Alessandro Berteotti

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lunedì 24 agosto 2009

L'Aquila: non può crollare una città che sa volare


Dal giorno del terremoto, il 6 aprile 2009, la chiesa delle Anime Sante è un po' l'immagine della città ferita. Una ferita che è nella terra, che è nell'anima perchè sopra quella terra si vive. O si sopravvive.

A portare solidarietà ed aiuto concreto sono stati anche una decina di ragazzi della nostra città, che hanno sacrificato le ferie della settimana di ferragosto per alleviare un po' la sofferenza di questa gente. Dire sacrificato non mi pare corretto per l'entusiasmo con cui sono tornati, cosa che mi ha profondamente colpito: per loro è stato molto di più che un semplice sacrificio.

Nel dono del loro tempo e della loro manualità hanno trovato molto di più, quasi una parafrasi delle parole bibliche che affermano che donando si riceve 100 volte di più. Forse, avessero fatto una settimana al sole in una delle tanto rinomate loclaità balneari nostrane o esotiche, non avrebbero avuto uguale soddisfazione.

Perchè ragazzi di 18/20 anni, ma anche di 25, 30 e più, dovrebbero essere così felici nel fare un'esperienza che molti dei loro coetanei declina tranquillamente, senza troppe esitazioni? Per via dell'educazione ricevuta, più rivolta al servizio e dove la parola sacrificio non è stata cancellata dal vocabolario? Forse.

Forse perchè nel servizio ci si sente più solidali, più uniti, si allentano tutte le resistenze e le paure e rimane solo l'esperienza più vera, quella che ci pone di fronte all'uomo nella sua fragilità, ma anche nella sua vera essenza? Forse perchè qui anche i soldi ed il potere assumono una dimensione diversa? Forse perchè la Natura, che nel terremoto ha scatenato le sue forze distruttive, ci ha una volta ancora ricordato quanto noi siamo piccini e singolarmente deboli, ma quanto possiamo diventare grandi quando ci uniamo?

Tanti forse, a cui è difficile rispondere. Ma la carica e l'entusiasmo presenti ora in questi ragazzi sono un segno tangibilissimo di una forza enorme, condivisa con tanti altri provenienti da tutta Italia, dall'estremo Nord al profondo Sud. Persone che ora sono amiche grazie a questa esperienza, che hanno vinto la paura e la diffidenza iniziale anche di chi doveva ricevere il loro aiuto. Anche l'orgoglio è un nemico da combattere, in certe occasioni.

Eppure, quanto dolore, quante ferite che questi ragazzi ci raccontano: da quelle più intime e ormai personali dei parenti ed amici morti, a quelle ancora aperte dei feriti, ai piccoli soprusi della burocrazia che da una parte promette e dall'altra toglie, come il caso di una anziana signorina che, sebbene sfollata dal giorno del terremoto, si è vista recapitare regolarmente la bolletta del telefono. Storie di normale diversità. Storie che si accomoderanno, ma che dicono come le maglie delle promesse siano sempre più grandi della realtà.

La città dell'Aquila, e con lei i centri vicini, si appresta a vivere un inverno difficile. Vivere nelle tende è difficile, molto difficile. Non è come andarci in ferie, è soffrire il caldo torrido, il frreddo sferzante e considerare quella la propria casa. Non si può fare per molto tempo. Le promesse del Governo sono elastiche, si modificano nei toni e nei contenuti ogni volta, ma chi sta in tenda non può aspettare molto. Si parla di consegnare le prime case, ma non si dice quando verranno consegnate le ultime perchè, badate bene, è di questo che si deve parlare.

Alla prima consegna ci saranno autorità, ministri e Presidente del Consiglio (che ogni volta che ci va provoca problemi, lo sa, ma continua perchè anche questo fa immagine), ma all'ultima consegna, all'ultima famiglia tolta dalle tende, chi sarà presente? Eppure loro saranno quelli che avranno sofferto più di ogni altro...

La logica delle assegnazioni parla di criterio basato sulle famiglie numerose: le più numerose sono quelle degli extracomunitari. Come la prenderanno Bossi e soci? Non credo bene. E chi ha la casa solo lesionata, in categoria "B" o "C", eppure all'interno di una zona ancora non accessibile: costono non avranno l'assegnazione, ma non possono nemmeno mettere a posto la propria casa. Una situazione assurda. Poi si cercherà di capire la distribuzione dei fondi, quanti sono e a chi sono stati in realtà assegnati; e se sono stati spesi tutti e bene. Ma qui si rischia solo di fare i maghi da baraccone.

Quindi ricordiamoci che non può crollare una città che sa volare...

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