Il 2009 è un anno molto difficile per il lavoro: pochi giorni fa l’Istat ha pubblicato i dati sulla disoccupazione: 7,4 per cento. I dati sono riferiti al secondo semestre 2009 ed hanno visto un netto peggioramento rispetto allo stesso periodo del 2008, in cui la percentuale dei senza lavoro era il 6,7.
Nel terzo trimestre del 2009, ma c’era da aspettarselo, il numero dei disoccupati nel nostro Paese è aumentato; a fornire la stima ufficiale in merito è l’Istat, Istituto Nazionale di Statistica, che ha rilevato per il terzo quarto di quest’anno un calo delle forze lavoro di 222 mila unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Pesante è il bilancio su base annua, visto che i posti di lavoro persi superano quota 500 mila; per l’esattezza, sono 508 mila, frutto della contrazione sia dei dipendenti a tempo indeterminato, sia dei collaboratori e lavoratori autonomi. Contestualmente, sale il numero di persone alla ricerca di un lavoro: nel terzo trimestre 2009 sono infatti pari a 1,814 milioni con un incremento del 18,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Per il 2010, accanto alla “timida ripresa” di cui ogni tanto parla il Governo, è previsto un continuo aumento della disoccupazione che potrebbe innescare tensioni sociali significative.
Intanto cambia anche il rapporto tra operai e impiegati: se fino alla metà degli anni '70 i primi erano numericamente 3 su 5 rispetto ai secondi, ora il rapporto si è più che invertito: gli impiegati sono molti di più degli operai.
Eppure anche questa tendenza di lungo termine, sembra avere dinamiche interne più complesse: negli ultimi tre/quattro anni è aumentata l'occupazione meno qualificata spinta dagli immigrati e tra i colletti bianchi prevale l'occupazione femminile (+4,2% su base biennale) nelle professioni tecniche e manageriali.
Tutte queste cose hanno una grande importanza per disegnare l'esatto quadro della socialità in generale e capire come alcune di questi fattori possa incidere verso molti altri, dai consumi alla sicurezza, dalla sanità al commercio e perfino sulle politiche scolastiche.
Ora, nel giugno 2009 il Ministro del Tesoro – Giulio Tremonti – usò parole delegittimanti nei confronti dell’istituto nazionale (Istat) e del sistema di rivelazioni utilizzato. Motivo dell’attacco, a cui si affiancarono Scajola (ministro dello Sviluppo Economico) e Sacconi (ministro del Lavoro), furono i dati sulla diminuzione dell’occupazione dopo 14 anni, secondo il ministro non corrispondenti della realtà.
Bene guardatevi attorno e rispondete voi a questa domanda: vi è più o meno disoccupazione, precarietà, cassa integrazione, malessere sociale rispetto ad un paio di anni fa, oppure no?
Soprattutto in momenti come questi l’affidabilità, l’imparzialità e l’accessibilità delle rilevazioni statistiche sono di fondamentale importanza per un sistema d’informazione democratico.
Ora, non so quanta gente lo sappia, dallo scorso mese di ottobre, anche grazie alle velleitarie accuse di questi ministri, L’Ente Nazionale di Statistica ISTAT, istituto pubblico, collaborerà con l’Ipsos, l’istituto di ricerche privato di Nando Pagnoncelli, per la raccolta dei dati sulla forza lavoro in Italia. Praticamente la rilevazione dei numeri sarà compito dell’ente privato mentre l’elaborazione e pubblicazione dei dati resterà affidata all’Istat.
La fiducia nelle istituzioni è alla base della vita di un paese democratico e, piaccia o non piaccia, avere dati freschi e veri sull'andamento dei vari organi della Nazione è di fondamentale importanza anche per chi governa, oltre che per tutte le categorie sociali che di questi dati sono utenti. Perchè il lavoro cambia, cambiano i modelli di partecipazione ma non cambiano le dinamiche economiche e fiscali collegate al lavoro.
Da questo parte la mia riflessione di approfondimento.
Nel terzo trimestre del 2009, ma c’era da aspettarselo, il numero dei disoccupati nel nostro Paese è aumentato; a fornire la stima ufficiale in merito è l’Istat, Istituto Nazionale di Statistica, che ha rilevato per il terzo quarto di quest’anno un calo delle forze lavoro di 222 mila unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Pesante è il bilancio su base annua, visto che i posti di lavoro persi superano quota 500 mila; per l’esattezza, sono 508 mila, frutto della contrazione sia dei dipendenti a tempo indeterminato, sia dei collaboratori e lavoratori autonomi. Contestualmente, sale il numero di persone alla ricerca di un lavoro: nel terzo trimestre 2009 sono infatti pari a 1,814 milioni con un incremento del 18,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Per il 2010, accanto alla “timida ripresa” di cui ogni tanto parla il Governo, è previsto un continuo aumento della disoccupazione che potrebbe innescare tensioni sociali significative.
Intanto cambia anche il rapporto tra operai e impiegati: se fino alla metà degli anni '70 i primi erano numericamente 3 su 5 rispetto ai secondi, ora il rapporto si è più che invertito: gli impiegati sono molti di più degli operai.
Eppure anche questa tendenza di lungo termine, sembra avere dinamiche interne più complesse: negli ultimi tre/quattro anni è aumentata l'occupazione meno qualificata spinta dagli immigrati e tra i colletti bianchi prevale l'occupazione femminile (+4,2% su base biennale) nelle professioni tecniche e manageriali.
Tutte queste cose hanno una grande importanza per disegnare l'esatto quadro della socialità in generale e capire come alcune di questi fattori possa incidere verso molti altri, dai consumi alla sicurezza, dalla sanità al commercio e perfino sulle politiche scolastiche.
Ora, nel giugno 2009 il Ministro del Tesoro – Giulio Tremonti – usò parole delegittimanti nei confronti dell’istituto nazionale (Istat) e del sistema di rivelazioni utilizzato. Motivo dell’attacco, a cui si affiancarono Scajola (ministro dello Sviluppo Economico) e Sacconi (ministro del Lavoro), furono i dati sulla diminuzione dell’occupazione dopo 14 anni, secondo il ministro non corrispondenti della realtà.
Bene guardatevi attorno e rispondete voi a questa domanda: vi è più o meno disoccupazione, precarietà, cassa integrazione, malessere sociale rispetto ad un paio di anni fa, oppure no?
Soprattutto in momenti come questi l’affidabilità, l’imparzialità e l’accessibilità delle rilevazioni statistiche sono di fondamentale importanza per un sistema d’informazione democratico.
Ora, non so quanta gente lo sappia, dallo scorso mese di ottobre, anche grazie alle velleitarie accuse di questi ministri, L’Ente Nazionale di Statistica ISTAT, istituto pubblico, collaborerà con l’Ipsos, l’istituto di ricerche privato di Nando Pagnoncelli, per la raccolta dei dati sulla forza lavoro in Italia. Praticamente la rilevazione dei numeri sarà compito dell’ente privato mentre l’elaborazione e pubblicazione dei dati resterà affidata all’Istat.
La fiducia nelle istituzioni è alla base della vita di un paese democratico e, piaccia o non piaccia, avere dati freschi e veri sull'andamento dei vari organi della Nazione è di fondamentale importanza anche per chi governa, oltre che per tutte le categorie sociali che di questi dati sono utenti. Perchè il lavoro cambia, cambiano i modelli di partecipazione ma non cambiano le dinamiche economiche e fiscali collegate al lavoro.
Da questo parte la mia riflessione di approfondimento.
Nessun commento:
Posta un commento