Alessandro Berteotti

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venerdì 28 maggio 2010

Marketing e Politica

Da sempre, si sa, la politica usa l'enfasi, la retorica, la drammatizzazione per rendere più comprensibili, accettabili, visionarie le proprie tesi. Qualcuno dice che la politica è menzognera, che dice delle balle sacrosante e talvolta anche pesanti per dare interpretazioni o coprire manchevolezze.
Non sfugge a nessuno che l'espressione "segreto di Stato" fa venire i brividi, dando una prospettiva angosciante del mondo che ci circonda.
Tuto questo però, solo fino a qualche lustro fa. Fino a quando il Marketing non ha fatto la sua comparsa nella politica italiana (in particolare) e internazionale (in generale).
Questa piccola differenza forse non è stata colta da tutti, ma vorrei che i più giovani si andassero a rileggere le pagine di storia prima degli anni '90, vedessero qualche filmato, qualche intervista, qualche spezzone di quella realtà, e la confrontassero con l'attuale. Sarebbe facile dire che il profeta di questo cambiamento sia stato Berlusconi, ma io ritengo che lui sia stato solo un ottimo enfatizzatore di una situazione già presente di suo.
La comunicazione è sicuramente cambiata, ma non è possibile istituzionalizzare l'illusione per giustificare i propri errori ed omissioni. Prendete il dibattito recente sulla crisi economica.
Esiste? Non esiste? E' finita? No, ma si sta risolvendo. Però la ripresa sarà lenta, vi sono i primi segnali ma tardano a dare evidenza... effetto marketing.
Parafrasando la frase di un libro: il marketing è fatto della stessa sostanza dei sogni. E questo può essere terribile, perchè se da una parte costituiscono l'essenza della fantasia umana, dall'altro i problemi che la politica incontra sono estremamente concreti, misurabili e vicini alla nostra vita quotidiana.
Faccio un altro esempio: l'abolizione dell'ICI. L'idea di una finanza creativa, che toglie senza mettere. Non esiste: in natura, nulla si crea e nulla si distrugge. Così anche in finanza.
A minori entrate corrispondono minori uscite o minori possibilità di spesa. Lo sanno bene, molto bene, tutte le amministrazioni locali. Mai come in questo periodo assistiamo ad uno scontro istituzionale fondamentale: il Governo in conflitto con le Amministrazioni Locali, in gran parte governate da amministrazioni di centrodestra.
Riprendo solo due esempi, sulla manovra annunciata nei giorni scorsi dal Governo: uno del sindaco di Varese, Fontana (che è anche presidente regionale dell'ANCI): "Gli enti locali sono strangolati"; l'altro del presidentissimo Formigoni che annuncia battaglia: "Insostenibile per la Regione". Mi chiedo a questo punto quale sia il livello di interazione tra Governo centrale ed Enti Locali e quanto di ciò che ognuno afferma sia basato sulla realtà dei fatti e quanto sia marketing, perchè su questioni così c'è poco da avere fantasia.
In mezzo a tutto questo ci sta il cittadino, il quale non ha molte possibilità di sfuggire al suo destino. Come tutte le strutture a piramide, è lo strato più basso quello che supporta il peso di tutta la struttura. Per riprendere l'esempio di prima sull'ICI, il cittadino è stato contento (in un primo tempo) di aver pagato meno tasse locali, ed ha dato il suo consenso a chi glielo proponeva; ma poi oggi si lamenta della qualità delle strade, dell'illuminazione pubblica, dei marciapiedi che mancano, dei servizi pubblici locali, e questi sono tutti erogati proprio con quei denari che si ricavavano da quelle imposte. Eppure fa fatica a rimuovere il suo consenso elettorale a coloro che lo avevano illuso con una semplice manovra di marketing.
Le soluzioni che rimangono ai comuni sono quelle sanzionatorie: i vigili diventano più "cattivi", non tollerano più la sosta selvaggia o il giallo al semaforo, oppure si scoprono inefficenze passate della pubblica amministrazione in merito, ad esempio, alla Tassa Rifiuti, e si cerca di spremere qualche euro in più dalle tasche (peraltro sempre più vuote) dei cittadini.
Potrebbero bastare queste considerazioni per rendersi conto che questa crisi è ormai così radicale e profonda che condizionerà a lungo il nostro futuro e creerà per forza di cose una trasformazione di abitudini e convinzioni da tempo patrimonio del nostro modo di vivere.
Purtroppo esistono ulteriori problemi che qui non posso analizzare nel dettaglio, ma che sono parte integrante di questa crisi. Vengono da lontano e sono molto più grandi di quanto noi stessi riusciamo ad immaginare. Anche qui, per non essere vaghi, vi faccio un esempio: quanto pensate che la Cina possa essere presente nella vostra vita? Guardate le cose attorno a voi e cercate di capire quante di esse sono originate (made in) in quel paese e quante no.
Quindi, se vi si avvicina qualcuno e vi dicesse che i cinesi sono tutti comunisti, che bisogna aver paura dei comunisti, vi do un consiglio: tirategli un calcio nei maroni, così gli impedirete di mettere al mondo altri pirla come lui. Io non sono e non sono mai stato comunista, e l'unica cosa di cui ho veramente paura è l'ignoranza. Ed il marketing fa molto leva su questa neppure troppo latente ignoranza.

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