Per il mio 400.mo post voglio replicare al nostro Sindaco Gianluigi Farioli sul Piano di Comunicazione.
Nei giorni scorsi, insieme a Erica D'Adda, abbiamo affrontato in maniera responsabile e con gli strumenti istituzionali il problema che si è innescato con il Piano della Comunicazione del Comune di Busto Arsizio. Il Sindaco ha replicato che eravamo noi, e nella fattispecie io, ad avere sollevato il problema tempo fa e che la sua Giunta agiva in risposta a quella sollecitazione e in ottemperanza della legge. La cosa è vera, ma essa è stata strumentalizzata.
Allora vorrei anch'io fare qualche precisazione da questo blog, dal momento che la stampa non so fino a che punto ospiterebbe una mia replica. Per quello che mi riguarda, mi limiterò alle affermazioni sul metodo, il merito e il contesto verranno trattati nell'ambito del Consiglio comunale.
Partiamo dal fatto che sia stato io, a nome del gruppo consiliare, a sollecitare un piano della comunicazione. In effetti, in una interrogazione datata 7 agosto 2006, chiedevo al Sindaco quale fossero le intenzioni "in merito alla garanzia di uno spazio di comunicazione per tutte le forze politiche presenti in città, soprattutto quelle di minoranza, ed in particolar modo come essi intendano garantire i pari diritti a tutti". Il Sindaco rispose facendo delle promesse nell'ambito della dichiarazione delle linee programmatiche del bilancio di previsione 2007, ma dovemmo ritornare alla carica con un'altra interrogazione, datata 22 ottobre 2007, dove facevamo presente che il Sindaco non aveva mantenuto le sue promesse ed ancora una volta non dava risposta alle nostre domande. Questo veniva sottolineato dal passaggio dove si diceva: "Se ed eventualmente come intende il Sindaco proporre una soluzione praticabile in tempi brevi per attuare quanto ebbe a dire in sede di discussione di Bilancio di Previsione sullo stesso argomento".
Avevamo già aperto il capitolo sull'informatizzazione del consiglio, dal quale si staccava anche la questione della rassegna stampa, temi che sono giunti ad un positivo sviluppo.
Abbiamo quindi iniziato questo percorso tre anni fa. Ma ancora più antichi sono gli atti citati per giustificare il Piano di Comunicazione, dal momento che risalgono addirittura al 2002 e prima ancora. Tutti questi anni per arrivare ora ad attuarlo, con una fretta ed un dirigismo davvero fuori sintonia rispetto a tutti i tempi dell'Amministrazione, che come noto non brilla per i tempi di attuazione.
Ho parlato di metodo, e vorrei sottolineare come noi siamo arrivati a conoscere le intenzioni dell'Amministrazione solo attraverso una determina, un atto esecutivo che taglia fuori qualsiasi dibattito e partecipazione dei consiglieri. Questo potrà stare bene ai consiglieri di maggioranza, come al solito ossequiosi con la propria maggioranza, ma non a noi che siamo opposizione ed abbiamo il compito istituzionale di sorvegliare l'operato dell'Amministrazione. C'è molto da approfondire su questo argomento, e diverrà chiaro a tutti quando arriveremo anche a discutere del merito, che risulterà decisamente sorprendente a chi non ha ancora avuto modo di valutarlo nel suo insieme.
Nei giorni scorsi, insieme a Erica D'Adda, abbiamo affrontato in maniera responsabile e con gli strumenti istituzionali il problema che si è innescato con il Piano della Comunicazione del Comune di Busto Arsizio. Il Sindaco ha replicato che eravamo noi, e nella fattispecie io, ad avere sollevato il problema tempo fa e che la sua Giunta agiva in risposta a quella sollecitazione e in ottemperanza della legge. La cosa è vera, ma essa è stata strumentalizzata.
Allora vorrei anch'io fare qualche precisazione da questo blog, dal momento che la stampa non so fino a che punto ospiterebbe una mia replica. Per quello che mi riguarda, mi limiterò alle affermazioni sul metodo, il merito e il contesto verranno trattati nell'ambito del Consiglio comunale.
Partiamo dal fatto che sia stato io, a nome del gruppo consiliare, a sollecitare un piano della comunicazione. In effetti, in una interrogazione datata 7 agosto 2006, chiedevo al Sindaco quale fossero le intenzioni "in merito alla garanzia di uno spazio di comunicazione per tutte le forze politiche presenti in città, soprattutto quelle di minoranza, ed in particolar modo come essi intendano garantire i pari diritti a tutti". Il Sindaco rispose facendo delle promesse nell'ambito della dichiarazione delle linee programmatiche del bilancio di previsione 2007, ma dovemmo ritornare alla carica con un'altra interrogazione, datata 22 ottobre 2007, dove facevamo presente che il Sindaco non aveva mantenuto le sue promesse ed ancora una volta non dava risposta alle nostre domande. Questo veniva sottolineato dal passaggio dove si diceva: "Se ed eventualmente come intende il Sindaco proporre una soluzione praticabile in tempi brevi per attuare quanto ebbe a dire in sede di discussione di Bilancio di Previsione sullo stesso argomento".
Avevamo già aperto il capitolo sull'informatizzazione del consiglio, dal quale si staccava anche la questione della rassegna stampa, temi che sono giunti ad un positivo sviluppo.
Abbiamo quindi iniziato questo percorso tre anni fa. Ma ancora più antichi sono gli atti citati per giustificare il Piano di Comunicazione, dal momento che risalgono addirittura al 2002 e prima ancora. Tutti questi anni per arrivare ora ad attuarlo, con una fretta ed un dirigismo davvero fuori sintonia rispetto a tutti i tempi dell'Amministrazione, che come noto non brilla per i tempi di attuazione.
Ho parlato di metodo, e vorrei sottolineare come noi siamo arrivati a conoscere le intenzioni dell'Amministrazione solo attraverso una determina, un atto esecutivo che taglia fuori qualsiasi dibattito e partecipazione dei consiglieri. Questo potrà stare bene ai consiglieri di maggioranza, come al solito ossequiosi con la propria maggioranza, ma non a noi che siamo opposizione ed abbiamo il compito istituzionale di sorvegliare l'operato dell'Amministrazione. C'è molto da approfondire su questo argomento, e diverrà chiaro a tutti quando arriveremo anche a discutere del merito, che risulterà decisamente sorprendente a chi non ha ancora avuto modo di valutarlo nel suo insieme.