Alessandro Berteotti

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lunedì 19 luglio 2010

Un rischio per la Democrazia?

In questi giorni si vanno accavallando notizie devastanti sullo stato di salute della democrazia. Non alludo solo ai recenti fatti che toccano esponenti (ex, per la verità) del Governo come Cosentino, Brancher e Scajola, che si sono inseguiti in un crescendo rossiniano di squallido orrore istituzionale, il ritorno di figure inquietanti come Flavio Carboni e perfino le tensioni all’interno di una maggioranza sempre più lacerata, che dimostra una volta di più che ad un qualificato consenso elettorale non fa poi un’altrettanto qualificata capacità di governo.
Il dubbio che mi pongo è, più specificatamente, su cosa avverrà dopo questi laceranti momenti. Uno dei punti di maggiore urgenza politica (segnalato fin dal suo primo apparire) è l’attuale legge elettorale. Una legge definita “porcellum”, ma rivalutata dall’ultimo voto, visto che non si è ripetuto l’appiattimento elettorale tra maggioranza e minoranza, ma ha favorito la definizione dei numeri, garantendo al vincitore uno schiacciante vantaggio in parlamento. Il problema ora resta quello di poter garantire, come dice la Costituzione e l’ordinamento di tutti i paesi occidentali democratici, un adeguato livello di rappresentanza alle minoranze. Tutte le cariche parlamentari di nomina, infatti, sono in mano al Centrodestra, e viene così a mancare una adeguata opera di controllo delle minoranze, come invece dovrebbe essere.
Il Porcellum, dunque, che doveva essere un’urgenza istituzionale, ora non lo è più. Anche se l’azione più perfida di questa legge elettorale è dentro la sua stessa natura, che di fatto non assicura alcuna trasparenza e partecipazione democratica, essendovi alla base un concetto di spartizione politica all’origine delle poltrone in gioco, assegnata alle segreterie politiche dei partiti, tagliando fuori ogni possibile scelta vera sui candidati da parte dei cittadini.
Il sistema infatti assicura, sulla base di criteri storici del voto e delle proiezioni sulle intenzioni di voto, un certo numero di candidati sicuramente eletti ai vari partiti, e in questa fascia si vanno a porre i candidati “sicuri”, quelli che “devono” essere eletti.
Vi è quindi una fascia (piuttosto piccola per ogni partito) di indecisi, dove l’elezione si gioca sul mezzo punto percentuale in più o in meno. Gli altri candidati, a questo punto, sono solo dei riempitivi, nomi da spendere alla causa dell’inutile presenza, se non forse per soddisfare un proprio bisogno di affermare ai posteri: sono stato candidato al Senato o alla Camera dei Deputati della Repubblica, sanando un egoistico bisogno di affermazione personale.
Già, ma il cittadino che votando una lista ne valida automaticamente la sequenza di candidati proposti ed eleggibili solo per numero progressivo di lista sino a capienza dei seggi assegnati, resta un elemento appassionato alla competizione solo partitica.
Perché i partiti hanno adottato, ed ora, implicitamente, difendono questa modalità elettiva? Perché sono al sicuro da sorprese. Negli ultimi anni alle elezioni “libere” da questo meccanismo non ne sono mancate di clamorose; dentro questo sistema, invece, può essere solo decisa la quantità, ma non la priorità.
La spaccatura tra società e classe politica diventa ancora più netta. La Casta delineata da Gian Antonio Stella risulta, a questo punto, determinata in modo incontestabile dalle singole segreterie di partito; entrare in una competizione elettorale da indipendente diventa impossibile e perfino la libertà di espressione di voto in dissenso dei singoli parlamentari si annulla, in quanto essi verrebbero immancabilmente defenestrati da una candidatura successiva; ed infine, si verrebbe ancora di più a delineare una coatta dipendenza partitica e non politica, che non comprende più il voto secondo coscienza.
E allora? Allora saremo costretti a tenerci questo sistema ancora per un pezzo. Non servono però meccanismi come le primarie per giustificare una scelta così poco compatibile con la logica e la ragione. Se si vuole mantenere la filosofia del maggioritario si dovranno controbilanciare i maggiori poteri della maggioranza con cariche di controllo istituzionale assegnate alla minoranza; diversamente, il sistema proporzionale con uno sbarramento significativo (almeno 5%) resta l’unica vera alternativa.
In ogni caso, però, si dovrà tornare ad assegnare ai cittadini la possibilità di decidere i nomi dei candidati. Se questo è difficile per il maggioritario secco, sarà invece più praticabile con il proporzionale.

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