Quando mi fermo a riflettere sulla mia condizione odierna di cittadino, italiano o bustocco che sia, mi viene quasi un nodo alla gola, a metà tra rabbia e rassegnazione. Rabbia per quello che vorrei poter fare per la mia città ed il mio Paese, rassegnazione perchè so che questa mia aspirazione non portà mai essere portata a conclusione, stante l'attuale livello di inciviltà e di coercizione che popola l'animo di troppi concittadini e connazionali.
Perchè dico questo?
Per diversi eventi che sono sotto i nostri occhi, ma che la gente non vuole vedere, preferisce ignorare, oppure semplicemente si dichiara insofferente e quindi disinteressata, senza così riflettere che se davvero si trova in questa condizione, dovrebbe essere stimolata e propensa proprio ad avviare con vigore una fase di vero cambiamento.
Chissà a quante persone è capitato di parlare con amici, conoscenti o semplici passanti, i quali si lamentano della politica e dei politici, si lamentano di chi governa, delle istituzioni, e magari confessano pure il proprio voto per queste persone, ma poi quando si torna a votare, tutta quella massa di proteste sfocia nella riconferma (e certe volte anche con esiti perfino migliori del turno precedente) delle stesse figure.
Il gioco della casta porta allora i politici a confermarsi nel ruolo, senza nemmeno più un filo di vergogna, senza doversi mai dimettere o ammettere i propri errori, senza sentirsi responsabili di ciò che fanno (o non fanno), lasciando quanto mai frustrati coloro che invece sono costretti quotidianamente a lottare per mantere il proprio impiego, il proprio reddito e (purtroppo) la propria dignità di persona.
Affiora persino una vecchia tradizione, già nota ai tempi dei romani ed anche prima, definita nepotismo, che poi diventa cognatismo, generismo, fratellismo e altre forme verbali ad indicare un rapporto tra la carica assunta ed un parente protettore che ne facilita la carriera all'interno della Casta.
Può valere questo ragionamento per il figlo di Bossi, ad esempio, definito "la trota" dallo stesso padre (e non indaghiamo il perchè); un somaro pluribocciato, che definisce Milano come "una delle più importanti città della Lombardia", uno a cui però non piacciono la droga ed i culatoni.
Certo, da questo punto di vista meglio lui di certi personaggi che sono transitati dalle cronache recenti, da Marrazzo a Mele, all'odierno caso del consigliere provinciale di Roma Zaccai, che credendosi novello Duce blaterava in mutande ad una ipotetica massa osannante da un balconcino del quartiere Tuscolano, dopo una notte brava a base di sesso, droga e trans.
Bell'esempio! Quasi da invidiare le escort del Presidente...
Avviacinandoci a casa nostra vediamo che nel suo piccolo anche l'onorevole Marco Reguzzoni è stato capace di restare in scia al suocero Speroni Francesco Enrico, per poi uscire dall'anonimato della provincia per arrivare in pochissimo tempo a bruciare le tappe ed essere ora vicepresidente dei deputati della Lega Nord. Una volta ci volevano anni e anni per fare una carriera del genere, si dovevano avere carisma e capacità umane e politiche non indifferenti, oggi basta essere ben introdotti.
Arriviamo ancora più nel piccolo, a casa nostra, nella cronaca odierna. La sostituzione di Cicero alla Presidenza di ACCAM con Roberto Antonelli è stata voluta dal fratello di questi, Emanuele, commissario PdL in città. Che questo fatto abbia infastidito molte persone all'interno del centrodestra è evidente perfino dalle dichiarazioni sui giornali di oggi, al punto che tra chi si dichiara amareggiato e chi sorpreso o deluso, potremmo fare un album di figurine Panini.
Ma tant'è. Questo ci offre il convento. Ma senza una bella bufera, il cielo non portà tornare sereno...
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