dell'accaduto. Avevo solo voglia di vedere Paola, non prestavo attenzione nemmeno tanto a quanto accadeva intorno a me, a quello che si diceva. Eppure verso mezzogiorno ricordo che qualcuno stava commentando la notizia, appena passata alla televisione, sull'attentato alla stazione di Bologna.
I minuti non passavano mai, ma poi vidi Paola e per me il mondo poteva anche sparire, non ne avevo più bisogno. Eppure da quel momento mi chiedo e mi sono chiesto per trent'anni se quella felicità avrebbe potuto essere diversa se quel giorno, quello stesso giorno, non fosse avvenuta la strage di Bologna.
Quanto la nostra vita si intreccia con fatti che apparentemente non hanno nessuna relazione tra loro e con noi, ma poi scopri che la tua vita poteva, forse doveva essere diversa? E quanto poi lo sia stata, diversa, a seguito di quei fatti?
Un ragazzo di quasi 22 anni, militare di leva, forse non poteva cambiare il mondo, non poteva impedire che quella bomba scoppiasse, ma da quel giorno e per i 30 anni successivi quel ragazzo ha sentito sempre più forte il dovere di indignarsi, di combatttere l'omertà, di non girarsi dall'altra parte, di difendere i diritti umani e politici di ogni persona. Il diritto alla vita, il diritto alla libertà.
Come cittadino italiano credo che l'attentato di Bologna sia stato un punto intermedio di un piano di eversione che ancora accompagna la nostra nazione e che inizia dalla stessa fine della seconda guerra mondiale, forse anche da prima.
Da quando ho visto a Blu Notte la ricostruzione del gruppo OSS e della strage di Portella della Ginestra, in Sicilia, avvenuta il 1 maggio 1947, attribuita a Salvatore Giuliano, tutto quanto da allora accaduto e reso noto poi nel tempo, con i fatti della Gladio, con le bombe che scoppiano sempre nel momento in cui fatti importanti accadono quasi a ricordare, ad intimidire, a voler cambiare il senso politico delle cose, un certo tipo di realtà ha iniziato ad essere abbastanza chiara per me.
Oggi non si buttano più le bombe in piazza perchè non c'è più il rischio comunista da combattere e a cui opporsi, ma chi ha imparato bene la lezione, la ripropone in modo diverso, adeguando la "strategia della tensione" ai fatti di attualità, con un panorama meno intenso e severo, ma ugualmente valido per raccogliere voti e consenso da chi è sempre pronto ad opporsi ad un nemico, che sia vero o immaginario poco importa.
Il bandito Giuliano, a cui venne attribuita la strage di Portella della Ginestra, è stato ucciso in circostanze misteriose dal suo luogotenente Gaspare Pisciotta, a sua volta misteriosamente assassinato in carcere con la stricnina 4 anni dopo, subito dopo aver dichiarato di voler rivelare i nomi dei veri mandanti della strage e come effettivamente andarono le cose.
Un fatto simile accadde ad un altro siciliano che aveva anche lui un rapporto con quegli avvenimenti. Il suo nome era Michele Sindona. Operò attivamente durante lo sbarco degli alleati in Sicilia, al punto da diventare membro della CIA e di avere poi ottenuto favori e riconoscimenti per questo, divenne noto banchiere e affarista, fu protagonista del caso Calvi e delle attività dello IOR, fino ad essere incarcerato a Voghera; venne ucciso in carcere nel 1986 con il cianuro, esattamente come Gaspare Pisciotta.
Potere e denaro sono un binomio indissolubile. Fatti apparentemente lontani diventano improvvisamente saldamente legati se si riesce a riannodare il filo della storia che li unisce. Piazza Fontana, l'Italicus, Ustica, la strage di Bologna, Piazza della Loggia a Brescia e tanti altri drammatici e spaventosi eventi della nostra storia di Paese democratico, liberale e civile rendono una terribile testimonianza di crudele cinismo e apparente collusione di alcune parti istituzionali con eventi che non furono mai chiariti forse perchè generati non da forze esterne ed estranee allo Stato, ma da parti che oggi definiamo "deviate", quasi a rassicurare il popolo che altro fu rispetto al volere legittimamente costituito.
Quasi inconsciamente da quel 2 agosto 1980 è nata in me la voglia di conoscere, di approfondire, quella che per me è la Storia, di capire la società in cui viviamo e di non accontentarmi di ciò che appare attraverso i media o che qualcuno tenta di addomesticare.
Alla luce di questi fatti noi dobbiamo guardare agli 85 morti di Bologna e di tutte le stragi come a dei martiri dello Stato, a cui dovrebbero essere resi tutti gli onori possibili da qualsiasi Governo che voglia davvero servire il Popolo e la Costituzione. Ritengo indegno il fatto odierno di non avere avuto rappresentanti dell'attuale Governo ad una manifestazione che, se negli anni precedenti ha manifestato la propria insofferenza nei confronti delle istituzioni, è stato per il fatto che esse non hanno mantenuto le promesse di chiarezza, di giustizia, di spiegazione dei fatti e di tutela delle vittime e della loro memoria.
Oggi possiamo affermare con certezza che l'opinione pubblica conosce di questi fatti solo ciò che è stato possibile conoscere nella versione ufficiale, cui ancora oggi il Segreto di Stato toglie buona parte della verità. E' forse venuto il momento che la Verità si manifesti: che chi sa parli, che chi Governa si prenda la responsabilità di togliere tutti i vincoli artatamente costituiti per mettere a tacere le coscienze e finalmente liberare da questo peso la memoria della nazione.

martedì 27 luglio 2010

Giudici indegni, moralità soffocata

Anche domani dovremo registrare un nuovo voto di fiducia del Governo sul Decreto sulla stretta economica. Per chi non lo avesse compreso, la cosiddetta "fiducia" è un'operazione che l'istituzione democratica ammette solo come "ultima possibilità", mentre questo governo la usa solo per annullare il dibattito, cancellare gli emendamenti dell'opposizione ed impedire un voto davvero espressione della volontà dei rappresentanti eletti. Malgrado la grande maggioranza di cui gode, non perde occasione di mettersi al riparo da eventuali soprese nell'urna, come spesso capita nelle votazioni semplici.
Chi critica l'opposizione, spesso a ragione, talvolta dimentica questo piccolo, ma fondamentale aspetto del confronto democratico, ovvero la possibilità di chi si oppone alle disposizioni della maggioranza di poter argomentare nell'aula parlamentare le proprie tesi.
Invece, troppo spesso si ricorre poi alla stampa, alla televisione, ai media per comunicare il proprio pensiero. Questo fa scivolare purtroppo i contenuti, anche di spessore, sotto il modo di comunicare: il "gridato" di certe scene nasconde il vuoto delle idee.
Quante volte i parlamentari intervistati replicano ad osservazioni puntuali solo con affermazioni volte a denigrare in modo gratuito e violento l'avversario politico. Campioni di questo spettacolo sono di solito i "portavoce" dei partiti, e tra questi certamente vi sono persone come Bonaiuti, Cicchitto e Capezzone che, liberi di esprimersi davanti al microfono, puntano più a mettere in evidenza aspetti di colore o direttamente a denigrare le affermazioni dell'opposizione, senza quasi mai avere un dato, un numero, un riscontro che avvalori le proprie tesi.
Dico questo perchè immagino le repliche di costoro alle notizie odierne che arrivano dai palazzi di giustizia, dopo gli interrogatori di Verdini e di Dell'Utri e l'avviso di garanzia a Caliendo, Sottosegretario alla Giustizia. La P3, figlia o sorella della P2, chiuderà la carriera politica di Berlusconi, insieme a Cicchitto ed altri già presente in quella organizzazione segreta, ma prima di questo epilogo già scritto ci sarà una lunga agonia che rischierà di rendere ancora più straziante la fine di questa era politica.
Per capire quanto sia profonda la ferita che affligge oggi la Giustizia e la democrazia in questo particolare momento, riprendo quanto afferma il magistrato Adriano Sansa su Famiglia Cristiana di questa settimana: "Parlano. Linguaggio da malavitosi, frasi in codice. Volgari, arroganti, sprezzanti. Sono faccendieri, talvolta pregiudicati. Trattano di nomine in grandi uffici giudiziari, di ispezioni ministeriali ai tribunali che non li assecondano, di come influenzare la Corte Costituzionale. Ma non conversano soltanto tra loro. Si intrattengono con magistrati in servizio o in aspettativa per incarichi politici e amministrativi. Con Presidenti di regione, dirigenti di partito. Usano il 'tu', si chiamano a vicenda 'caro'; diventano minacciosi quando toccano chi si oppone ai loro disegni.
Ho provato a leggere i fogli non più segreti delle intercettazioni. Non avrei dovuto sorprendermi, se il paese declina ed è corrotto: il marcio penetra ovunque. Ma quei magistrati traditori! Certo, altri giudici conducono le inchieste, svelano i reati, mostrano che il sistema esiste e resiste. Però la scoperta è dolorosa... La giustizia è presidio della democrazia. Da anni la si trascura, la si attacca proprio quando meglio serve la legge e i cittadini, e intanto si cercano gli anelli deboli per corrompere quando conviene... Come possono grandi regioni tenere un Governatore che colloquia con faccendieri in toni di disgustosa complicità? Come possono stare al governo uomini dai soprannomi ridicoli che si prestano al gioco? La legge sulle intercettazioni vuole impedire che si scoprano queste malefatte. Non ho tanto paura di costoro, dunque, quanto di noi cittadini incapaci di reagire. Ma sono i giorni dell'anniversario dell'assassinio di Giorgio Ambrosoli. Leggo un libro che raccoglie le parole limpide di Antonio Caponnetto. Possiamo farcela, ma solo se non saremo vili".
Ebbene, se queste parole non lasciano nel vostro cuore e nella vostra mente almeno un alito di dubbio, di incertezza sulla costruzione di un sistema di governo parallelo ed alternativo alla democrazia, basato sulla mistificazione e sulla manipolazione della Giustizia, allora davvero chi ha vissuto, combattuto e donato la vita per la libertà di questo Paese verrebbe tradito dai propri figli e nipoti. Non possiamo permetterlo.
Un'ultima osservazione sul Presidente Gianfranco Fini: scusi, ma dov'è stato lei finora? Con chi ha governato negli anni passati, con chi ha diviso incarichi di Governo? Si prenda anche lei le sue responsabilità, quando parla di questione morale.

venerdì 23 luglio 2010

Ghe pensi mi

"Ghe pensi mi", aveva detto pubblicamente due settimane fa Berlusconi al ritorno dal suo viaggio istituzionale, dove diceva di aver ottenuto straordinari successi per il nostro Paese: siamo qui ancora oggi a cercare di capire di quali successi egli parlasse in realtà.
Le sue dichiarazioni lapidarie sono ogni giorno più lontane dalla realtà, tanto che perfino qualcuno dei suoi comincia a dare chiari segnali di insofferenza e a pensare che forse Fini non abbia tutti i torti nel cercare di salvare il salvabile cercando di recuperare una dignità politica ormai perduta da tempo.
Le frasi ad effetto possono aiutare a mascherare un disagio per qualche tempo, ma quando il male è profondo, serve molto di più di una semplice promessa o di uno scioglilingua. Servono fatti.
Il PdL si sta sfasciando, e per quanto questo possa solo farmi piacere, dall'altra parte mi preoccupa non poco l'eventuale vuoto di governo ed amministrativo che si verrà a creare, anche per il fatto di non avere una vera opposizione che riesca a catalizzare l'interesse del Paese, e dal momento che il Monarca Berlusconi non ha dato spazio a quello che una volta veniva definito "il delfino", colui che sarebbe stato destinato a seguire le orme del leader.
Questa cultura si è persa da tempo, ammazzata dalla necessità di avere "un uomo solo al comando", uccisa dal Leaderismo. Uno dei tanti effetti collaterali negativi di questo modo di sviluppare la politica è proprio quello di fare terra bruciata intorno, di non far crescere persone capaci ma solo servi fedeli, di non dare profondità all'azione politica ma creare solo "effetti demo" derivati da un inquietante marketing politico.
"Ghe pensi mi", questa volta, rischiano di essere le "ultime parole" politiche di un leader agonizzante dentro il suo magnifico partito di plastica, dove non esistono le correnti, non vi sono pareri diversi, dove tutti aderiscono alla linea del Premier. Stante che se anche tutto questo fosse vero, mi verrebbe qualche dubbio di non essere stato catapultato a mia insaputa in qualche paese dell'Est Europa di qualche decennio fa; ma considerato che non è vero, proprio ieri sentivo a Radio24 qualcuno, che non sono riuscito ad identificare, ma sicuramente senatore PdL, affermare che l'attuale PdL altro non sarebbe che la riedizione moderna della vecchia DC.
Ora, se quella formula avesse funzionato, sarebbe ancora in auge adesso, invece essa non funziona nemmeno per l'opposizione, figurarsi per questa maggioranza realizzata col collage di tanti vecchi partiti e partitini (una volta definiti cespugli - Bush in inglese, per la cronaca - ), a cui se ne sono aggiunti tanti altri di diversa definizione.
Qualche esempio? La Nuova DC di Rotondi, i Popolari Liberali (che strano, PL!) di Giovanardi, gli ex Socialisti di Cicchitto (pure ex-P2), un manipolo di ex Socialdemocratici, i cattolici di CL con il loro rappresentante di sempre, Formigoni, ma anche tanti altri sparsi qua e là. E la lista potrebbe continuare.
"Ghe pensi mi", ormai sta diventando un'ossessione, quasi una maledizione, per chi ha voluto rubare una frase dell'umorismo storico di Tino Scotti. I più giovani faranno perfino fatica a ricordare chi fosse costui, ai meno giovani forse tornerà in mente il Confetto Falqui e gli effetti che induceva la sua assunzione: faceva cagare! Lo stesso effetto a cui induce oggi il suo replicante.

martedì 20 luglio 2010

Una mamma contro la Gelmini

Non occorre avere una laurea in pedagogia per capire che il periodo di tempo riservato alle mamme lavoratrici, chiamato “astenisone obbligatoria post partum”, retribuito per i primi mesi, non sia un privilegio ma un diritto inalienabile , obbligatorio e previsto dalla legge.
Questo il senso delle prime parole con cui una donna, mamma e pedagoga, ha iniziato una lettera aperta al ministro Gelmini per confutare la tesi di questa, che aveva dichiarato di aver sospeso solo per pochi giorni la propria attività istituzionale dopo il parto e definendo di conseguenza un “privilegio” l’astensione che spetta invece al resto delle mamme lavoratrici.
La lettera mi ha colpito particolarmente, e prima di me aveva già colpito migliaia di persone che hanno avuto modo di leggerla e commentarla, per la serietà delle argomentazioni e per la fiera difesa dei diritti delle mamme e delle donne in generale.
Mia moglie non lavora, ma ha avuto tre figli, ed ho potuto apprezzare (senza oneri né per lo Stato né per l’eventuale datore di lavoro di mia moglie) come questi periodi siano stati particolarmente intensi dal punto di vista emotivo, sia mio che suo.
Ritengo, da maschio che non partorisce, ma segue tutta l’evoluzione del figlio dal concepimento a quando termina lo svezzamento, che sono tantissime le cose che accadono dentro la vita di una famiglia, determinate dalla nascita di un figlio.
Dagli stravolgimenti delle abitudini, dei tempi (soprattutto del riposo notturno), degli equilibri psicologici e di coppia, ma soprattutto di quanto sia intenso il legame fra madre e figlio in quel periodo.
Afferma in proposito Rosalinda Gianguzzi, autrice della lettera: “Basta guardare il regno animale per rendersi conto come le femmine di tutte le specie non si allontanano dai cuccioli e dedicano loro attenzione massima e cura FINO ALLO SVEZZAMENTO Non è una legge specifica relativa agli umani, ma della natura tutta. Procreare, infatti, implica delle responsabilità precise, è una scelta di vita, CHE SE CAMBIA IL COMPORTAMENTO ANIMALE, A MAGGIOR RAGIONE CAMBIA LA VITA DI UNA DONNA”.
Ora, il ministro Gelmini, donna, può decidere che per lei sia più importante la sua carriera politica che la vita da madre, ma ciò non implica che lei abbia il diritto di dettare regole di vita e comportamentali a tutto il genere femminile.
Ed un altro passaggio intenso è dedicato proprio alla famiglia: “Sbaglia chi crede che l'arrivo di un figlio, non comporti cambiamenti nella propria vita. Un bambino non chiede di nascere, fare un figlio non è un capriccio da togliersi, ma una scelta di servizio, di dono di se stessi e anche del proprio tempo. Non sono i figli che devono inserirsi nella nostra vita, siamo noi che dobbiamo cambiarla per renderla a loro misura. Se non facciamo questo, potremmo fare crescere bambini soli, senza autostima e con poca sicurezza di sé. Bambini affamati di attenzioni, perché non gliene è stata data abbastanza nel momento in cui ne avevano massimo bisogno, cioè i primi mesi di vita. L'idea che non capiscono niente, che non percepiscono la differenza ad esempio tra un seno materno e un biberon della tata, è solo nostra. Ciò non vuol certo dire che tutti bambini allattati artificialmente o che tutti bambini con genitori che tornano subito a lavoro, saranno dei disadattati. Ma bisogna fare del nostro meglio per farli crescere bene, come quando in gravidanza assumevamo l'acido folico, per prevenire la "spina bifida".
Ora mi chiedo: a che pro la Gemini ha potuto fare un’uscita di questo tenore? Per procacciarsi l’attenzione dei media, per dimostrare di essere capace di intendere al proprio compito pur avendo una famiglia da tirare avanti? Mi auguro e le auguro intensamente che lo abbia fatto soprattutto per questo secondo motivo, più di modo che di contenuto, altrimenti dovremo seriamente porre il problema di quanto possano valere le lotte di emancipazione delle donne, tese al riconoscimento dei loro diritti sociali ed economici.
Ma certo, di fronte ad una società che usa del corpo femminile in ogni contesto, per pubblicizzare un cemento edile, ad esempio, o di qualsiasi altro tipo che pure abbia come ricettore finale un uomo, o quel che ne resta, dobbiamo seriamente porci anche il problema dell’uso dell’immagine femminile.
E dovremo anche imparare ad avere una diversa dipendenza dal denaro, perché se una donna butta alle ortiche la propria femminilità, il proprio corpo, la propria maternità, questo ha un nome che riconduce alla professione più antica del mondo.
Chiudo ancora con le parole di Rosalinda (alla fine mi sembra di essere diventato un po’ suo amico): “Si dovrebbe impegnare signor ministro di più nell'analisi dei problemi, per evitare valutazioni errate e posizioni dannose per lei, per gli altri e per il Paese. Perché forse qualcuno potrebbe aver pensato che tutto sommato il suo era un ministero poco importante, che se guidato da un giovane ministro senza competenze specifiche, "non poteva arrecare grossi danni", soprattutto obbedendo ciecamente ai dettami del Tesoro, ma lei con la sua presunzione di voler parlare di cose che non conosce, sta contribuendo a minare il futuro di un'intera generazione. Un'ultima cosa, lei che di privilegi se ne intende bene, essendo un politico, la usi con maggiore pudore questa parola”.

lunedì 19 luglio 2010

Un rischio per la Democrazia?

In questi giorni si vanno accavallando notizie devastanti sullo stato di salute della democrazia. Non alludo solo ai recenti fatti che toccano esponenti (ex, per la verità) del Governo come Cosentino, Brancher e Scajola, che si sono inseguiti in un crescendo rossiniano di squallido orrore istituzionale, il ritorno di figure inquietanti come Flavio Carboni e perfino le tensioni all’interno di una maggioranza sempre più lacerata, che dimostra una volta di più che ad un qualificato consenso elettorale non fa poi un’altrettanto qualificata capacità di governo.
Il dubbio che mi pongo è, più specificatamente, su cosa avverrà dopo questi laceranti momenti. Uno dei punti di maggiore urgenza politica (segnalato fin dal suo primo apparire) è l’attuale legge elettorale. Una legge definita “porcellum”, ma rivalutata dall’ultimo voto, visto che non si è ripetuto l’appiattimento elettorale tra maggioranza e minoranza, ma ha favorito la definizione dei numeri, garantendo al vincitore uno schiacciante vantaggio in parlamento. Il problema ora resta quello di poter garantire, come dice la Costituzione e l’ordinamento di tutti i paesi occidentali democratici, un adeguato livello di rappresentanza alle minoranze. Tutte le cariche parlamentari di nomina, infatti, sono in mano al Centrodestra, e viene così a mancare una adeguata opera di controllo delle minoranze, come invece dovrebbe essere.
Il Porcellum, dunque, che doveva essere un’urgenza istituzionale, ora non lo è più. Anche se l’azione più perfida di questa legge elettorale è dentro la sua stessa natura, che di fatto non assicura alcuna trasparenza e partecipazione democratica, essendovi alla base un concetto di spartizione politica all’origine delle poltrone in gioco, assegnata alle segreterie politiche dei partiti, tagliando fuori ogni possibile scelta vera sui candidati da parte dei cittadini.
Il sistema infatti assicura, sulla base di criteri storici del voto e delle proiezioni sulle intenzioni di voto, un certo numero di candidati sicuramente eletti ai vari partiti, e in questa fascia si vanno a porre i candidati “sicuri”, quelli che “devono” essere eletti.
Vi è quindi una fascia (piuttosto piccola per ogni partito) di indecisi, dove l’elezione si gioca sul mezzo punto percentuale in più o in meno. Gli altri candidati, a questo punto, sono solo dei riempitivi, nomi da spendere alla causa dell’inutile presenza, se non forse per soddisfare un proprio bisogno di affermare ai posteri: sono stato candidato al Senato o alla Camera dei Deputati della Repubblica, sanando un egoistico bisogno di affermazione personale.
Già, ma il cittadino che votando una lista ne valida automaticamente la sequenza di candidati proposti ed eleggibili solo per numero progressivo di lista sino a capienza dei seggi assegnati, resta un elemento appassionato alla competizione solo partitica.
Perché i partiti hanno adottato, ed ora, implicitamente, difendono questa modalità elettiva? Perché sono al sicuro da sorprese. Negli ultimi anni alle elezioni “libere” da questo meccanismo non ne sono mancate di clamorose; dentro questo sistema, invece, può essere solo decisa la quantità, ma non la priorità.
La spaccatura tra società e classe politica diventa ancora più netta. La Casta delineata da Gian Antonio Stella risulta, a questo punto, determinata in modo incontestabile dalle singole segreterie di partito; entrare in una competizione elettorale da indipendente diventa impossibile e perfino la libertà di espressione di voto in dissenso dei singoli parlamentari si annulla, in quanto essi verrebbero immancabilmente defenestrati da una candidatura successiva; ed infine, si verrebbe ancora di più a delineare una coatta dipendenza partitica e non politica, che non comprende più il voto secondo coscienza.
E allora? Allora saremo costretti a tenerci questo sistema ancora per un pezzo. Non servono però meccanismi come le primarie per giustificare una scelta così poco compatibile con la logica e la ragione. Se si vuole mantenere la filosofia del maggioritario si dovranno controbilanciare i maggiori poteri della maggioranza con cariche di controllo istituzionale assegnate alla minoranza; diversamente, il sistema proporzionale con uno sbarramento significativo (almeno 5%) resta l’unica vera alternativa.
In ogni caso, però, si dovrà tornare ad assegnare ai cittadini la possibilità di decidere i nomi dei candidati. Se questo è difficile per il maggioritario secco, sarà invece più praticabile con il proporzionale.

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