Mia moglie ha un cugino che si chiama Simone. Da anni vive lontano da Busto, da molto tempo risiede all'estero, ma ogni tanto torna a casa. Come qualche giorno fa, uno degli ultimi giorni di pioggia intensa che abbiamo avuto durante questa strana primavera.
La strada era un fiume in piena, i marciapiedi allagati e impraticabili. Le auto passando sollevavano vere e proprie ondate d'acqua, che avrebbero ricoperto qualsiasi povero passante.
Lui mi guarda e a bruciapelo mi chiede: "Cosa è cambiato in città durante questi ultimi 15 anni? Sandro, tu sei in consiglio comunale, dimmi: quelli che dovevano cambiare la città, quelli che dovevano rendere tutto migliore, cos'hanno fatto in questi quindici anni?".
Per un lungo ed intenso attimo non ho saputo cosa rispondere. Improvvisamente mi sono trovato imbarazzato, come lo studente cui l'insegnante pone la domanda finale di un esame, convinto di poter rispondere facilmente, ma rendendosi istintivamente conto che a quella domanda potrebbero esserci diverse risposte, o addirittura nessuna.
Perchè quell'imbarazzo? Sarebbe facile affermare che la colpa è di chi governa la città da tutto questo tempo, che la tesi implicita nella domanda avrebbe bisogno solo di una tiepida conferma per essere liberato dal laccio che improvvisamente ha iniziato a stringermi la gola.
Sarebbe facile, eppure non è così semplice. Certo, chi ha governato lo ha fatto in modo becero e sciocco, arrognate perfino. Ma usare questa affermazione solo per nutrire il personale amor proprio, scaricando sugli altri tutte le responsabilità, non funzionerebbe con una persona intelligente come Simone.
Forse la sua stessa domanda è fatta per riflettere e nasconde un bonario rimprovero: "Voi cosa avete fatto per impedire che questo accadesse? Il vostro essere opposizione, il vostro controllare l'azione di questo governo della città, come si è concretizzata?".
Io ho forse più paura di rispondere a questa inespressa domanda che non alla prima, così semplice, limpida, schietta. Penso che la vera domanda sia la seconda, per cui accusare semplicemente le precedenti ed attuali amministrazioni, potrebbe apparire pilatesco, un modo per non assumersi le proprie responsabilità.
D'altra parte, perchè la gente che ha occhi per vedere, lingua per parlare e orecchie per sentire avrebbe dovuto dare ascolto e fiducia all'atttuale maggioranza, o alle tre precedenti, più o meno sempre dello stesso colore? Perchè?
Se il voto è espressione di fiducia, ci sarebbe da pensare che la gente preferisca affidarsi a chi ne tradisce in anticipo la buona fede, chiedendo nel merito una delega in bianco, piuttosto di affidarsi a chi ha imparato, negli anni, solo a perdere "con onore". L'icona dello sconfitto non piace a nessuno, difficile pensare che chi deve decidere le sorti della città col proprio voto si affidi ad un perdente.
Perchè oggi l'immagine conta, forse più della sostanza. Ed è difficile scrollarsi di dosso l'immagine del perdente.
"Niente, Simone, non hanno fatto niente. Non hanno fatto nemmeno lontanamente quello che avrebbero fatto coloro che governavano nella Prima Repubblica. Ma la pioggia passa, il sole ritorna e tra poche ore non ci sarà più nemmeno l'ombra dell'umido sulla strada, le pozzanghere si asciugheranno e la gente avrà dimenticato la pioggia, i disagi, i problemi. Pare che il giorno delle elezioni locali, da queste parti, da 15 anni in qua, sia uno spensierato giorno di sole. E noi non abbiamo ancora capito come si possa far piovere, quel giorno".
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