Alessandro Berteotti

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venerdì 28 novembre 2008

Il dolore e la speranza

Prima di tutto oggi vorrei ricordare i morti negli attentati a Mumbay, la storica Bombay. Un ricordo all'italiano morto, ai nostri connazionali che lì hanno rischiato la vita, ai tanti cittadini indiani e stranieri che sono stati uccisi e feriti. Non solo per il fatto che chi è contro la pena di morte è contro ogni forma di omicidio, ma perchè mai nessuno sarà completamente libero nel mondo finchè la violenza sarà presente.
Questo attentato, come tutti gli attentati che si inseriscono nella scia del terrorismo, della "strategia della tensione" come la definivamo ai tempi delle Brigate Rosse nostrane, ha come finalità l'annientamento delle persone, spesso ignote all'attentatore, che colpisce nel mucchio, senza un obiettivo preciso, specifico, ma con lo scopo di costringere ad uno stato di prostrazione attraverso il terrore e l'orrore della morte.
Non appare nemmeno umana una logica di questo tipo, piuttosto demoniaca e depravante del senso della vita. Ci sentiamo inermi e spogli di fronte a questi atti che offendono l'umanità.
Se vivere e morire ha un senso, un completarsi di un ciclo naturale, morire in un attentato lascia un senso di incompletezza, di qualcosa di spezzato in modo brutale e innaturale.
Per questo il dolore per queste vite rapite è anche più forte, più grande la rabbia e lo sdegno, ed è giusto che questo sdegno venga manifestato, urlato, proclamato in modo non formale, non rituale. Perchè anche il dolore possa far nascere una nuova speranza.

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